Huawei inaugura a Roma il suo centro per la cyber​security: «Italia sempre più sotto attacco»

Huawei inaugura a Roma il suo centro per la cyber security: «Italia sempre più sotto attacco»
di Raffaele d'Ettorre
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Martedì 23 Marzo 2021, 15:56

La sicurezza informatica torna al centro del dibattito con l’inaugurazione, avvenuta oggi a Roma, del “Cyber ​​Security Transparency Centre” di Huawei. Inizialmente prevista per settembre, l’apertura del centro è stata anticipata di sei mesi, con uno sforzo ingente messo in campo per rispondere alla maggiore richiesta di sicurezza dei partner istituzionali e industriali dell’azienda di Shenzhen. Quello di Roma è il quarto centro europeo, e si aggiunge agli altri già operativi a Banbury in Inghilterra, Bonn, Dubai, Toronto, Dongguan e Bruxelles.

L’idea di Huawei è di consentire ai suoi clienti di eseguire verifiche di sicurezza e testare i dispositivi dell’azienda alla luce del sole, in una ricerca di trasparenza ritenuta oggi più che mai essenziale. «Siamo l’unica azienda al mondo a rendere disponibile il proprio patrimonio di brevetti», afferma Luca Piccinelli, Head of Cybersecurity di Huawei Italia. «Dobbiamo oggi aprirci a test e verifiche […] per rispondere alla richiesta di sicurezza che ci viene fatta da più parti».

La sicurezza al centro

A corollario del lancio è stata organizzata poi una videoconferenza dove diversi esponenti del settore si sono confrontati in materia di transizione digitale, con un accento particolare sul tema - attualissimo - della cybersecurity. «Oggi il tempo medio per trovare soluzioni rispetto ai rischi è 85 giorni», afferma John Suffolk, Global Cyber Security & Privacy Officer di Huawei. «Voi pensate che i “cattivi” impieghino così tanto per creare un altro problema? […] Rispetto a dieci anni fa, la situazione è peggiorata. Il nostro obiettivo adesso è massimizzare la sicurezza della digitalizzazione, e per farlo è diventato ormai imprescindibile collaborare con i nostri clienti in maniera aperta e trasparente».

Italia sempre più a rischio

Preoccupanti i dati sulla diffusione dei crimini informatici in Italia, aumentati di pari passo con il dilagare dell’epidemia Covid-19. Nel 2020 in Italia sono stati intercettati 22,5 milioni di malware (5 milioni in più rispetto al 2019), e il 12,2% degli attacchi ransomware (quegli attacchi informatici che rendono inaccessibili i dati e chiedono il pagamento di un riscatto per ripristinarli) di tutta Europa hanno avuto luogo qui.

Oggi siamo inoltre all’undicesimo posto al mondo per numero di applicazioni maligne scaricate nel corso del 2020, con un totale di oltre 120.000.

«Il panico che si è scatenato nella popolazione ha offerto ai cybercriminali un’occasione propizia per dirigere attacchi ad ampio spettro», afferma Francesco Taverna, Direttore Tecnico Capo della Polizia di Stato, intervenuto durante la videoconferenza per puntare il faro sull’attuale situazione italiana in materia di cybersecurity. Nel corso del 2020, sono infatti aumentati i tentativi di estorsione verso enti pubblici e privati, le truffe online e in particolare i tentativi di phishing (cioè l’uso di email ingannevoli volte ad ottenere i dati personali degli utenti), che hanno utilizzato la paura del contagio per violare la privacy dei cittadini. «Numerose anche le pagine social sequestrate», continua Taverna, «poiché utilizzate per dirigere massicce campagne di disinformazione, le cosiddette “fake news” […] che hanno messo in dubbio prima l’esistenza del virus e ultimamente anche l’utilità dei vaccini».

La crescita esponenziale della domanda di banda larga in seguito all’epidemia, e il conseguente aumento dei servizi messi a disposizione dagli operatori di telecomunicazioni, ha portato con sé un inevitabile incremento dei bersagli utili per hacker e cybercriminali. E si prevede che il trend cresca ulteriormente nel corso dei prossimi anni.

Cambio di mentalità

Nonostante ci siano stati, anche recentemente, degli ottimi segnali a livello legislativo, il problema italiano, secondo Taverna, è legato a una mentalità dove la sicurezza informatica viene ancora percepita come un “peso”. «Occorre un cambio culturale», afferma Taverna. «Nella pubblica amministrazione si fatica ancora a vedere un valore aggiunto negli investimenti di sicurezza informatica, anche se ormai è diventata imprescindibile per garantire la continuità e l’efficienza dei servizi erogati».

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