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Virgin Orbit lancia con un jumbo jet un razzo portasatelliti: un altro successo in orbita per Richard Branson
di Paolo Ricci Bitti
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Domenica 17 Gennaio 2021, 23:52 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 12:07

L'affascinante Cosmic Girl, incurante della mole, è scivolata d'ala con eleganza nel cielo terso della California dopo aver sganciato a 12mila metri di quota il missile LauncherOne che fiammeggiando ha sprintato fino a scodellare i satelliti in orbita. La corsa allo spazio registra un altro successo di Richard Branson e della sua Virgin Orbit, sorella della Virgin Galactic che invece punta a portare turisti nello spazio già entro quest'anno. La Nasa, intanto, fra i principali committenti di questo lancio, fa i complimenti alla "matricola" del magnate inglese.

La missione compiuta fra mezzogiorno e le 15 (ora locale, mezzanotte in Italia) di domenica con partenza dallo spazioporto di Mojave, nei pressi di Long Beach, ha visto il decollo del 747-400 (il caro vecchio Jumbo Jet ora in pensione) pilotato dalla veterana Kelly Latimer e la rotta a larghi cerchi concentrici sull'oceano Pacifico fino a raggiungere la quota di sgancio. Il missile è restato per un istante inchiodato al cielo e poi il rombo del motore NewtonThree del primo stadio ha segnato l'avvio della cabrata con velocità di oltre 4 mach (la velocità del suono).

Poco prima,a terra, i tecnici avevano completato il riempimento dei serbatoi dei due stadi del missile LauncherOne con cherosene aerospaziale e ossigeno a bassissima temperatura, un'operazione mai banale.

Il lanciatore è alto 21 metri e pesa 30 tonnellate: piccino rispetto agli altri lanciatori e anche rispetto all'aereo-madre da 200 tonnellate, (costruito 21 anni fa e usato per qualche anno anche dalla compagnia aerea Virgin per voli di linea) che lo tiene agganciato all'ala sinistra, ma mette comunque soggezione.

 

Può trasportare in orbita fino 500 chilogrammi di satelliti a 300 chilometri di quota e 300 chilogrammi a 500 chilometri, ma la Virgin Orbit si è detta pronta anche ad avventurarsi nello spazio profondo dalla Luna in poi. Accordi con la Nasa sono già stati stretti anche in vista della missione odierna.

Il successo della missione, che ha portato in orbita anche 9 cubesat della Nasa, è particolarmente significativo perché arriva dopo un primo e unico fallimento nel maggio scorso, quando il motore del razzo non riuscì ad accendersi in maniera appropriata.  Riuscirci già al secondo tentativo è sicuramente un grande risultato, per di più in mesi difficili come questi in cui la pandemìa da Covid rende difficile il lavoro sul campo di vasti staff come quelli indispensabili per queste imprese. Festeggiamenti doppi perchè il razzo "novellino" ha raggiunto la quota prevista in orbita: di per sé un successo sufficiente per le celebrazioni avvenute in ogni società dell'aerospazio che raggiunge questo obbiettivo.

Ma non sono pochi 500 e 300 chilogrammi di carico utile? E perché non fare decollare il razzo da terra come gli altri?

La crescita tumultuosa della space economy (ora vale già 340 miliardi di dollari, ma in 10 anni, arriverà a 4mila) passa anche dall'esigenza di portare in orbita un numero crescente, velocemente crescente, di satelliti di piccola taglia che non bastano a "riempire la stiva" dei razzi più potenti e quindi più costosi, quelli capaci di issare in orbita da 1,5 a 6 tonnellate di carico, per restare fra i più diffusi. Sì, ora lo stesso lanciatore italiano Vega, costruito a Colleferro da Avio, è in grado di riunire nello stesso lancio più "passeggeri" di varie taglie, compresi i sempre più usati nanosatelliti da un chilogrammo (cubetti con lato di 10 centimetri) attraverso i quali vengono compiuti importanti esprimenti in orbita. Ma non è sempre facile assemblare richieste ed esigenze di vari committenti ed è per questo che il mercato dei piccoli lanciatori vede sempre più protagonisti in azione comprese società di paesi veramente neofite della corsa allo spazio come la Nuova Zelanda.

Così anche nel carico di oggi della Virgin Orbit vi sono questi piccoli satelliti, compresi quelli realizzati da studenti "stem" (ovvero coloro che si dedicano alle materie scientifiche) che ne potranno tracciare la rotta attraverso lo smartphone.  

E poi volete mettere la comodità di utilizzare non una delle ancora rare rampe di lancio, esposte per di più a condizioni meteo tifo le raffiche di vento che ostacolano non poco i missili, ma un aereo-madre che può decollare con più agilità e indifferenza alle condizioni atmosferiche da migliaia di aeroporti nel mondo. Fra questi, ad esempio, anche quello di Grottaglie (Taranto), già scelto come spazioporto dalla Virgin Galactic.

Di più: salire verso lo spazio richiede molta potenza a un missile che non ha portanza (le ali)  come gli aerei, la potenza richiede carburante, il carburante è pesante e per trasportarlo serve un razzo abbastanza grande e quindi ancora più pesante. E così in questa equazione va ricavato l'equilibrio per spuntare la possibilità di sistemare nel razzo anche il carico utile (e pagante). E' che poi i razzi bruciano gran parte del carburante nei primi chilometri di volo, a spanne si può dire che per arrivare in orbita (bassa, 300 km) consuma il 90% del carburante, cosicché ne resta ben poco per altre traiettorie. Invece se si risparmia al missile il tragitto dei primi 12 durissimi chilometri, non c'è più bisogno di tanta potenza e quindi di tanto carburante. Si può rispondere allora con costi più bassi e con lanci più facilmente effettuabili alla domanda di portare in orbita satelliti leggeri realizzati da piccole società o da enti di ricerca come le università.

Del resto questa strategia risale agli albori della corsa allo spazio: già nel 1959 l'aereorazzo americano X-15 superò la linea di Karman (i 100 km di altezza che indicano per convenzione l'inizio dello spazio) dopo essere stato portato a 15mila metri di altezza da un B52.

E presto anche gli Eurofighter dell'Aeronautica militare italiana saranno in grado di lanciare un missile porta satelliti. Piccoli, ma sempre destinati a orbitare attorno alla Terra sulla quale senza satelliti torneremmo presto allo stato di talpe.

I festeggiamenti

Fra i primi a complimentarsi con la Virgin Orbit il capo della Nasa, Jim Bridenstine

E poi ecco il tweet del fondatore della Virgin Orbit

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