Circa 9,5 milioni di persone. È la cifra che si ottiene sommando il numero di abitanti delle prime nove città più smart al mondo secondo la classifica elaborata dalla Imd Business School di Losanna, in Svizzera, in base allo Smart City Index 2020 (un indice che tiene conto di fattori economici, sociali e tecnologici). Ma 9,5 milioni di persone è anche il numero di newyorchesi che vivono nella Grande Mela, vale a dire nel centro urbano posto alla posizione numero 10 della classifica (dietro a Singapore, Helsinki, Zurigo, Auckland, Oslo, Copenhagen, Ginevra, Taipei e Amsterdam) e unica megalopoli nella “top ten” delle Smart City.
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LA MAPPA
In pratica, oggi, salvo alcune legittime eccezioni, la trasformazione in città “intelligenti” sembra essere guidata dalle realtà più piccole.
LO SCENARIO
Stando ai rapporti dell’Onu e della Banca Mondiale, non solo il numero di persone che vivono in città si moltiplicherà (nel 2018 era il 55% della popolazione mondiale mentre nel 2050 sarà circa il 70%) e aumenteranno i centri urbani con più di 10 milioni di abitanti (nel 1975 erano 3, nel 1990 invece 10, nel 2018 sono stati 33 e nel 2030 saranno 43), quanto soprattutto le città più grandi diventeranno veri e propri potentati economici capaci di generare l’80% del Pil globale pur occupando meno del 2% del territorio mondiale. Città-stato a cui sarà difficile sopravvivere in termini di attrattività per risorse e investitori, oltre che, quindi, di peso specifico a livello amministrativo. Rischiano cioè di aprirsi voragini ancora più marcate delle attuali a distanza di poche centinaia di chilometri. Un processo non irreversibile che le realtà medio-piccole possono combattere, ma solo muovendosi per tempo. Cioè ora.
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