Così i social network hanno ucciso l'email

Così i social network hanno ucciso l'email
di Vincenzo Sassu
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Mercoledì 9 Maggio 2012, 16:23 - Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 12:56
ROMA - Stati Uniti, ottobre 1971. Lo studente americano Ray Tomlinson, violando le direttive dei professori che lavorano con lui, affianca due computer non collegati tra loro e spedisce un messaggio, nessuno si sarebbe immaginato che, due anni dopo, l’invio di email avrebbe costituito più del 75% del traffico su Arpanet, la rete antesignana di Internet. Secondo Justin Peters, direttore dell’edizione online della Columbia Journalism Review, gli scienziati e gli studenti «liberi di agire e di inventare, (…) avevano creato una realtà a misura d’uomo. Una piazza dove incontrarsi, condividere esperienze e magari lasciarsi anche andare al gossip (scientifico e no...)».



Francia, novembre 2011. Quarant’anni dopo l’invio del primo messaggio di posta elettronica, Thierry Breton, amministratore delegato di Aton, una delle principali società di servizi informatici a livello internazionale annuncia che, nei successivi 18 mesi, abbandonerà l’uso dell’email come strumento di comunicazione interna, sostituendola con Atos Wiki, sistema che permette di produrre e modificare in modo collaborativo documenti online, e con Office Comunicator, servizio interno di messaggistica istantanea. Il motivo? Per ogni 100 messaggi posta elettronica solo 5 erano professionalmente rilevanti per i suoi 75 mila dipendenti, che finivano per dedicare un tempo spropositato alla cancellazione di email inutili, sottraendolo quindi ad altre attività.



Anche il ventisettenne Mark Zuckerberg, l’ideatore di Facebook, è convinto che il destino della posta elettronica sia segnato, messo in crisi dal boom dei social media che costituiscono uno degli strumenti principali di comunicazione tra persone, soprattutto tra i più giovani: «I ragazzi delle scuole superiori – dichiara – non utilizzano la posta elettronica, ma gli sms. Le persone vogliono strumenti più leggeri come gli sms o sistemi di messaggistica istantanea per mandarsi messaggi».



I dati che arrivano dal Regno Unito, diffusi dall’Independent di Londra, sembrano dargli ragione: nel 2011 l’utilizzo dell’email è sceso del 31% nei ragazzi di età compresa tra i 12-17 e del 21% tra i 18 e 24 anni. Percentuali confermate anche negli Stati Uniti dalla ComScore Media Metrix, specializzata nella misurazione dell’audience online che, nel dicembre scorso, ha diffuso i risultati di uno studio sul numero di persone che utilizzano la posta elettronica, comparandoli con quelli ottenuti nello stesso periodo del 2010: i dati più significativi riguardano le fasce d’età 12-17 e 18-24 anni, dove l’uso dell’email è calato rispettivamente del 31% e del 34%.



D’altro canto, un’indagine intitolata European Email Marketing Consumer Report, commissionata da ContactLab, leader italiana nell’offerta di soluzioni e consulenza di email e digital direct marketing, rivela come, nei cinque grandi Paesi europei (Italia, Spagna, Regno Unito, Francia e Germania), le caselle di posta elettronica usate abitualmente siano 360 milioni, 63 milioni in Italia, dove vengono ricevuti giornalmente 707 milioni di messaggi, 22 in media per ogni utente. Numeri su cui pesano i messaggi indesiderati (il cosiddetto spam), le newsletter a cui si è abbonati, e le comunicazioni aziendali, tenendo conto che gran parte di esse passa ancora attraverso posta elettronica.



In tanti però continuano a profetizzare la “morte” dell’email, causata dal progressivo sviluppo delle reti sociali, la cui audience è cresciuta a dismisura negli ultimi anni (Facebook ha raggiunto, nell’aprile scorso, 901 milioni di utenti, di cui 20 milioni solo in Italia). Di certo, le nuove tecnologie del web 2.0 stanno influenzando il nostro modo di relazionarci con gli altri, stimolando nuove forme di comunicazione e collaborazione che si affiancano a quelle abituali. Ora bisogna capire se, in futuro, i social network riusciranno a costituire dei canali di comunicazione alternativi alla posta elettronica, non solo dal punto di vista sociale, ma soprattutto aziendale, come già sta accadendo in alcune grandi società internazionali.



David Christopher, uno dei più autorevoli esperti britannici di social media business, non ha dubbi al riguardo: «La velocità con cui le nuove tecnologie sociali sono state introdotte sta crescendo esponenzialmente e non passerà molto tempo prima che si arrivi alla sostituzione della posta elettronica». Un momento che secondo la sua previsione «accadrà prima della fine del 2018».
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