Il paziente indisciplinato? Adesso ci pensa il sensore

Il paziente indisciplinato? Adesso ci pensa il sensore
di Ines Alisi
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Giovedì 28 Maggio 2020, 01:35
La strada dei farmaci digitali, negli Stati Uniti, l’ha aperta la pasticca di aripripazolo, chiamata Ability MyCite, indicata per il trattamento della schizofrenia, disturbi maniacali e bipolari, depressione grave. Tutte patologie in cui, spesso, è difficile controllare se la persona ha preso o no la medicina. E con i dosaggi giusti. Accanto a questo tipo di pillola si stanno sviluppando, sensori combinati con il farmaco per il riconoscimento facciale e “specchi-video” che analizzano anche la deglutizione del medicinale. Ma anche dispositivi capaci di tracciare l’aria respirata da chi è affetto da asma. L’impero dei sensori è in crescita. Dal momento che l’obiettivo della sanità di domani è quello di aumentare, per quanto possibile, l’esperienza del paziente (senza cadere nell’autodiagnosi) attraverso strumenti di facile utilizzo. Per facilitare le cure domiciliari, limitare i ricoveri, raccogliere dati prima non accessibili, personalizzare le cure, migliorare gli stili di vita. Questa formula mista permette di monitorare, il paziente sotto diversi punti di vita: se segue la terapia, se è disciplinato nel seguirla (orari, dosi etc) e, soprattutto, per quanto tempo si “dimentica” di prendere la medicina. Condizione che permette al medico di confrontare l’eventuale recrudescenza della patologia (o anche una crisi acuta) con la giusta o non giusta assunzione delle sostanze. Non solo in psichiatria. Lato debole e preoccupante, per chi ha malattie croniche, è proprio la difficoltà a seguire, tutti i giorni e tutto l’anno, la terapia. Un discorso che vale anche per l’ipertensione, le malattie reumatiche e cardiache, il diabete. La cosiddetta “aderenza” alla cura è assai complessa. I fattori che interferiscono sono talmente tanti che fino a 50% dei pazienti con pressione alta, per esempio, non prendono regolarmente le pillole. Nel caso del paziente diabetico parliamo di pasticche ma anche di misurazione della glicemia da fare più volte al giorno. Anche in questo caso è un cerotto a far cambiare la rotta. Menarini Diagnostics ha lanciato GlucoMenDay, il cerotto digitale che potrebbe mandare in pensione i vecchi glucometri.

L’utilizzo di questi strumenti, obbligava i paziente a pungersi i dito e prelevare una goccia di sangue fino a dieci volte al giorno.
E, in alcuni casi, anche di notte. A sostituire aghi e punture ci sarà, infatti, un dispositivo a forma di cerotto, con un microago incorporato, da tenere sull’addome per due settimane consecutive. in questo modo, chi lo utilizza, potrà visualizzare il suo andamento glicemico in ogni momento direttamente sull’app. Si può decidere di essere allertati se i valori fossero preoccupanti. Ovviamente, statistiche e grafici possono essere visualizzati e condivisi dal medico che può analizzare la condizione e personalizzare la terapia. Le terapie digitali, tutte sottoposte a sperimentazione per efficacia clinica e sicurezza esattamente come quelle farmacologiche prima di essere immesse in commercio, possono essere utilizzate sia da sole che in combinazione con i medicinali. Abbiamo, infatti, le app in grado di ridurre i livelli di emoglobina glicata nei pazienti diabetici e gli inalatori intelligenti che, grazie ai sensori collegati a un software, aiutano chi soffre di malattie respiratorie a prendere la corretta quantità di farmaco. Le aree terapeutiche nelle quali questi dispositivi hanno fatto registrare i maggiori progressi (e anche successi) sono le malattie croniche, sia negli adolescenti come negli anziani, e i disturbi mentali. 
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