Musk, Trump e l'inganno equità su Twitter

Musk, Trump e l'inganno equità su Twitter
di Matteo Grandi
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Mercoledì 18 Maggio 2022, 10:36 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 13:02

L'acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk ha avuto una battuta d’arresto.

Il multimiliardario ha sospeso l’accordo per un’approfondita verifica su account spam, fake e bot ribadendo che la sua offerta è valida solo se i profili falsi sono al di sotto del 5%. Dal canto suo, il social media ha depositato alla Sec, la Consob americana, il documento che fissa l’acquisizione a 54,2% dollari ad azione, un valore che Musk sembra voler mettere in discussione. Fra le poche cose certe c’è però la scarsa simpatia che il multi-miliardario riscuote presso l’intellighenzia nostrana. Chi frequenta Twitter avrà notato una certa levata di scudi, incentrata sul peggiore scetticismo, sia per l’acquisizione in sé che per le prime volontà palesate da Musk che ha esplicitamente spiegato, in nome della libertà d’espressione, di voler riabilitare il profilo di Donald Trump, bannato quasi un anno e mezzo fa dal social, dopo i fatti di Capitol Hill. Ma andiamo con ordine. Musk è personaggio divisivo come pochi. Un capitalista con mire spaziali che non ha mai risparmiato la sua poca simpatia per la sinistra non è destinato a riscuotere grandi consensi dai maitre-a-penser di sinistra; che sono poi quelli che su Twitter fanno opinione. Il che ci sta, purché la critica sia critica nel merito e non mero pregiudizio. Insomma, dirsi scandalizzati dell’operazione Twitter-Musk per l’idea che un social finisca nelle mani di un uomo solo al comando senza poi battere ciglio su Marc Zuckerberg che di social ne possiede addirittura due (e con un impatto numerico infinitamente superiore a quello di Twitter) rischia di suonare un filino ipocrita. E allora che cosa spaventa di Elon Musk, a parte il suo capitalismo e la sua voglia di ridare la parola a Trump? Perché in fondo anche la retorica su Trump può risultare stucchevole e strumentale se non viene contestualizzata nel modo corretto.

L’USO DISINVOLTO DEI SOCIAL

 Che l’ex Presidente Usa abbia fatto un uso a dir poco disinvolto dei suoi profili social, infarcendoli di verità alternative e incitazioni alla violenza, è un dato di fatto.

Che la sua estromissione dalla piattaforma sia però stata dovuta all’applicazione delle policy della piattaforma è una favoletta da smontare. Trump non è stato fatto fuori per una scelta di policy ma per una scelta politica. Non a caso per bannarlo si è aspettato che Trump non fosse più in carica, nonostante avesse violato infinite volte i termini di servizio di Twitter nel corso del suo mandato. E mentre da una parte si sosteneva di non poter tollerare sulla piattaforma il linguaggio di Trump e la sua violenza, dall’altra si fingeva di non vedere l’attività social di Khamenei, guida suprema dell’Iran (tanto per fare l’esempio più eclatante), i cui tweet che auspicano l’eradicazione di Israele sono rimasti sempre online come il suo profilo. Quindi, prima di stracciarsi le vesti per il ritorno di Trump, sarebbe più corretto invocare una maggiore equità da parte della piattaforma e magari regole certe per evitare che il dibattito pubblico sui social, sia intossicato da una parzialità di valutazioni in cui, sostanzialmente, le piattaforme fanno scelte arbitrarie e di fronte a possibili contenziosi finiscono per giudicare se stesse. Un corto circuito non più tollerabile. Il tutto senza dimenticare che la libertà d’espressione è tema tanto sacro quanto delicato. Perché molto dipende da che cosa si intende per libertà d’espressione e quanto si sia disposti a tollerare in suo nome, in termini di disinformazione, falsità e violenza. Temi che, proprio perché non possono essere circoscritti a monte, meritano di essere valutati caso per caso da occhi oggettivi. E forse è arrivato il momento in cui i social non siano lasciati soli nella vigilanza e nelle sanzioni, ma siano affiancati anche da organismi terzi e neutrali. Dovrebbe invece preoccupare di più fra i propositi di Musk la malcelata voglia di dare battaglia all’anonimato. Perché l’idea di silenziare i profili anonimi, anche se parte dalla lodevole intenzione di voler limitare chi insulta e diffama protetto dall’anonimato, cozza con un principio sacro del web, in cui l’anonimato è da sempre tollerato, compreso e protetto anche per poter garantire la possibilità di fare denunce scomode senza ritorsioni. Temi spinosi che continueranno a rincorrersi fino a quando non sarà chiaro il futuro della liaison fra Musk e l’uccellino blu. Un affare da 44 miliardi di dollari che, per tornare nel campo del gossip, potrebbero in parte essere finanziati mettendo Twitter a pagamento. Ma questo è un altro discorso. Ed è un discorso che non contribuirà all’operazione simpatia di Musk.

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