Crescita del digitale, appello di Mensi (Apiqa): «Dietro ai numeri ci sono persone»

Crescita del digitale, l'appello di Iqua «occorre non dimenticare che dietro ai numeri ci sono persone»
di Andrea Boscaro
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Venerdì 5 Febbraio 2021, 17:53

L'allarme lanciato dall'Istat di fronte ai 444 mila posti di lavoro persi nel 2020 invita ad indagare i settori che più possono contribuire, anche sul piano dell'occupazione, alla ripresa e, fra questi, di certo occorre considerare il mondo del digitale e del commercio elettronico: prima della crisi del Covid-19, secondo uno studio di Ambrosetti – The European House, questo settore si collocava al terzo posto per creazione di nuovi posti di lavoro con il 6,7% di contributo alla crescita occupazionale dell'anno precedente. Non c'è alcun dubbio dunque, dopo un anno in cui si è ampliata la base di chi naviga e compra online e dopo un'inedita esplosione del suo utilizzo per studiare e lavorare, che per il futuro il ruolo, anche in termini occupazionali, che il comparto delle imprese che vi operano dovrà giocare debba essere ancora maggiore.

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Ciò che apprezziamo del commercio elettronico come consumatori però – la velocità delle consegne, la comodità dell’acquisto, l’ampiezza della scelta, la trasparenza delle informazioni e dei prezzi – presenta il rischio di creare una contraddizione con l’interesse della società a promuovere l’occupazione e difendere il commercio locale, ingrediente essenziale del tessuto urbano, della sua vivacità, della sua sicurezza. Monitorare la crescita occupazionale prodotta dela settore del digitale in Italia significa pertanto tentare di comprendere il saldo netto che esso determina sul suo indotto (es. la logistica) e sugli ambiti di cui erode quota di mercato e posti di lavoro (es. gli esercizi commerciali).



«Le aspettative che l’e-commerce contribuisce a creare» - afferma infatti Andrea Boscaro, Partner di The Vortex ed esperto di e-commerce «prezzi bassi, consegne immediate, spese di spedizione tendenti alla gratuità, tirannia delle recensioni producono processi di re-intermediazione attorno ai grandi marketplace e ai retailer online internazionali (che rappresentano il 76% delle vendite online nel nostro Paese) con la conseguenza che la concentrazione dell'offerta limita l'accesso al mercato e la possibilità di accedervi da parte di coloro che sono a valle nella catena di valore, come i negozi sul territorio».

L'esempio di Amazon è eloquente. Secondo un suo studio, da inizio 2020 ha introdotto circa 1.600 nuove assunzioni sulle oltre 25 sedi presenti sul territorio nazionale fino a toccare le 8.500 unità e ha generato, fra assunzioni dirette, indotto e crescita delle aziende associate, 120 mila nuove assunzioni. Come sostiene Massimo Mensi, Presidente di Apiqa «occorre non dimenticare che dietro ai numeri ci sono persone in carne e ossa che chiedono un lavoro dignitoso, con tutele e garanzie. La crescita che sta avendo Amazon in Italia e nel mondo, porta con sè luci ma anche tante ombre. Il rovescio della medaglia, il costo di un click, è costituito da ritmi di lavoro spesso insostenibili, turn over elevati e creazione di catene del lavoro costellate di appalti e subappalti spesso non adeguatamente monitorati. Se crescono gli occupati, crescono però anche le problematiche di chi lavora. Crescono le statistiche della forza lavoro a cui però non corrisponde altrettanta qualità del lavoro creato.

Amazon, azienda tipica delle realtà capitalistica USA, continua a portare in sè (e in ogni Paese dove si stabilisce) una visione molto individualistica e disintermediata del mondo del lavoro, dove non c'è spazio per la solidarietà tra lavoratori o per il Sindacato».


«Proprio di questi giorni» - continua Mensi - «è la notizia che in vista delle elezioni sindacali in Alabama, le prime in un Fulfilment Center negli USA, Amazon ha fortemente ed apertamente incoraggiato i lavoratori a votare contro il sindacato attraverso testi, messaggi, un sito web anti-sindacale e diverse riunioni, sfoderando il più classico repertorio delle cosiddette tecniche di "Union busting".».
Se l'impatto netto del digitale in Italia è un fenomeno che richiede dunque un'attenta valutazione anche in considerazione di ciò che produce sul commercio locale e delle condizioni di lavoro nel settore della logistica che lo sostiene, la diffusione dell'e-commerce nel mondo e l'infrastruttura dei marketplace favoriscono l'accesso ai mercati internazionali per le PMI italiane: la condizione è però che il sistema formativo supporti la maturazione di adeguate competenze e le necessarie innovazioni sul piano del modello di business e dei processi che lo organizzano. Secondo il rapporto di Ambrosetti – The European House, quasi il 70% degli operatori del segmento (dotcom ed aziende tradizionali attive online) e il 60% delle aziende che forniscono servizi alla filiera prevedono di rafforzare la propria forza lavoro per il canale e-commerce, andando a incrementare un’occupazione di settore che già lo scorso anno, prima della pandemia, contava oltre 290 mila lavoratori nel nostro Paese e che ha la grande responsabilità di sostenere la digitalizzazione dei distretti produttivi.

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Commenta Massimo Mensi: «Sono numeri importanti che devono necessariamente essere accompagnati da una serie di attente riflessioni in tema di sostenibilità, a tutto tondo. Dalla dimensione del lavoro sino a quella ambientale. Oltre al peggioramento che si palesa nelle condizioni di lavoro in questo settore, tema che oggi è anche oggetto di un Progetto di ricerca europeo di UNIGLobal Union Europa cui la CGIL partecipa e su cui avremo modo magari di parlarne nei prossimi mesi quando saranno resi pubblici i dati dell'indagine, vi è ben concreto il problema del depauperamento del commercio di prossimità che rischia di essere travolto dalle dinamiche, veloci e repentine dell'e-commerce. La sostenibilità ambientale è un'altra dimensione che spesso viene non adeguatamente considerata: a giugno 2020, Amazon dichiarava che la sua impronta di carbonio è aumentata del 15% nel 2019 rispetto al 2018, passando da 44 milioni di tonnellate di CO2 equivalente emesse a 51,17. Quanto 13 centrali elettriche a carbone in funzione per un anno!».

«La sostenibilità sociale del digitale e dell'e-commerce» - conclude Boscaro - «è dunque funzione della capacità del nostro Paese, anche grazie ai progetti finanziati da NextGenerationEU, di compensare la trasformazione delle filiere in Italia con le opportunità che la Rete offre soprattutto per promuovere il made in Italy sui mercati internazionali in virtù di un grande sforzo volto a far maturare le nuove competenze e ad accompagnare i lavoratori nel periodo di transizione».

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