Nuova pelle creata dalla stampante 3D, sarà utilizzata per "ricostruire" le ustioni

Stampante 3D che rigenera la pelle
di Paolo Travisi
2 Minuti di Lettura
Mercoledì 9 Maggio 2018, 17:07 - Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 15:54
Le nuove stampanti 3D stanno avendo un largo utilizzo nella robotica, in progetti scientifici e persino in ambito clinico. La capacità di stampare su nuovi materiali, frutto delle ultime tecnologie, ma anche sulla pelle umana, ha permesso ad un gruppo di ricercatori dell'Università di Toronto di sperimentare una cura per le vittime di ustioni. Presentata sulla rivista scientifica, Lab on a chip, la stampante 3D progettata dagli scienziati canadesi consente infatti, di guarire i tre strati della pelle (epidermide, derma e ipoderma) depositando un tessuto speciale sulla ferita. Ad oggi, l'unica soluzione di cura per i gravi ustionati, resta l'innesto cutaneo sulle zone danneggiate del paziente, ovvero il trapianto di pelle sana, ricevuta da un donatore. Purtroppo la cura non è del tutto risolutiva, quando l'ustione è molto estesa sia ad un livello superficiale, sia più in profondità fino all'ultimo strato di pelle, l'ipoderma. In questi casi il paziente, si trova a non poter disporre di una quantità sufficiente di pelle sana, a causa della scarsità delle donazioni compatibili. Questa bioprinter 3D, garantirebbe la completa guarigione, in tempi brevi e costi accessibili, secondo gli studi condotti da Axel Guenther, uno dei ricercatori di Toronto.
 
https://media.giphy.com/media/1BhFgL2XuMxyLFKCZM/giphy.gif

Veniamo al funzionamento. Grande quanto un tendinastro, quello usato per chiudere i pacchi con del normale nastro adesivo, dunque portatile, la bioprinter 3D è in grado di stampare fogli di tessuto biologico, composto da due proteine fondamentali per la guarigione della pelle bruciata: il collagene, molto abbondante nel derma e la fibrina, elemento proteico che contribuisce al processo di cicatrizzazione. Tempo di esecuzione, appena due minuti. Secondo gli scienziati canadesi, i fogli stampati si adatterebbero ai tessuti epidermici danneggiati, sostituendoli. Ma la ricerca non è ancora conclusa. Si sta studiando la possibilità di realizzare tessuti di dimensioni maggiori, per curare ferite più estese e passare dai test nei laboratori universitari alla fase clinica.


 
© RIPRODUZIONE RISERVATA