Paolo, il cacciatore di bufale sul web: «Così scopro i falsi della Rete»

Paolo, il cacciatore di bufale sul web: «Così scopro i falsi della Rete»
di Rita Sala
4 Minuti di Lettura
Giovedì 5 Settembre 2013, 10:35
ROMA - Si chiama Paolo Attivissimo. Non per scherzo, n come pseudonimo.

Ma se preferiamo usare una delle sue mail, accetta persino di diventare Topone (topo perché la moglie lo chiama così, ma anche top one). Giornalista, speaker radiofonico, esperto di sistemi di sicurezza, autore di libri sul web spiegato al popolo, collaboratore dell’Apollo Lunar Surface Journal della Nasa, è il titolare di un blog pluripremiato, Il Disinformatico, in cui il Servizio Antibufala conta ben nove milioni di contatti.



Il mestiere che pratica, e per il quale va famoso, è non a caso il panzana-buster, vale a dire lo smascheratore di bugie, il difensore degli utenti bombardati dalle falsità diffuse dalla Rete. Inglese di nascita, classe 1963, vive in Svizzera, parla innumerevoli lingue, ama i gatti. Partecipa oggi a Ravenna alla tavola rotonda La lingua italiana per oggi e per domani, nell’ambito del festival Dante2021, giunto alla sua terza edizione (al tavolo anche Nicoletta Maraschio, presidente dell’Accademia della Crusca; Francesco Sabatini, presidente onorario della stessa; Massimo Bernardini, giornalista e conduttore televisivo; Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione Bancaria Italiana; Luigi Federico Signorini, economista).



Se si domanda ad Attivissimo perché un panzana-buster al consesso dantesco, risponde: «Le parole e la grammatica della lingua italiana sono in gran parte quelle di Dante. Ma cosa accade oggi al linguaggio? Come potrà essere domani? Lavorando sul web ho la percezione dei dinamismi, dei mutamenti, delle evoluzioni del nostro modo di comunicare. Parlerò di questo».



Quando ha deciso di diventare un cacciatore di bufale?

«Fu nel 1994, avevo appena pubblicato un libro su Internet. Pensai di varare una pagina per mettere in guardia la gente dalle false notizie e dalle leggende che corrono nel web».



Quali smascheramenti considera i più esaltanti?

«Per dimensione e importanza, senz’altro quelli sulle tesi del complotto riguardo all’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre. Hanno richiesto un lavoro lungo e approfondito per arrivare a dimostrarne l’infondatezza. Poi quelle, ansiogene per la psicologia collettiva, sulle scie chimiche degli aerei. Mi sono guadagnato insulti, minacce, maledizioni... Sono stato tacciato di appartenere a chissà quali gruppi di potere occulto, di essere al soldo di Bush e mille altre cose del genere».



Chi insulta o minaccia che identikit può avere?

«Sono gli “arrabbiati”, gente così presa dalla furia delle proprie convinzioni da uscire di misura e di testa. Non si ammette che qualcuno, su basi solide, smonti castelli di finzioni, a volte anche ben costruiti, che nutrono una quotidianità malata».



Lei ha sfatato, tra le tante, anche la storia del cucciolo di drago di trenta centimetri ritrovato sotto formaldeide un secolo dopo che gli scienziati tedeschi, presunti scopritori della creaturina, avevano inviato il vasetto al Museo di Storia Naturale di Londra.

«Sì, ci erano cascati in tanti, compresi alcuni autorevoli giornali italiani. Ma la Bbc aveva già ospitato l’ideatore della burla, reo confesso, che aveva raccontato la verità».



E i dubbi sul primo allunaggio umano?

«Insistenti e duraturi. Ci ho scritto un libro tre anni fa. Il mondo delle bufale è estesissimo. Si va dalle catene di Sant’Antonio al numero satanico 666 che sarebbe presente in tutti i codici a barre, dall’annuncio di virus letali per i computer ai video in cui si dimostra come un cellulare, messo a poca distanza da alcuni chicchi di mais, li trasformi in pop corn. Eccetera».



Quante bufale sfatate o ridimensionate fino ad oggi?

«Dal 2002 a oggi sono oltre 350. Sul blog le ho suddivise per categoria e presentate con una breve descrizione e le rispettive parole chiave».



Si dedica anche a correggere gli scivoloni di Wikipedia?

«No, non tanto almeno. Wikipedia, alla quale sono comunque iscritto, è la prima a mettere in guardia i fruitori, consiglia di verificare le fonti. Si tratta di uno strumento al quale tutti hanno accesso, che tutti possono modificare. Il controllo è d’obbligo».



Le finte morti di personaggi importanti diffuse su Twitter da utenti che rubano l’identità di figure autorevoli?

«Sul web siamo tutti giornalisti. Tutti possiamo diffondere notizie. C’è chi lo fa bene, chi male, chi disonestamente, chi con spirito distruttivo. Spesso lo scherzo va oltre. Purtroppo molti giornalisti di mestiere continuano a usare il “copia e incolla” senza alcun controllo serio».



Il dubbio sistematico è l’unica, vera difesa?

«Alla fine sì, certo».



Come limitare il potere della Rete?

«Perché limitarlo? Il web è una piazza, un’agorà in cui parliamo tutti, come e quando vogliamo. Una democrazia infinita».



Che rischia l’anarchia.

«Vero. Ma preferisco l’anarchia alla sorveglianza occhiuta di qualcuno».



Internet come spazio dell’eccesso?

«Esiste l’autocontrollo. Non pochi sanno usare il web in modo pacato e costruttivo. È come dare un cerino in mano a un bambino: c’è il bambino che lo adopera per dare fuoco a qualcosa e quello che lo porta alla madre perché lo spenga».



La nuova frontiera della Rete?

«La comunicazione non verbale. L’uso delle icone che sottendono significati. Un modo di comunicare alla portata di chiunque».



Non si rischia di impoverire la comunicazione?

«No. In fondo chi vuole preserva la propria lingua e le sue regole. Fermo restando che il linguaggio è una realtà in continua evoluzione, viva, che si arricchisce ogni giorno di nuovi apporti...».



Che pensa della soverchiante capacità della Rete di farsi gli affari di tutti? Dove finisce la privacy?

«Chi desidera l’assenza, la ottiene. Ne ha tutti i mezzi. Io dico sempre a chi si lamenta di essere finito in Rete: comincia a non far rumore, nessuno ti noterà».
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