Artica, la vela di farfalla per i nanosatelliti: da Imola allo spazio per ridurre la spazzatura in orbita Video

Artica, la vela di farfalla per i nanosatelliti: da Imola allo spazio per ridurre la spazzatura in orbita
di Paolo Ricci Bitti
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Lunedì 29 Agosto 2022, 21:56 - Ultimo aggiornamento: 1 Settembre, 13:34

Sfrecciare in orbita a partire da 6mila chilometri dalla Terra e poi sempre più giù grazie a una grande vela sottile come l'ala di una farfalla. E, ancora, rallentare via via dalla folle velocità di quasi 30mila chilometri orari fino a scintillare come una stella cadente disintegrandosi nell'attraversare l'atmosfera.

Così elegante, leggera anzi leggerissima e così brillante, la vela solare Artica costruita in Romagna a Imola  da NPC per equipaggiare il cubesat (piccolo satellite) romano Alpha sarebbe certo piaciuta a Stanley Kubrick per il valzer delle astronavi in "2001 Odissea nello spazio".

Una vela da aquilone costruita con il mylar (pellicola in poliestere resistente) alluminizzato di oltre due metri quadrati di superficie che è quindi assai vasta perché equipaggia un "vascello" cubico di appena 10 centimetri di spigolo e pesante poco più di un chilogrammo. E' in orbita dal 13 luglio scorso e per un po' la potremo pure vedere nelle notti limpide - sfuggendo alle luci della città magari salendo sulle colline imolesi dei Tre Monti attorno all'autodromo - perché riflette i raggi solari. 

Ma a che serve veleggiare dopo che il nanosatellite è stato portato in orbita dallo spazioporto di Kourou (Guyana Francese) con il primo volo del vettore italiano “Vega C” costruito dall'Avio a Colleferro?

Alpha è stato progettato e costruito dalla dalla NPC di Imola, divisione spazio Spacemind, e con il sistema della vela “Artica” facilita ai piccoli satelliti in orbita bassa la manovra di “de-orbiting” al termine della loro missione, quando si deve ridurre la quota e bruciare fino a distruggersi completamente a contatto con gli strati più alti dell’atmosfera. Una scia incandescente a oltre 1.500 gradi centigradi (più che in un altoforno per l'acciao): ecco l'ultima immagine del satellite prima di svanire senza lasciare tracce, senza inquinare, senza aggiungere spazzatura attorno al pianeta. 

“Ad oggi, secondo i dati dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), in orbita vi sono circa 130 milioni di oggetti di varie dimensioni, compresi 20mila satelliti”, dice Nicolò Benini, marketing manager di NPC Spacemind. 

“Limitare la ‘spazzatura spaziale’ è quindi essenziale per la sicurezza delle future missioni. E allora siamo entusiasti che con Artica, ovvero con il dispiegamento della vela solare, il sistema abbia dimostrato di poter offrire una soluzione semplice, economica e sostenibile al problema degli ‘space debris’ in orbita bassa”.

Il progetto “Artica” (Aerodynamic Reentry Technology In Cubesat Application) è stato avviato nel 2012 da NPC Spacemind ed ha già visto il lancio di un primo dimostratore tecnologico a bordo del cubesat “Ursa Maior” nel giugno 2017. La nuova versione del sistema, che è stata ulteriormente perfezionata, è entrata in orbita nel luglio scorso a bordo di “Alpha”, il cubesat realizzato da un gruppo di start-up italiane guidato dalla società romana ARCA Dynamics.

In orbita bassa la vela funziona come un aerofreno e riduce la quota del satellite fino a farlo bruciare appunto nell’atmosfera, mentre nelle orbite più alte la vela sfrutta la pressione della radiazione solare per modificare l’orbita del satellite.

Il sistema europeo di sorveglianza spaziale Eusst ha confermato che “Alpha” sta volando a 6mila chilometri di altezza ed è visibile da terra. A bordo del cubesat sono in corso esperimenti scientifici e tecnologici realizzati Consiglio Nazionale delle Ricerche, ARCA Dynamics, H4 Research e Apogeo Space.

La missione di “Alpha” sarà seguita a breve da altri quattro cubesat, tutti realizzati in Italia da NPC Spacemind e dotati della vela per il loro de-orbiting a fine missione.

Il primo, denominato “DanteSat”, sarà trasportato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale nel prossimo mese di ottobre pochi giorni dopo il rientro di Samantha Cristoforetti e da lì rilasciato nello spazio.

Gli altri tre nanosatelliti, denominati “Futura 1, 2 e 3”, saranno invece lanciati a dicembre da un razzo Falcon9 di Space X di Elon Musk.

“Il lancio dei tre cubesat ‘Futura’, oltre a validare nello spazio alcuni sottosistemi elettronici miniaturizzati, avrà anche lo scopo di sperimentare il nostro “SM Pod”, un nuovo deployer ("distributore") per cubesat ad alte prestazioni che consentirà di ridurre sensibilmente tempi e costi del rilascio in orbita. Grazie ai nostri cubesat, al deployer e alla vela per il de-orbiting, l'Italia potrà offrire così servizi innovativi al mercato mondiale dei nano e microsatelliti che è in grande espansione”.

Da Imola partono per andare in orbita anche altri oggetti strabilianti e per di più legati alla millenaria tradizione della ceramica in Romagna. Nel 2019 è stato lanciato in orbita sempre dalla giungla amazzonica di Kourou il telescopio Cheops "cacciatore" di esopianeti (pianeti potenzialmenti simili alla Terra e quindi in grado di ospitare le vita)  voluto dall'Agenzia spaziale europea. Il cuore del satellite è l'ottica del telescopio, realizzato da Leonardo a Campi Bisenzio: lo specchio principale, che ha un diametro di 30 centimetri, viene ricavato da uno spesso disco di ceramica, lavorato anche dall'azienda Gianni Andalò di Imola, che nel retro assume una forma a nido d'ape per resistere alle fortissime sollecitazioni del lancio in orbita durante il quale il razzo Soyuz raggiunge la velocità di 28.800 kmh. 

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