IL DIGITALE E LE AZIENDE
La teoria diventa pratica. «Nel 2015 l’Onu ha prodotto un elenco di 17 obiettivi globali di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030», spiega Noa Segre, senior stategist per la trasformazione aziendale del Talent Garden, «e ora più che mai dobbiamo lavorare a partnership pubblico-private e a piani dettagliati per implementarle, introducendo la sostenibilità negli obiettivi che un’azienda deve raggiungere». Secondo Segre, «questo nuovo mondo ci sta già presentando delle soluzioni, molte delle quali aiutate dal digitale». Prendiamo l’obiettivo di sostenibilità numero 3, sulla salute e il benessere. «La pandemia ha portato a un aumento rapidissimo di tecnologie fondamentali per test, monitoraggi, cure; la possibilità di seguire un paziente da remoto aumenterà molto e i servizi sanitari digitali saranno sempre più disponibili, sia per il benessere fisico che psicologico». Simile ragionamento per il per il punto 4 delle Nazioni unite, relativo alla qualità dell’educazione. Dice Segre: «Ora è il momento di progettare e investire, le risorse non mancano». E c’è un ultimo punto che coinvolge direttamente la trasformazione digitale: l’obiettivo 12, sulla produzione e il consumo responsabile. «Dopo i primi giorni di disorientamento, i consumi siano diventati più attenti e i consumatori tendono a premiare le aziende migliori, punendo al contempo chi non si è adattato».
TRA GLI SCAFFALI
Non sarà più sufficiente, però, sfruttare etichette e slogan generici. In questi mesi la paura del virus ha colpito duramente anche quei marchi che negli ultimi anni avevano attirato i consumatori più consapevoli. Lo spiega Alice Avallone, esperta di comunicazione in Rete e a capo dell’osservatorio di antropologia digitale Be Unsocial: «Ora l’igiene è la priorità assoluta, e supera qualsiasi prodotto sostenibile o biologico. Lo dimostra una ricerca Nielsen: i brand che producevano quei prodotti hanno perso quote di mercato e appeal sui consumatori, sicché quei messaggi sono spariti dalle pubblicità e dagli scaffali. Ma nella ripresa dovranno ritornare: è necessario, ed è possibile, ottenere entrambi i risultati». Non tutte le aziende però hanno rinunciato alla loro missione. Avallone cita l’esempio della londinese Palm of Feronia, azienda che produce prodotti di cosmesi bio al 100%: «Durante l’epidemia hanno creato un disinfettante totalmente naturale ma dallo stesso potere igenizzante dei prodotti meno sostenibili che troviamo al supermercato». La ricerca di un equilibrio coinvolge anche chi l’aveva già trovato. Il caso italiano è quello di Lavazza, che con la sua Fondazione da anni ha attivi «24 progetti di sostenibilità in 17 Paesi», come spiega Mario Cerutti, a capo delle relazioni istituzionali e della sostenibilità per l’azienda di Torino. «Alla luce dell’impatto di medio e lungo, la grande sfida ora nel campo delle tecnologie: integrando nuovi strumenti digitali possiamo ottenere benefici sanitari e contemporaneamente ridurre le diseguaglianze e mitigare gli effetti del cambiamento climatico».
NOI E L’AMBIENTE
La sfida della sostenibilità più grande rimane quella ambientale ed energetica: secondo un sondaggio Ipsos svolto a fine febbraio, per il 71% degli italiani il cambiamento climatico è un problema pari alla pandemia, ma più intensi sono gli effetti del virus, più il problema ambientale passa in secondo piano.
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