Resident Evil Village, uno spaventoso tuffo nel passato

Resident Evil Village, uno spaventoso tuffo nel passato
di Raffaele d'Ettorre
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Venerdì 14 Maggio 2021, 11:28 - Ultimo aggiornamento: 11:30

Un colpo di pistola, una famiglia spezzata e tante domande che ci spingeranno ad affrontare incubi grotteschi per trovare finalmente risposta. Con "Resident Evil: Village" tornano in grande stile i maestri dell’horror targato Capcom nell’ottavo capitolo della saga ideata nel 1996 da Shinji Mikami, che prese la lezione dell’allora freschissimo "Alone in the Dark" e la trasformò in un franchise che oggi – tra videogame e film - vale quasi 10 miliardi di dollari. Torna anche Ethan Winters, reduce dal traumatico incontro con la famiglia Baker del settimo capitolo e ora in cerca della piccola figlia Rosemary, rapita dopo un prologo agghiacciante. Dalla cornice del profondo sud americano a metà strada tra “Non aprite quella porta” e “La casa”, il passaggio all’Est europeo mantiene le promesse fatte nella demo e ci trasporta in una realtà gotica con una cura raffinatissima per architetture e paesaggi. Il villaggio del titolo è infatti il vero protagonista di questa nuova avventura: minaccioso e misterioso, infarcito di segreti che si sveleranno di pari passo con il progredire della storia, è senza alcun dubbio la miglior ambientazione che la serie abbia mai visto.

 

ACTION MA NON TROPPO

Le nuove console e i pc di fascia alta permettono di spremere il motore grafico RE Engine – già al suo debutto in RE 7 – come non mai, gestendo effetti pesanti come il ray tracing (che permette un livello di dettaglio straordinario delle superfici riflettenti) in relativa scioltezza e regalando quindi un’illuminazione di grandissimo impatto. Questo continuo gioco di chiaroscuro e, più in generale, l’accento sugli ambienti spingono inevitabilmente le dinamiche di gioco verso ritmi più posati. Questo non significa però che la componente action tipica dei Resident Evil verrà sacrificata: sì, ci sono ancora la doppietta e l’indispensabile magnum. Sì, c’è ancora un (o meglio, una) “Mr. X” che ci insegue senza darci tregua. Ci sono popolani inferociti, mutazioni grottesche e megacorporazioni maligne, ma il tutto è calato in una cornice di calma innaturale che strizza l’occhio all’horror di matrice slava. E che ci rimanda indietro nel tempo a quel fortunatissimo Resident Evil 4 che, prima di sbocciare in una action movie duro e puro, ci regalò qualche ora di tensione sottile usando degli stratagemmi simili.

Giocando a Village, la sensazione fortissima è infatti proprio quella di trovarsi di fronte a un RE 4 in prima persona, di andatura più lenta e con qualche asso in più nascosto nella manica.

VECCHIE E NUOVE DIREZIONI

L’ottavo capitolo riesce infatti a riprendere il quarto senza scimmiottarlo, sfruttandone il buono - il contrasto tra il rurale marcio del villaggio e il vittoriano impeccabile del castello, l’atmosfera in bilico tra lugubre e onirico, la sensazione di essere costantemente sotto lo sguardo di qualche orrore nascosto - e lasciando da parte alcuni eccessi da action movie anni ’80 tipici della saga, favorendo un tono più serio. È, insomma, un omaggio raffinato al capolavoro del 2005 che cammina con gambe proprie e regala più di una sorpresa. Non soltanto perché ci viene data la possibilità di assaporare il tutto da una posizione privilegiata – quella della prima persona, introdotta con intuizione geniale nel settimo capitolo – ma anche perché Capcom ha il coraggio di aggiungere nuovi ingredienti a una ricetta ultraventennale e ormai consolidata. Il più importante di questi è indubbiamente il concetto di sovrannaturale, che viene però gestito in maniera organica e coerente con il resto della saga: al lancio della demo in molti temevano che Capcom potesse virare verso un horror psicologico alla Silent Hill, ma non è stato questo il caso. Ci sono sezioni magistrali in cui viene esplorata l’idea, cambiando il tono e l’andatura e dando anche un diverso spessore alla storia – finora piuttosto fumosa – di Ethan Winters, ma il tutto viene poi sapientemente ricondotto nei ranghi classici di un Resident Evil, dove di sovrannaturale in realtà c’è ben poco. Si riesce così ad avere il meglio di entrambi i mondi, sperimentando nuove direzioni senza scontentare i fan più intransigenti. Chissà che l’ottima riuscita di questo Village, già un classico, non spinga in futuro la saga verso percorsi ancora più oscuri e rischiosi.

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