Dai teloni antivirus alla pelle di fungo: ecco i tessuti 4.0

Dai teloni antivirus alla pelle di fungo: ecco i tessuti 4.0
di Nicolas Lozito
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Martedì 23 Febbraio 2021, 10:37 - Ultimo aggiornamento: 10:38

Dimenticate il cotone, la seta, il nylon. Dimenticate persino il cuoio. E date il benvenuto ai tessuti del futuro: pelle di fungo, filati di plastica riciclata dalle bottigliette, tele con nanotecnologie battericide. Materiali e fibre che ci saranno utili (anzi, lo sono già oggi) in moltissimi campi: dalle magliette con circuiti elettronici che tengono traccia dei nostri valori vitali alle fibre che assorbono tossine.

Le parole d'ordine, in questo campo che intreccia così tanti settori, sono due: innovazione e sostenibilità. L'esempio pratico lo fornisce Giada Dammacco, a capo dello sviluppo di Grado Zero Innovation, società di Montelupo Fiorentino che da quasi vent'anni sperimenta e sviluppa tessuti innovativi. «Possiamo trovarci a fare consulenze alle agenzie spaziali per materiali hi-tech, e allo stesso tempo sperimentare fogli di banana, ricavati dalle bucce scartate del frutto». È proprio la loro azienda ad aver inventato l'ormai celebre Muskin (nella foto in cima all'articolo): una pelle che si ricava da un fungo parassitario non tossico. Al momento può essere usata per scarpe, borse e accessori, ma un giorno potrà diventare la base di abiti comuni (nel mondo sono tante, ormai, le aziende che sfruttano le fibre di diversi funghi per creare tessuti).

Il futuro quindi è duplice. Da una parte i cosiddetti smart-textiles, tessuti intelligenti fatti di circuiti, sensori, nanoparticelle capaci di adattarsi a ogni esigenza, dalla medicina allo spazio. E dall'altra le bio-fibre che rispondono a un bisogno diverso: quello della circolarità e della riduzione a zero degli scarti. Non è una questione di moda, però. Certo, le grandi firme sperimentano e lanciano edizioni limitate che catturano l'interesse dei più.

Ma il cambiamento è più profondo. A partire dall'Italia, che può vantarsi di un Made in Italy tessile 4.0, in grado di competere con le sfide del futuro a 360°. Alcuni esempi: in Sardegna hanno inventato la Geolana, un materiale utile nei campi dell'ingegneria civile, in grado di assorbire tossine e olii dal mare e dalla terra. In Lombardia nasce Amni Soul Eco, un cotone integrato con particelle che favoriscono la decomposizione in ambienti anaerobici. Così, in soli cinque anni una maglietta può biodegradarsi in maniera del tutto naturale, risolvendo l'enorme problema dell'inquinamento degli indumenti, ingestibile in questi anni di fast fashion. Virkill e TheBreath, brevettati da poco, fanno esattamente quello che il loro nome dice: il primo, proposto per spazi comuni, uffici e ristoranti, grazie a dei micro-innesti di rame è in grado di uccidere i virus (compreso il coronavirus); l'altro compone giganti teloni che coprono le facciate dei palazzi e assorbono lo smog dalla città.

Se alcuni materiali sono ancora in fase di prototipazione, altri sono già lanciati nei mercati internazionali. L'industria mondiale dei nuovi tessuti smart è in crescita rapidissima. Secondo uno studio uscito a dicembre su MarketWatch, il mercato varrà 5 miliardi di euro nel 2024 contro l'attuale miliardo e 13 nel 2027: poco meno di un terzo del giro d'affari coinvolgerà l'Europa, che come ecosistema economico è seconda solo a quello americano.

Il mercato delle eco-fibre invece salirà fino a 69 miliardi, contro gli attuali 58. A guidare questo settore ci saranno i paesi asiatici, che al momento hanno la fetta più grande del giro d'affari (32,4%).

Il mondo sta cambiando in fretta. Alle trasformazioni tecnologiche e dei consumi corrisponderà anche un cambio delle tradizioni sociali? In parte, sicuramente sì: esattamente come oggi le pellicce sono sempre meno diffuse o gli atleti utilizzano indumenti in grado di registrare le loro performance. E che dire dei riferimenti culturali, invece? Omaggeremo Rino Gaetano cantando che Berta filava, filava la banana? Il nuovo Fonzie farà sfoggio del suo giubbotto di pelle di fungo? E Cenerentola, chissà, finalmente riuscirà a non perdere la sua scarpetta di cristallo: merito delle nanoparticelle a memoria di forma?

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