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Spazio, l'alternativa green ai razzi: satelliti e turisti, tutti sul pallone di Zero2Infinity
di Paolo Ricci Bitti
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Giovedì 9 Gennaio 2020, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 18:56

José Mariano López-Urdiales, spagnolo, ha 41 anni, è sposato e ha due figli. Si è laureato in Ingegneria aerospaziale all’università di Madrid, proseguendo poi gli studi al Mit di Boston. Ha lavorato per l’Agenzia spaziale europea, per la Boeing, per il Boston consulting group. Nel 2009 ha fondato alle porte di Barcellona la “Zero2Infinity”, di cui è ceo, che punta a portare in orbita satelliti e turisti nella stratosfera con l’uso di palloni aerostatici. Ha partecipato al recente expo alla Fiera di Roma “New Space Economy”, il cui comitato scientifico era affidato a Roberto Battiston della Fondazione Amaldi.

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Si parla di futuro e di spazio, ma sono le suggestioni dei disegni sulle imprese dei Montgolfier e i ricordi delle letture di Verne a riecheggiare quando si ascolta José Mariano López-Urdiales raccontare delle sue missioni per issare in orbita satelliti e per portare turisti nella stratosfera. «L'emozione dev'essere tutto in ogni attività dell'uomo: in effetti tutto è nato quando da bambino venni portato da mio padre in un planetario. Restai a bocca aperta per tutta la proiezione della volta stellata».

Anche suo padre non scherza in fatto di spazio.
«Già, è astronomo e partecipò alla realizzazione della sonda Cassini, approdata per conto dell'Esa su Titano, luna di Saturno. Per testarla la fece precipitare al suolo da un pallone aerostatico alzato fino a 40 chilometri di altezza. Mi portò con lui qualche volta ai lanci a Cape Canaveral e i brividi di quei momenti restano per sempre sotto la pelle».

Ricapitoliamo: con le nuove tecnologie della sua azienda Zero2Infinity, lei costruisce palloni con materiali sottili come un velo e grandi come uno stadio (una sfera di 140 metri di diametro e dal volume di quasi un milione di metri cubi), li riempie con almeno cinquemila metri cubi di leggerissimo elio, poi li fa alzare fino a quota 35 chilometri (stratosfera) con appeso un piccolo razzo che da lì parte per portare in orbita un piccolo satellite fino a 200 chilometri di altezza oppure uno ancora più piccolo fino a 600.
«Esatto. E, di fatto, a costi assai più bassi del sistema tradizionale con i missili lanciatori e per di più senza inquinare con le emissioni causate dai motori a combustibile solido dei razzi che decollano da terra».





Ecco, aggiungiamo anche il fascino della via ecologica allo spazio.
«Perché, le sembra un fatto secondario?».

Certo che no.
«Il pallone (con la superficie del tessuto sottilissimo di polietilene che coprirebbe 8 campi da rugby, ndr) a elio non inquina, mentre il razzo Bloostar, in realtà un toroide a tre stadi...».

Scusi, toroide?
«Un veicolo, un oggetto, di forma circolare al centro del quale è ancorato il carico utile. Dunque, il toroide a tre stadi non inquina perché ha motori a metano e ossigeno liquido. E non c'è bisogno dei pesanti serbatoi capaci di resistere a forte pressioni che permettono alte prestazioni, proprio perché il suo tragitto avviene già in un'atmosfera molto rarefatta. I razzi che decollano da Terra bruciano la maggior parte del carburante proprio per arrivare alla quota raggiunta dal pallone».





Eh, ma i razzi portano in orbita anche decine di tonnellate di carico utile, con i palloni si parla di satelliti da 140 chilogrammi.
«Nella corsa sempre più frenetica e redditizia per portare in orbita satelliti c'è davvero spazio per tutti: ci sono nanosatelliti anche da un chilogrammo, dal volume di un decimetro cubo. Poi la miniaturizzazione tecnologica fa balzi esponenziali: se nota ora, mettiamo nel campo delle telecomunicazioni anche per garantire la copertura capillare della rete web, si parla di costellazioni anche di decine di migliaia di piccoli satelliti».



Piccoli (4 o 5 quintali) ma non piccolissimi.
«Vedrà, diventeranno ancora più leggeri. E poi c'è la ricerca scientifica che ha bisogno di satelliti, le università, i laboratori pubblici e privati. E anche già attorno ai 40 chilometri di altezza sono possibili molte attività scientifiche, come appunto i test su sonde e veicoli spaziali, l'osservazione della Terra e dello spazio, o anche commerciali e pubblicitarie. E intanto, migliorando la tecnologia dei palloni, soppiantati dagli aerei prima del secondo conflitto mondiale soprattutto perché non potevano trasportare abbastanza bombe e perché erano facilmente abbattibili, ci sono già mille attività possibili. Anche la Nasa si occupa di palloni stratosferici».



Sì, ne ha mandato uno stragigantesco a 48 chilometri.
«Ecco, e noi già collaboriamo con l'Agenzia spaziale italiana, in Sicilia, e con l'Agenzia spaziale europea, per la quale ho anche lavorato a inizio carriera».

E poi arriviamo al turismo, che però non si può definire spaziale restando ad altezze così basse rispetto a quanto promette, e presto pare manterrà, la concorrenza.
«Basse? Guardi che la curvatura della Terra è già apprezzabile a 18 chilometri (quasi il doppio delle quote usuali dei jet di linea), a 36 è avvertibile il nero dello spazio profondo e si vede già un'enorme fetta del pianeta: alzandosi fino a 80 chilometri non è che cambi poi tanto. E quella vista del nostro mondo da lassù, racconta chi ci è stato, ti cambia il modo di percepire la vita. In un'intervista a La Vanguardia ho ipotizzato di portare lassù i grandi leader del pianeta, magari quando si riuniscono a Davos: credo che le loro decisioni, dopo questa esperienza, ne saranno influenzate per il bene dell'umanità».

E anche della sua azienda visto che il biglietto costerà 100mila euro a testa.
«Beh, la Virgin Galactic chiede 250mila dollari e i pochi turisti che hanno raggiunto lo stazione spaziale hanno speso più di 50 milioni».

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Ma vuol mettere? La Virgin Galactic di Branson e poi anche Blue Origin di Bezos usano razzi veri e propri e porteranno fino a 80 chilometri di altezza, che per gli americani è già spazio (per tutti gli altri vale invece la linea di Karman, a 100 chilometri)?
«La mia proposta è diversa: la velocità è obsoleta, il lusso è la lentezza. Il turismo suborbitale propone viaggi di pochi minuti ed esporrà a sollecitazioni fisiche non banali. La capsula Bloon di Zero 2 Infinity (4 passeggeri e 2 piloti) offrirà emozioni diverse pur garantendo ugualmente una vasta vista della Terra e una sbirciata allo spazio: si potrà restare affacciati a grandi finestre per molte ore, per raggiungere la quota ne servono qausi due, compreso l'attraversamento delle coltre impalbabile delle nubi, poi la permanenza alla massima altitudine potrà essere di almeno due re: nessuno stress di affrettarsi a fare selfie. Ci sarà tempo persino per perdersi nei pensieri. Infine la lunga e dolce discesa, anche questa di oltre un'ora, fluttuando leggeri appesi a una grande paracadute. Tutto ciò nel silenzio dell'immensità, altra differenza con il fragore dei razzi, senza esasperazioni fisiche, senza turbolenze, con la possibilità per tutti, a tutte le età, di sperimentare sensazioni magnifiche».

Intanto che rileggiamo Verne quanto dovremo attendere?
«Non troppo: il test di Bloostar nel 2017 è andato molto bene e quest'anno le prove sia per lanciare i satelliti sia per la capsula turistica entreranno nella fase decisiva».

Paolo Ricci Bitti

(pubblicato il il 6 gennaio 2020)






 





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