Psicosi squalo da Ostia alla Sardegna: ecco le specie presenti nel Mediterraneo

Psicosi squalo da Ostia alla Sardegna: ecco le specie presenti nel Mediterraneo
di Mario Stanganelli
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Giovedì 14 Agosto 2014, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 16 Agosto, 07:47

Prima in Sardegna, a inizio stagione, poi in Sicilia, ora hanno l’ardire di venire quasi a spiaggiarsi sull’arenile di Ostia. Si tratta dei poveri squaletti di cui si occupa la cronaca di questi giorni, ignari dei rischi che hanno corso, anche quello di finire sulla tavola di un’improvvisata cena estiva. Ciò non toglie che la loro fuggevole presenza sul litorale ha seminato il panico, quasi una sindrome da “mostro“ alla Spielberg: spiagge interdette, bagnini all’erta, motovedette in perlustrazione. Un motivo in più per essere grati della loro apparizione che vivacizza un’estate sottotono per clima e crisi stagnante.

L’IDENTIKIT

L’incontro tra uomo e squalo è vecchio quanto il mondo, o perlomeno quanto l’uomo, perché l’elegante animale marino ci ha preceduti su questa terra di circa 400 milioni di anni, non cambiando neppure di molto nel frattempo.

Tuttavia, nell’immaginario collettivo resta una delle maggiori fonti di brivido. A partire da Erodoto che ha descritto alcune delle prime “interazioni“ tra le due specie animali.

Un rapporto che, nonostante gli innumerevoli naufragi e affondamenti della storia della marineria che hanno dato cibo ai pescecani, è tutto a svantaggio degli squali, numerose specie dei quali sono oggi a rischio estinzione a causa principalmente delle attività dell’uomo: pesca scriteriata e inquinamento. E dire che l’animale è mite: non più di quattro o cinque l’anno sono le morti provocate da pescecani in tutto il mondo, largamente meno di quelle dovute ai soli cani. Quasi tutte distribuite tra Australia, Sudafrica e costa occidentale degli Usa. Da 25 anni non se ne registra una nel Mediterraneo.

Lo squalo, per sua natura non è un mangiatore di uomini, preferisce altro cibo e solo poche specie sono solite attaccarlo. Tra queste, in primo luogo, il famigerato squalo bianco, presente anche nel Mediterraneo ma con cui è rarissimo avere un incontro a vis à vis, a meno che non si sia così sfortunati come il povero sub Luciano Costanzo che, appunto 25 anni fa, il 2 febbraio dell’89, mentre lavorava nelle acque di Piombino, venne assalito da un esemplare di cinque metri di questa specie, sotto gli occhi del figlio sulla barca e senza poter essere più ritrovato.

Lo squalo bianco si tiene comunque in acque piuttosto profonde inseguendo grossi pesci migratori come i tonni, e talvolta incorrendo anche lui in disavventure come l’esemplare di sei metri che, pedinando i tonni finì, una trentina di anni fa, nelle bassissime acque del porticciolo di Favignana dove venne abbattuto a colpi di mitra dal locale appuntato dei carabinieri.

GLI AVVISTAMENTI

Lasciato lo squalo bianco alle sue avventure, i pescecani avvistati in questi giorni sulle coste laziali, già per le loro dimensioni - inferiori al metro e mezzo - non potevano costituire un pericolo, ancorché appartenenti a due specie, il mako e la verdesca, potenzialmente pericolosi per l’uomo. Il Medsaf - file che riporta tutti gli attacchi di squalo nel Mediterraneo dell’ultimo secolo - riferisce infatti di soli tre assalti dovuti a verdesche a fronte dei numerosi avvenuti contro esseri umani o imbarcazioni da parte del Carcharodon carcharias, alias squalo bianco.

LE PRECAUZIONI

Se, comunque, si volesse eccedere in precauzioni in acque potenzialmente frequentate da squali, si badi a non fare il bagno se si hanno ferite con perdita di sangue: lo squalo è in grado di percepire l’odore del sangue a chilometri di distanza. Meglio non usare indumenti chiari che possono attirarne l’attenzione. Non immergersi di notte. Nella sfortunata ipotesi di trovarsi al cospetto di uno squalo non cercare di fuggire facendo schiuma e rumore: vi scambierebbe per un’esca alla traina. Per il sub che dovesse fare l’increscioso incontro in profondità, molto meglio una prudente ritirata che una fuga, e sempre tenendosi sul fondo o accostati a una roccia.

Raccomandazioni che non dovrebbero servire a incrementare l’ancestrale paura per gli squali, soprattutto nei nostri mari, dove a correre veri rischi sono loro e non noi, essendo almeno la metà delle 43 specie di squali presenti esposte a seri pericoli di estinzione. Per colpa nostra.

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