Una caccia durata decenni finita grazie a due buchi neri

di Massimo Capaccioli
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Venerdì 12 Febbraio 2016, 00:03
Lo si sapeva da settimane. La voce, appena sussurrata come fosse un pettegolezzo piccante, è passata d’ufficio in ufficio, da un’università all’altra facendo rapidamente il giro del mondo. Un segreto di pulcinella ufficializzato ieri da un comunicato stampa concertato tra Washington e Pisa: è stato finalmente registrato un segnale attendibile di onda gravitazionale. Se Albert Einstein fosse ancora in vita – cosa poco probabile visto che avrebbe la bellezza di 137 anni! – di certo ne sarebbe entusiasta. Un secolo fa, il fisico tedesco, ormai famoso per un rosario di brillanti teorie, dava alle stampe la più importante di tutte, quella della relatività generale. Dopo soli tre anni le predizioni di questo nuovo approccio al concetto di gravità elaborato da Newton, e riscritto nell’ambito della relatività speciale che pretende l’unificazione dello spazio con il tempo e assegna alla luce una velocità immutabile e invalicabile, poteva già vantare un prima verifica. «Se ho ragione, in Germania diranno che sono tedesco, e in Francia che appartengo al mondo. Sennò i francesi diranno che sono tedesco e i tedeschi che sono ebreo», scriveva Albert alla madre, ansioso del verdetto. 

L’ATTORE E IL PALCOSCENICO
Preoccupazione inutile. Da allora tutto è andato in discesa per questa sua creatura che lega e fa dipendere l’un dall’altro l’attore e il suo palcoscenico, cioè la materia e lo spazio-tempo che la accoglie. L’una modifica la geometria dell’altro e questo influenza le traiettorie della materia, in un do ut des formulato matematicamente che è parte dei mali di testa degli studenti di fisica e che sembrerebbe essere il manuale d’istruzioni del cosmo per procedere, pochi attimi dopo il Grande Scoppio, al governo dei suoi ingredienti. Eppure, dopo tanti esami passati con lode, alla relatività mancava ancora la validazione di un importante tassello: la previsione di un comportamento dinamico dello spazio-tempo in presenza di masse accelerate. 

L’idea è questa. Tutti sanno che una carica elettrica in movimento accelerato genera onde elettromagnetiche che si propagano nello spazio. È così, per esempio, che vengono prodotti i segnali dei telefonini. Per le masse soggette a forti accelerazioni Einstein aveva previsto un caso apparentemente simile, cioè l’instaurarsi di un’increspatura in movimento nello spazio-tempo. Le differenze tra i due fenomeni sono molteplici, però. Mentre nella teoria classica dell’elettromagnetismo lo spazio in cui si svolge l’evento è una sorta di fondale preesistente e inalterabile, nella emissione di onde gravitazionali lo spazio-tempo interagisce con l’oscillatore. La conseguenza è una trattazione fisico-matematica più complessa, che scoraggia i non addetti ai lavori. La gravità, poi, è capricciosa. Perché il segnale si produca, c’è bisogno che il complesso delle masse in gioco sia asimmetrico: problema che le cariche elettriche non hanno. E finalmente, mentre la radiazione descritta dalle equazioni di Maxwell viaggia sempre con lo stesso passo, qualunque cosa facciano la sorgente e l’osservatore, la velocità con cui lo tsunami gravitazionale si trasmette non è fissata a priori: anzi, è un ghiotto parametro da determinare con le osservazioni, si diceva, sempre che qualcuno riesca a vederle, queste benedette onde. Da qui la caccia iniziata alcuni decenni fa anche qui da noi da autentici pionieri: gente che sapeva di lavorare per aprire la strada al futuro. 

Per i cacciatori di onde gravitazionali il problema è che il metro per misurarle si deforma insieme allo spazio-tempo: come se, in aereo, voleste sapere a che quota siete basandovi sulla vostra distanza dal pavimento. Niente panico, però. Il risultato si raggiunge egualmente confrontando due righelli tra loro perpendicolari prima e durante il passaggio dell’onda. Nella pratica il marchingegno è una coppia di lunghissime piste su cui va avanti e indietro un raggio laser in condizioni ottimali, perché la differenze da apprezzare sono davvero molto molto piccole. Di questi laboratori specializzati ce n’è uno anche in Italia, vicino a Pisa, frutto di una collaborazione tra il nostrano Infn e l’analogo francese. Forse tra qualche anno ce ne sarà un altro, gigantesco, nello spazio interplanetario.

PROGRESSO SOCIALE E CIVILE
Perché tanto sforzo? Perché siamo fatti per «servir virtute e canoscenza» e perché le onde gravitazionali sono una fantastica sonda per esplorare corpi sinora inaccessibili, come i buchi neri, una coppia dei quali, litigando di brutto, ha causato il segnale appena scoperto. Ma anche nel convincimento, sempre verificato, che l’avanzamento del sapere è strumento di progresso sociale e civile. Speriamo che chi ci governa finalmente lo capisca e realizzi che non si possono fare le nozze coi fichi secchi!
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