Ostriche e cozze eliminano la CO2: anitride carbonica intrappolata nei gusci

Lo studio dell'università di Ferrara: i mitili catturano 254 grammi di carbonio per chilo di prodotto

Ostriche e cozze eliminano la CO2: anitride carbonica intrappolata nei gusci
di Carlo Ottaviano
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Mercoledì 15 Marzo 2023, 12:16 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 07:43

In Italia sono considerate un lusso, tanto da pagare il 22% di Iva contro il 10% di quasi tutti gli altri prodotti ittici (in Francia solo il 6%, come una popolare baguette).

Eppure le ostriche potrebbero perfino aiutarci nel migliorare l’ambiente. «Le ostriche e i bivalvi – spiega Elena Tamburini, docente al dipartimento di Scienze dell’Ambiente dell’università di Ferrara – sono, e saranno, molto più sostenibili dal punto di vista ambientale delle proteine da insetti di cui tanto si parla e della carne artificiale prodotta in laboratorio, e con un valore nutrizionale superiore». A Ferrara è in corso uno studio che sta dimostrando l’utilità di produrre ostriche, cozze, vongole e altri bivalvi per contrastare il surriscaldamento globale perché capaci di “mangiare” la CO2. Il segreto è nei gusci che immagazzinano anidride carbonica, tra i gas a effetto serra responsabili del riscaldamento del pianeta.

IL MECCANISMO

 «La molecola di CO2 biocalcificata nel guscio è intrappolata in forma insolubile e rimossa dall’ecosistema marino al momento della raccolta dei molluschi. In tutta la fase di accrescimento, i mitili sono in grado di catturare 254 grammi di CO2 per chilo di prodotto, a fronte dei 22 grammi di CO2 emessi per la loro produzione», puntualizza Elena Tamburini. Così – è stato dimostrato – in un anno le 12.800 tonnellate di ostriche, cozze e vongole allevate nella Sacca di Goro hanno abbattuto circa 3mila tonnellate di anidride carbonica, riuscendo a neutralizzare le emissioni degli impianti di riscaldamento dell’intero comune alle foci del Po (3.493 abitanti).

Se la produzione fosse stata inserita nel sistema del carbon credit, un certificato negoziabile equivalente a una tonnellata di CO2 non emessa o assorbita, avrebbe avuto un valore di circa 160mila euro. A Fedagripesca-Confcooperative (l’associazione dei produttori ittici) hanno fatto un calcolo: grazie alla produzione di circa 100mila tonnellate in mitili, in Italia vengono eliminate in modo permanente quasi 13mila tonnellate di anidride carbonica ogni anno che, tradotti in “crediti verdi” (70 euro per tonnellata di CO2) significherebbe circa un milione di euro. Volendo declinare la questione a livello personale, un chilogrammo di ostriche (la classica dozzina di pezzi) contiene 630 di guscio ed è in grado di sottrarre all’ambiente 275,8 grammi di anidride carbonica. Vuol dire che mentre facciamo gli occhi dolci al partner a tavola (in Italia il consumo di ostriche per 7 persone su 10 è legato a cene romantiche), contribuiamo anche a pulire il pianeta. La ricerca dell’università di Ferrara è collegata a un progetto finanziato dal ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare che prevede la creazione di una rete nazionale dei principali produttori italiani di ostriche, dislocati in Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Puglia, Sardegna e Liguria, per un totale ancora limitato a 200 tonnellate annui. «Non possiamo fornire i volumi che offrono altri Paesi ma la qualità che ci viene riconosciuta e ottima», racconta Paolo Tiozzo, vicepresidente di Fedagripesca-Confcooperative. «Le nostre produzioni di ostriche – aggiunge – sono molto apprezzate anche all’estero. E c’è una bella varietà: l’Ostrica rosa di Scardovari, l’Ostrica verde del Golfo dei Poeti, l’Ostrica bianca del Gargano, l’Ostrica di Sardegna, l’Ostrica d’oro e l’Ostrica nera di Goro. La filiera, se ben sviluppata, potrebbe offrire un nuovo slancio all’economia ittica, creare posti di lavoro e spazio per giovani e donne per un valore che può arrivare a superare il mezzo miliardo di euro». 

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