Bosone di Higgs, l'italiana a capo
della ricerca: «Ancora tanto da capire»

Bosone di Higgs, l'italiana a capo della ricerca: «Ancora tanto da capire»
di Valentina Arcovio
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Giovedì 5 Luglio 2012, 11:32 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 12:49
un emozione grande e indescrivibile. Non poteva essere diversamente per Fabiola Gianotti, coordinatrice dell’esperimento Atlas, che ieri ha annunciato al mondo intero di aver trovato una particella speciale, quasi certamente il bosone di Higgs. Fredda e calma come solo un fisico sa essere, Gianotti ha riferito alla comunità scientifica internazionale di aver trovato quello che tutti stavano cercando da 48 anni, cioè dall’anno della sua nascita.

Certo, la scienziata italiana non è stata così esplicita. Forse per umiltà, sicuramente per prudenza, non ha mai detto di aver scoperto il bosone di Higgs. Ma, snocciolando una serie quasi infinita di dati, ha riferito a chiare lettere di aver identificato una particella nuova, il bosone più pesante mai individuato.



«Ci sono forti indicazioni della presenza di una nuova particella attorno alla regione di massa di 126 GeV (un intervallo di energia, ndr)», precisa. In parole povere, la scienziata ha probabilmente trovato il bosone che tutti cercavano, anche se ancora non sappiamo se questa particella sia fatta e si comporti esattamente come previsto dalle teorie. «Dobbiamo ancora capire molte cose – dice Gianotti – ma sappiamo di aver aperto un nuovo capitolo per la fisica». La studiosa nasconde molto bene l’emozione di aver scritto un pezzo di storia della scienza. Risponde pragmaticamente: «Siamo dinanzi a risultati preliminari – sottolinea – e prima di sbilanciarci troppo è necessario ancora un po’ di tempo».



Tuttavia, la fisica non esita a confessare la fatica costata per arrivare fino a qui. Non è stata infatti una scoperta improvvisa. «Per arrivare a questi risultati abbiamo lavorato per oltre 20 anni e per capirne la portata forse ne serviranno molti di più», dice. «Certo, sicuramente né io né il mio team immaginavamo di arrivare fino a qui – continua - ma ora che ci siamo non vediamo l’ora di andare avanti per capire dove i nostri dati ci porteranno».



Indubbia poi la soddisfazione di essere una delle poche donne che possono vantare, a 48 anni, un curriculum di così grande prestigio. «Non avrei mai immaginato di essere proprio io a coordinare il gruppo di 3mila scienziati di 38 paesi diversi che oggi ha conseguito un così importante obiettivo», sottolinea Gianotti.



Che la scienziata fosse un cervellone, lo si può intuire già dal suo percorso formativo. Torinese di nascita, figlia di un papà geologo e di una mamma appassionata di letteratura, Gianotti ha deciso di intraprendere la carriera scientifica, dopo aver preferito a lungo le materie letterarie. Prima il diploma al liceo classico, poi la laurea in fisica all’Università di Milano e un dottorato di ricerca in fisica sperimentale sub-nucleare. «A quel punto era chiaro che il mio sogno era quello di diventare una fisica», ricorda.



E così è stato. La sua avventura al Cern di Ginevra è iniziata nel 1994 come ricercatrice nel Dipartimento di Fisica. Si è occupata sia di ricerca e sviluppo sia di costruzione di rivelatori di particelle, sviluppo di software e analisi dei dati. Poi la promozione a responsabile del progetto Atlas, l’esperimento che oggi ha raggiunto il maggior risultato possibile. Lo stesso anno è stata nominata commendatore della Repubblica italiana per «le sue conoscenze scientifiche, le spiccate doti gestionali e il suo importante contributo al prestigio di cui gode la nostra comunità di scienziati nel campo della fisica nucleare». Un preludio a quello che è successo ieri.



«Sono davvero entusiasta delle opportunità che la vita mi ha offerto. Ora il mio lavoro – dice – diventa, se può, ancora più entusiasmante alla scoperta di una fisica ancora tutta da esplorare». Se a tutto questo si aggiunge il fatto di essere una donna, in un settore della scienza ancora molto maschile, la soddisfazione raddoppia. «Spero che la mia esperienza – sottolinea Gianotti - sia da stimolo a tutte le giovani donne a intraprendere questa strada. Una strada ricca di ostacoli ma ineguagliabile come emozioni e soddisfazioni».



Nonostante lavori ormai da molti anni fuori dai confini italiani, Gianotti tiene a sottolineare quanto sia stato importante il contributo del nostro Paese al suo esperimento, e non solo a questo. «C’è molto dell’Italia in tutto quello che abbiamo fatto. A iniziare – spiega – dai cervelli, cioè dai moltissimi colleghi italiani che lavorano con me e in generale al Cern, fino alle risorse finanziare investite nel progetto, grazie soprattutto alla spinta dell’Istituto nazionale di fisica nucleare».



Oggi la scienziata ha portato la bandiera europea, e quella italiana, a Melbourne, in Australia, dove è in corso la Conferenza internazionale di fisica delle alte energie.
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