Energia, crescono biocarburanti e carburanti sintetici: dal riuso di scarti agricoli alla conversione di impianti petrolchimici

Energia, crescono biocarburanti e carburanti sintetici: dal riuso di scarti agricoli alla conversione di impianti petrolchimici
di Alessandra Camilletti
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Mercoledì 14 Dicembre 2022, 15:43 - Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 16:33

Si chiamano combustibili alternativi e si prevede, in Europa, che entro il 2050 rappresenteranno il 27 per cento del consumo energetico finale del settore dei trasporti.

In un circuito virtuoso. «Certo non si può pensare che i carburanti alternativi possano sostituire del tutto o nel breve periodo i carburanti fossili, ma possono essere molto utili a integrare energia elettrica e idrogeno. Un tassello importante della decarbonizzazione e della transizione energetica. Siamo all’inizio. Vediamo tempi più maturi, però, e parliamo di qualche anno, nell’industria del trasporto aereo e nelle navi, dove un processo industriale è già avviato», sottolinea Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, il centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo. Uno scenario tracciato nel Med & Italian Energy Report 2022 messo a punto proprio da Srm insieme all’Esl@Energy Center del Politecnico di Torino. Futuro sì, ma a iniziare da oggi. E per molteplici ragioni. Basti pensare a un dato: quest’anno, in particolare da marzo a settembre, causa anche il conflitto in Ucraina, le forniture di gas russo per l’Unione europea sono diminuite dell’80 per cento ed è iniziato un processo di riduzione della domanda da parte degli utenti finali, di diversificazione degli approvvigionamenti e di aumento di importazioni di Gnl insieme a un potenziamento delle rinnovabili.

IL PERCORSO

E allora due vie si intersecano e si sommano verso la meta dei combustibili alternativi. Possono essere biocarburanti e quindi, «derivati da processi biologici. Normalmente scarti dei processi agricoli o coltivazioni ad hoc: un ciclo che si interseca con quello agricolo per la produzione di gas come carburanti alternativi a quelli di origini fossili», spiega Deandreis. E possono essere carburanti sintetici, per cui «esistono diverse tecniche di produzione, la più comune delle quali è l’elettrolisi. Si produce energia elettrica green con fonti rinnovabili attraverso pannelli solari o pale eoliche e con processi di cattura delle emissioni di attività industriali. Può rientrare in questa categoria la produzione di idrogeno verde oppure di un gas di sintesi che può essere immesso nei gasdotti esistenti in un processo di blending con il gas estratto. Si ritiene che già oggi questo potrebbe avvenire con almeno un 10 per cento di gas di sintesi mischiato a quello fossile, riducendo le emissioni complessive del gas che consumiamo». Famiglie di carburanti green, dunque, la cui produzione, in prospettiva, può mettere a terra due circuiti virtuosi. Uno nell’ottica dell’economia circolare. «E in questo si inseriscono soprattutto i biocarburanti – spiega ancora Deandreis – perché soddisfano l’esigenza del recupero degli scarti agricoli che diventano materia prima per un nuovo ciclo produttivo. Hanno il vantaggio di impiegare terreni marginali o che sono in fermo per i processi di rotazione delle colture». E poi i carburanti sintetici: «Per riuscire in un loro sviluppo forte è indispensabile far crescere, e di molto, la produzione di energia rinnovabile in tutta la regione del Mediterraneo. Prendiamo a esempio il Nord Africa, dove l’acqua scarseggia ma è fondamentale per l’elettrolisi, perché tutto il processo sia green: si può desalinizzare l’acqua del mare, questo però a sua volta richiede elettricità». Altro elemento di riflessione: «La produzione di carburanti sintetici richiede comunque di stoccare e di raffinare. Se vogliamo decarbonizzare, può essere una chance per iniziare a convertire l’industria petrolchimica, che anche in Italia conta migliaia di posti di lavoro». Come si colloca il nostro Paese nello scenario europeo? «L’Italia è uno dei Paesi con il più alto sviluppo della bioeconoma in Europa, per la dimensione della produzione agricola e dell’allevamento (si calcola un valore aggiunto di circa 100 miliardi di euro e oltre due milioni di addetti; ndr). Ed è un Paese con un petrolchimico importante», osserva Deandreis. E il cerchio si chiude.

LA PORTA

«Abbiamo chiarito che per alimentare la produzione di combustibili alternativi va fatta crescere l’energia elettrica green. L’Europa difficilmente riuscirà a raggiungere gli obiettivi soltanto aumentando la produzione interna di rinnovabili. Da dove potremmo importare? L’unica via è quella del Nord Africa, e l’Italia è il ponte energetico naturale tra Nord e Sud. Nei Paesi del Nord Africa può avvenire la trasformazione della materia in gas di sintesi con l’inserimento nei gasdotti esistenti oppure con la produzione di ammoniaca, da trasferire via nave nei porti europei più vicini, che sono quelli italiani. Il ruolo dell’Italia è potenzialmente forte dal punto di vista geopolitico e geoeconomico e si giocherà sul potenziamento delle infrastrutture marittimo-portuali». La notizia del resto è di qualche giorno fa: il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha avviato il procedimento autorizzativo per la nuova interconnessione di Terna che favorirà la trasmissione di energia pulita da fonti rinnovabili tra Italia e Tunisia. Progetto ritenuto di interesse comune dalla Ue.

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