Galaxy Gear, nuovo smartwatch Samsung
testato dal Messaggero, ma per telefonare
ha bisogno dello smartphone di supporto

Galaxy Gear, nuovo smartwatch Samsung testato dal Messaggero, ma per telefonare ha bisogno dello smartphone di supporto
di Riccardo De Palo
3 Minuti di Lettura
Sabato 28 Dicembre 2013, 15:49 - Ultimo aggiornamento: 1 Gennaio, 09:41
Non muovere prodotti, arricchisci vite, incitava Steve Jobs. La sua Apple ha spesso avuto il dono di suggerire ai consumatori quello che avevano sempre desiderato, ma che non osavano ancora immaginare. Samsung, che negli ultimi anni è diventata il vero competitor dell’azienda dalla mela morsicata, ha cercato di imitare il genio di Cupertino. Riuscendo spesso a rosicchiare fette di mercato importanti. Così, quando si è diffusa la voce che Apple stesse preparando un nuovo “oggetto dei sogni”, lo smartwatch, il gigante coreano già preparava le contromosse. Alla fine, l’agognato iWatch non si è mai visto. Forse perché Jobs, e il suo successore Tim Cook, hanno pensato che il mercato non fosse ancora pronto. O che la tecnologia non fosse all’altezza. Intanto Samsung ha lasciato filtrare indiscrezioni, e poi prodotto veramente, il suo Galaxy Gear. Per riempire un vuoto di mercato, anticipare le attese di un prodotto. O semplicemente, per saggiare le reazioni dei consumatori.



PRIMO IMPATTO

Il nuovo Galaxy Gear si inserisce in una nuova tendenza, quella della tecnologia “da indossare”. Ne fanno parte già da tempo molti gadget e accessori che si collegano via bluetooth allo smartphone, al Pc o allo schermo tv. I Google Glass, gli occhiali “smart” della casa di Mountain View, fanno parte di questo segmento di mercato. Che crescerà sicuramente moltissimo; ma ancora nessuno sa prevedere come e quanto. Il Galaxy Gear ha deluso, da subito, le aspettative di chi si aspettava un orologio-cellulare capace di telefonare senza uno smartphone di supporto. C’è anche chi ha favoleggiato l’uso dei nuovissimi schermi curvi, che avrebbero dato all’oggetto un design raffinato e ricercato. Nulla di tutto questo: il Gear è un orologio che ha bisogno di un telefono di ultima generazione (ovviamente Samsung) per poter funzionare. Al primo impatto, il design non esprime grande originalità, malgrado le colorazioni diverse a disposizione. Nella confezione c’è una ghiera che serve a caricare la batteria, e che contiene anche il chip nfc, utile per far riconoscere subito allo smartphone (nel corso del test un Galaxy Note 3) l’identità del Gear.



SPECIFICHE

Ma vediamo le specifiche tecniche. Lo schermo è un super Amoled, molto ridotto, appena 1,63 pollici e 320x320 di risoluzione. Processore a 800 mhz, 4gb di memoria interna e 512 mb di memoria Ram. La fotocamera sul cinturino è di appena 1,9 megapixel, sufficienti per scattare piccole immagini. Difficile “rubarle”, però, perché il rumore dell’otturatore non sembra - con l’ultima versione di software aggiornato - disinseribile. Le foto (e i video, con risoluzione fino a 720p, quindi non elevatissima) vengono automaticamente salvate sullo smartphone; e di qui, se si vuole ai vari servizi online, come Google+. A un utilizzo intensivo, appare subito che la connessione bluetooth rende comunque possibile una giornata (o quasi due) di funzionamento con batterie cariche, su Gear e su smartphone. Ma qual è la funzione che può far avvertire il bisogno di possedere un simile gadget? Forse la lettura degli sms direttamente al polso. O il vivavoce incorporato, che rende possibile una telefonata “da polso”, a un volume comunque non elevatissimo (se c’è traffico, meglio avvicinare l’oggetto all’orecchio). L’applicazione si rivela utile se si è alla guida di un’auto, come qualsiasi altro vivavoce bluetooth.



CONCLUSIONI

Le applicazioni, ancora alla loro prima evoluzione, andranno sicuramente aggiornate e migliorate. Si tratta, in fondo, di una versione acerba. Anche il primo smartphone Android oggi farebbe impallidire molti tecno-patiti. Il Gear è un buon compagno di jogging; la funzione ”controlli multimediali” permette di cambiare file musicali e di accedere al colume senza estrarre il cellulare dalla tasca; il “contapassi” incorporato permette di tenere sotto controllo il percorso, ma con alcune limitazioni. Non si può settare la lunghezza del proprio passo, e senza attingere al gps dello smartphone (molto più preciso) si rischia di avere un doppione di scarsa utilità pratica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA