Paolo Bonolis si racconta: «Quella volta che Freddie Mercury mi chiese il numero»

Paolo Bonolis si racconta: «Quella volta che Freddie Mercury mi chiese il numero»
di Alvaro Moretti
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Martedì 9 Marzo 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 18:31

Avanti un altro! Stavolta l'hanno detto a lui, Paolo Bonolis, quelli della Warner Bros. Anzi: Tom & Jerry in persona. E Bonolis s'è messo sull'attenti ed è partito per Londra e ha girato il suo cameo nel live action stile Roger Rabbit che il 18 marzo esce sulle piattaforme. In America e in Cina è un successo anche nei cinema che hanno riaperto platee e botteghini. Qui ci dobbiamo accontentare della smart tv. Paolo, però, nel frattempo s'è rimesso in moto e su Canale 5 Avanti un altro è tornato da ieri - al decimo anno - ad essere il motto-convocazione per i personaggi da Hellzapoppin' che popolano questo suo mondo a parte: preserale, ovvio, ma anche prima serata domenicale del post Barbara D'Urso dal prossimo 11 aprile.


Quante puntate, Bonolis?
«Quante ne servono. Quando io stringo una mano sono nella squadra».


Sette Oscar, i precedenti di Gene Kelly e Esther Williams. Ora anche lei a fianco di Tom e Jerry.
«I cartoni animati mi hanno fatto come sono: un animo fantasioso che cerco di portare nei miei show da sempre. Nei cartoni può succedere davvero tutto, nella vita non va proprio così. C'è anche una morale: siamo tutti Tom e Jerry, inseguiamo per prendere qualcosa o scappiamo per non essere acchiappati».


Sanremo è finito: lei ne ha condotti due, 2005 e 2009. Per chi presenta sembra una centrifuga.
«Ha senso se decidi tu. Allora c'era la controprogrammazione e dovevo ideare uno show. Non sono un così grande esperto di musica. Anche se nel 2005 pensavo assurdo escludere i Negramaro di Mentre tutto scorre. Poi li hanno eliminati, ma sono diventati i Negramaro. Nel 2009 stavano escludendo Sincerità di Arisa: ma quella era come la sigla della Coca Cola, chi non la canta? Poi vinse».


C'è qualcosa che lei ancora insegue in tv?
«Sono stato un pioniere, le idee sembravano davvero opportunità.

Oggi mi dicono che è stato fatto tutto, tutto arato: si fa tv stanziale, da coltivatore...»

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Ma i suoi format sono beni durevoli, a partire da Avanti un altro.
«Il fatto è che improvvisando, senza conoscere chi entra in studio, è come aprire ogni volta un nuovo sipario. Poi lo sforzo è quello di rendere tutto più leggero possibile. Difficilissimo alleggerire il clima, specie ora. E dà gusto proprio questo. Come l'essere pop».


Il pupazzo Uan di Bim Bum Bam finisce in Stranger Things su Netflix, lei ha figli adulti e giovanissimi: come comunica con loro?
«Non si butta niente. A Uan devo qualcosa: il carattere di un personaggio che stravolgeva la realtà trovando una ragione dove non c'era. Oggi è difficile che genitori e figli trovino percorsi comuni. Oggi Chi ha incastrato Peter Pan non si può più fare: bambini e genitori vivono su piattaforme differenti».


Lei è un tipo un po' asocial... Lo si capisce anche leggendo il suo libro, Perché parlavo da solo, uscito anche in edizione economica (il ricavato va alla onlus Adotta un angelo Cers). Da genitore come se la cava?
«Propongo ai miei figli un bilanciamento esistenziale tra digitale e analogico, cioè il mio modo di conoscere».


Hanno proposto sua Zia Adele per la beatitudine.
«Ha aperto quattro case famiglia per ex prostitute con figli, ex carcerati, malati psichiatrici. Nel processo di beatificazione mi hanno chiesto se sapevo di miracoli compiuti da zia: quelle case famiglia esistono ancora. A me pare un miracolo: non ha trasformato l'acqua in vino. Ma il vino finisce, la carità resta».


In onda ancora con Luca Laurenti, voce anche in Tom&Jerry.
«Lui è The dark side of the moon. Molti pensano ma c'è o ce fa?: c'è. Legge la vita diversamente da noi: mi snellisce la vita con l'imprevedibilità. Io non so mai cosa fa. È la mia via di fuga, Luca».


Lei è un cercatore di leggerezza.
«Zia Adele sorrideva sempre e la fanno beata. La leggerezza pensosa di Calvino è la strada migliore anche nella gravità di un momento come questo».


La cosa più pesante della sua vita?
«Nostra figlia Silvia ha le sue problematiche di salute, a 18 anni: il problema persiste, ma con il suo sorriso è più facile affrontarlo».


È spesso criticato per i suoi personaggi fellinesque.
«Piano con i complimenti. Siamo tutti grotteschi: facemmo una puntata di Darwin con finti giovani contro nati vecchi. E non siamo noi? Che cerchiamo Viagra e palestre per non sembrare chi siamo davvero? Il nostro egoismo è assai grottesco».


Tra i suoi attori culto c'è Peter Sellers: la scena di Tom & Jerry in cui recita sembra una citazione di Hollywood Party...
«Oltre il giardino è un capolavoro. Comunque ai tempi del cinema, preferisco la tv, più simile al calcio: l'arbitro fischia un inizio e la fine».


Lei è stato un buon calciatore.
«Per quello mi chiamano sempre nelle partite del cuore: anche all'estero».


In quella partita di Londra con Rod Stewart conobbe Freddie Mercury.
«Mi fece capire che voleva trascorrere tempo con me, ma io gli ho fatto capire che non volevo. Mi chiese l'indirizzo, diedi quello di mia madre: un anno e mezzo dopo mi fece avere due biglietti per il famoso concerto di Wembley».


Anello del triplete interista da primo tifoso e un altro record.
«Di lettura veloce: dovevo fare qualcosa per Gerry Scotti, lessi il primo capitolo dei Promessi Sposi... velocemente».


Eppure lei ha combattuto la balbuzie: un esempio per i giovani che vivono lo stigma.
«Facevo solo interrogazioni scritte: troppe idee si affollavano, c'avevo il Raccordo Anulare nella testa. Mi partiva la zagaglia come diciamo a Roma, mio padre mi aiutava a ironizzarci sopra, mi diceva Paolo scrivi che è meglio. Poi un corso di teatro: la parte assegnata la recitavo senza intoppi. Ancora oggi ogni tanto balbetto, pazienza».


Un anno di pandemia: cosa le sta mancando di più?
«La libertà di viaggiare: sogno di fare la Panamericana con i miei figli. Da Seattle a Ushuaia, Terra del Fuoco. In camper. Quattro mesi».

 

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