Da Google Home ad Amazon Echo, il "Grande Fratello" arriva in casa: i pro e i contro degli assistenti virtuali

Google Home
di Andrea Andrei
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Lunedì 7 Novembre 2016, 15:14 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 12:10
Da venerdì scorso, il Grande Fratello ha avuto accesso alle case degli americani. Non il Grande Fratello televisivo, ma quello orwelliano, o perlomeno la sua versione più commerciale. Dal 4 novembre sono partite le prime spedizioni di Google Home, una sorta di piccolo altoparlante cilindrico dal design accattivante firmato dall'azienda di Mountain View che si tiene in salotto e che grazie all'intelligenza artificiale è in grado di studiare le abitudini degli abitanti della casa e assisterli in tutte le attività quotidiane. Un po' come fanno i vari assistenti virtuali installati sui nostri smartphone, ad Apple Siri a Google Now, solo in versione fisica.

COME FUNZIONA
Connettendo il cilindro alla presa di corrente e al wi-fi, il dispositivo sarà in grado di ascoltare tutto ciò che succede in casa. Anche se il concetto sembra davvero degno di una romanzo distopico, i microfoni servono a ricevere comandi vocali, quali: Accendi la radio o la tv, oppure Dimmi che tempo farà oggi, o ancora Quale strada mi conviene fare per arrivare a lavoro, o Metti la sveglia alle 7. Comandi che si impartiscono grazie alla formula magica: Ok, Google, che permette al cilindro di capire che ci stiamo rivolgendo a lui. Oltre che connettersi con tutti i dispositivi smart della casa, dalla televisione al frigorifero, il vero punto di forza di Google Home (e anche quello maggiormente controverso) è che utilizza tutti i servizi del più famoso motore di ricerca del mondo, da Gmail a Chrome passando per YouTube, per fornire informazioni personalizzate per gli utenti.

È per questo che il dispositivo è perennemente in ascolto, ed è in grado di studiare le abitudini delle persone e di raccogliere dati sulle stesse. Infatti, più il device viene utilizzato, più sarà in grado di dare risposte puntuali e precise. Che sia chiaro: non che ci sia qualcuno che fisicamente, dall'altra parte del mondo, sta lì dalla mattina alla sera ad ascoltare le nostre conversazioni o le nostre litigate in casa. Nessuno (a parte i vicini, poveri loro) ci ascolterà cantare sotto la doccia o singhiozzare guardando l'ennesima replica di Flashdance in tv. Insomma, i nostri segreti più turpi sono al sicuro.

Questo perché Google Home non fa altro che raccogliere informazioni statistiche in forma anonima e poi applicarle all'algoritmo della nostra vita, dato dall'unione di tutte le nostre attività quotidiane. Ovviamente, questo non mette al riparo dall'inquietudine di avere in casa un microfono perennemente acceso che ci segue e che ci conosce ogni giorno di più, che sa cosa cerchiamo su Internet, quante mail riceviamo e da chi, cosa ci piace guardare su YouTube, dove lavoriamo, che percorso facciamo per andare in ufficio e a che ora rientriamo a casa. Maggiormente inquietante è poi se pensiamo che tutti questi dati li consegniamo noi spontaneamente, anzi paghiamo per farlo, visto che Google Home, che per ora è stato commercializzato solo negli Stati Uniti e chissà se mai arriverà in Italia, costa 129 dollari. Il tutto per avere una comodità di cui molti dicono di poter fare tranquillamente a meno. Ma la questione, come vedremo, è ben più complessa e non si riduce soltanto a un singolo dispositivo.

I PROBLEMI
E non solo perché in realtà Google Home segue le orme di un device molto simile, prodotto da un altro gigante della tecnologia, Amazon. Echo, questo il nome del cilindro nero dell'azienda di Jeff Bezos, per reperire informazioni sfrutta le piattaforme del marchio di e-commerce, da Amazon Shopping ad Amazon Music. È così possibile, oltre che chiedere gli orari dei treni, la programmazione televisiva, il meteo e quant'altro, anche effettuare acquisti oppure farsi leggere degli audiolibri. Echo è dotato di sette microfoni tramite i quali poter comunicare con l'assistente virtuale Alexa, e di una serie di altoparlanti che diffondono la musica: si può anche connettere allo smartphone, utilizzando servizi come Apple iTunes. Echo è già arrivato in Gran Bretagna e in Germania, ma per vederlo (anzi, sentirlo) in Italia bisognerà aspettare.

Come dicevamo però, i problemi legati ai dispositivi del cosiddetto Internet delle cose, o IoT (che prevede che tutti i device, dagli elettrodomestici ai macchinari industriali, siano connessi alla Rete), non si riducono solo alla privacy. Anzi, da quel punto di vista si può stare abbastanza tranquilli, come conferma Stefano Fratepietro, esperto di sicurezza informatica di Tesla Consulting: «Dispositivi come Google Home o Amazon Echo non sono più pericolosi di un semplice cellulare». E da un punto di vista della sicurezza? «Lì la questione si fa più complessa risponde non tanto per i privati, quanto per le aziende. Diciamolo chiaramente: il ladro comune non è certo interessato a violare un dispositivo come Google Home per spiarci, anche se in linea ipotetica ciò è possibile».

Infatti la vera preoccupazione degli esperti di sicurezza non sono tanto questi dispositivi, ma la rivoluzione che rappresentano, cioè quella dell'IoT: «Il maxi attacco informatico che a fine ottobre ha colpito le più grandi piattaforme online degli Stati Uniti è cominciato proprio violando i dispositivi per l'Internet of things nelle case di migliaia di americani spiega Fratepietro ma comunque è il mondo delle aziende che ci spaventa di più. Nella Legge di Stabilità 2017 è previsto un super-ammortamento del 250% per le imprese che adottano soluzioni per l'industria 4.0: ciò vuol dire che tutte le aziende avranno interesse ad acquistare dispositivi connessi a Internet, dai termometri ai rilevatori di inquinamento acustico. Ci si dimentica spesso che questi device sono dei computer a tutti gli effetti, e che in quanto tali possono essere violati. È nelle industrie, e non negli appartamenti, che guardano i veri criminali informatici. È lì che si fanno i veri guadagni».

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