Il direttore del progetto DTT: «L'energia dalla fusione nucleare? Probabilmente nella seconda metà di questo secolo»

L'ingegner Aldo Pizzuto
di Enzo Vitale
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Mercoledì 4 Aprile 2018, 19:02 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 20:27

Ingegner Pizzuto alla fine degli anni 80 l'Italia disse no al nucleare, nel 2011 un referendum confermo quella scelta, cosa è cambiato nel frattempo?
«L’Italia è uscita dal nucleare da fissione per il quale mantiene delle attività di R&S per la gestione dei rifiuti e i reattori di quarta generazione, oltre che sulla sicurezza. Sotto questo aspetto non cambia nulla.
In questo caso si tratta di fusione, una reazione assolutamente sicura dal momento che la ‘cenere’ prodotta è elio. Da ricordare che nel campo della fusione l’Italia è tra i Paesi più avanzati sia dal punto di vista scientifico che tecnologico e anche la nostra l’industria è tra le più competitive al mondo».  
 
Sappiamo che l'energia prodotta dalle centrali a fissione porta con sé una serie di problemi: smaltimento delle scorie, pericoli di inquinamento radioattivo ed altro, cosa cambierebbe con la fusione‎?
«Come anticipato, la reazione di fusione tra due isotopi dell’idrogeno( Deuterio e Trizio) dà origine a elio, un gas assolutamente innocuo, al contrario della fissione che produce scorie radioattive a lunga vita di decadimento. Anche dal punto di vista sicurezza, la situazione è molto diversa dal momento che la reazione di fusione si fermerebbe automaticamente in caso di funzionamento anomalo del reattore».


Quante sono è quali fino ad adesso  le regioni che si sono proposte per avere sul loro territorio il laboratorio per la realizzazione del Dtt?
«Per la DTT (da non confondere col vecchio insetticida!)  hanno dichiarato interesse di recente Piemonte ed Emilia Romagna, in passato anche il Lazio si era dichiarato pronto a contribuire al finanziamento».
 
Ci sono analoghi progetti in Europa per la realizzazione di una macchina come questa?
«No. La proposta copre una esigenza della Road Map europea, alla base del programma fusione di Horizon 2020, che ha identificato l’esperimento DTT come necessario per affrontare i problemi ancora aperti per la realizzazione del reattore dimostrativo DEMO  che non sono tra gli obiettivi di ITER».
 
E nel mondo quali sono le nazioni che più si stanno impegnando e a che punto sono? La Germania, tanto per cambiare, è giunta ad ottimi risultati.....
«Come testimonia la partnership di ITER, che annovera tutti i Paesi più industrializzati del mondo (UE, Cina, Corea, Giappone, India, Russia e USA), la fusione è ritenuta molto importante e strategica. In Europa i Paesi più avanzati sono Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna. Difficile fare una graduatoria. Quello che si può constatare è che nella costruzione di ITER la nostra industria ha il primato per i contratti high-tech (quasi il 60% per un importo di quasi un miliardo di euro) mentre nel programma ricerca, l’Italia ha progetti finanziati dall’Euratom per oltre 12 milioni/anno, seconda solo al Max Plank tedesco».
 
Si può, allo stato attuale, immaginare la realizzazione di future Micro centrali‎ a fusione o addirittura piccole batterie per alimentare una vettura?
«No. La fusione è una fonte di ‘larga scala’ che non è miniaturizzabile».
 
Esistono pericoli intrinseci anche per le centrali a fusione, del resto deve essere realizzata una specie di stella in miniatura....
«La fusione per rimanere ‘accesa’ deve essere alimentata altrimenti si spegne, la fissione una volta innescata per essere spenta ha bisogno di interventi che in caso di incidente non sempre possono essere garantiti. Sta qui la differenza in termini di sicurezza. In altre parole, la fusione è difficile tenerla accesa, la fissione è difficile spegnerla».
 
È vero che uno dei primi tokamak vennero pensati e realizzati in Italia‎?
«Dopo che lo schema del tokamak è stato proposto dai Russi, i primi USA (Alcator A) e Italia (Frascati Torus - FT) hanno realizzato i primi tokamak di una certa importanza. FT ha anche stabilito dei record mondiali in quanto a densità di plasma ottenuta. Dopo è stato realizzato FTU a Frascati e una macchina tipo Reverse Field Pinch  denominato RFX (un diverso concetto di confinamento magnetico) a Padova.
Si tratta di macchine purtroppo oramai datate e DTT potrà riportarci ai vertici mondiali sulla sperimentazione».
 
Cosa ci ha lasciato in eredità in positivo il Cnen (Comitato nazionale per l'Energia nucleare)?
«La cultura sviluppata con le ricerche sul nucleare fatta ai tempi del CNEN, ricerche che includevano le tecnologie più avanzate sulla robotica, i materiali, le biotecnologie, oltre ovviamente agli aspetti nucleari,
hanno determinato una cultura scientifica e tecnologica che hanno permesso all’attuale ENEA di potersi diversificare e sviluppare know-how di eccellenza nel campo dello sviluppo sostenibile. Non dimentichiamo che le ricerche che continuano nel campo nucleare da fissione rappresentano per un Paese avanzato come il nostro una risorsa indispensabile nel campo industriale, medicale e sui temi della sicurezza e non proliferazione».
 
Le centrali italiane di una volta sono state tutte smantellate? Qualcuna di esse po‎trebbe rappresentare un eventuale sito per un impianto a fusione?
«Il lavoro di smantellamento è in corso a cura di SOGIN. Non vedo vantaggi a riutilizzare un sito di centrale a fissione».
 
Si deve a Fermi l'invenzione della Pila atomica, non sarà un altro italiano a dare il la per la realizzazione della fusione o ormai anche questo tipo di ricerca è globalizzata?
«Sarebbe molto bello, ma la complessità della fusione richiede, come dice nella domanda, sforzi globalizzati e diversificati. La nostra parte importantissima la faremo, oltre che con la partecipazione attiva alla sperimentazione di ITER, dando un contributo fondamentale con la DTT».
 
Quando, secondo lei, ci sarà l'utilizzazione in larga scala dell'energia prodotta dalla fusione nucleare?
«Dal punto di vista della realizazione tecnica abbiamo una data precisa: su larga scala nella seconda metà del secolo».

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