Romulus 2, tutti i segreti dell'eco-set: plastica bandita e solo luci a led

Romulus 2, tutti i segreti dell'eco-set: plastica bandita e solo luci a led
di Ilaria Ravarino
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Mercoledì 20 Luglio 2022, 11:30 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 20:44

Un intero villaggio pre-romano ricostruito per intero, con capanne e luoghi di culto, palizzate e fossi.

E naturalmente comparse e attori da truccare, luci e mezzi da alimentare, catering da gestire. Il set di Romulus 2, seconda stagione della serie kolossal di Matteo Rovere, in autunno su Sky, poteva essere un incubo ambientale: «L’impatto di una serie del genere è come quello di otto film - spiega Lorenzo Vecchi, direttore generale della società Zen 2030 ed eco-manager di Romulus 2 - cioè circa 1800 tonnellate di CO2. Avevamo un problema: abbiamo provato a risolverlo in modo scientifico». E così, da potenziale bomba ecologica, Romulus 2 è diventato un modello virtuoso di set “verde”, per la riduzione dell’impatto sul territorio (una cava di travertino a Guidonia, alle porte di Roma) e la compensazione operata.

LE DIRETTIVE

«Innanzitutto abbiamo attuato un controllo rigido sui materiali usati per la costruzione dei villaggi. Gli scarti di lavorazione non sono finiti in discarica, ma al riciclo. Il legname è stato trasformato in pannelli e immesso nuovamente in filiera. I trucchi per gli attori sono stati realizzati con scarti agricoli a basso impatto. Non abbiamo usato soluzioni monouso, niente plastica per l’acqua, e sul set avevamo tre persone incaricate di facilitare la differenziata: alla fine siamo rimasti sotto al 10% di indifferenziata. Eravamo un’enclave svedese nel cuore del Lazio». Un controllo esteso anche «al catering: non solo piatti e bicchieri in materiale compostabile, ma per sei mesi abbiamo garantito alle 200 persone della troupe cibo biologico, libero da pesticidi e fertilizzanti».

Fotovoltaico e energia verde certificata il sistema elettrico al campo base, luci a led di ultima generazione per l’illuminazione, «gli scarti tessili sono diventati coperte per i cani abbandonati, oppure sono stati riciclati e rivenduti». Innovativo il controllo di tutta la filiera: «Il nostro obiettivo è agire a monte, parlando con i fornitori per spingerli a innovare con soluzioni a basso impatto. Il cinema è un grande megafono e un importante vettore economico, può velocizzare la transizione ecologica perché per funzionare usa servizi diversi: mobilità, trasporti, energia, ristorazione, alloggi, smaltimento rifiuti. Tutti elementi su cui si può agire per la riduzione dell’impatto».

CONSAPEVOLEZZA

Al momento, spiega Vecchi, i fornitori coinvolti da Zen 2030  sarebbero poco meno di 200, con alcune produzioni virtuose fra cui la Groenlandia di Romulus 2 ma anche «Wildside, che si serve del protocollo green di Fremantle. Il cinema si interessa, ma tutto è in divenire: siamo all’inizio. Una forte spinta è arrivata negli ultimi due anni grazie all’interessamento delle grandi aziende come Netflix, Amazon e Sky, e delle film commission sul territorio». Un approccio rigorosamente “glocal” che punta a risolvere un problema globale - quello dell’ambiente - usando vettori locali, ovvero l’industria dell’audiovisivo. Quanto al tempo necessario per raggiungere l’obiettivo agognato, convertendo tutta la filiera di cinema e tv alle emissioni zero, a dettarlo sarà, spiega Vecchi, «la legge della diffusione dell’innovazione, secondo cui la curva di circolazione di una nuova tecnologia fatica a crescere finché non ha raggiunto il 16% delle persone. Dopodiché si impenna. L’obiettivo è arrivare a quella quota».

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