Beyond, la (lunga) storia dietro il logo della missione dell'astronauta Luca Parmitano

Luca Parmitano e lo studio per il logo della missione Beyond
di Paolo Ricci Bitti
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Venerdì 28 Settembre 2018, 01:32 - Ultimo aggiornamento: 29 Settembre, 20:29

Una storia nella storia, come raramente capita di ascoltare e vedere. Nome e logo delle missioni spaziali sono da sempre (vabbeh, dalla fine degli anni Cinquanta) oggetto di studi approfonditi, confronti e scontri, di battaglie di idee anche cervellotiche perché poi in quel marchio va riassunto lo spirito dell'impresa da comunicare in un lampo e da consegnare alla Storia sin qui vissuta in prima persona da appena 556 fra astronauti, cosmonauti e taikonauti. Un processo, quello che porta al logo finale, che resta solitamente confinato dietro le quinte delle missioni. E ogni logo ha i suoi estimatori e i suoi detrattori.

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Ecco allora che l'astronauta dell'Agenzia spaziale europea e dell'Agenzia spaziale italiana Luca Parmitano in mattinata racconta nell'affollata sala convegni dell'Esa Esrin di Frascati come in lui sono nati il titolo - bellissimo - della sua seconda mIssione (Beyond, oltre) e il disegno che racchiude in un casco da astronauta il riflesso dell'Europa e della stazione spaziale internazionale e poi, sulla sfondo, la Luna e Marte. Semplice e immediato ma di grande effetto e altrettanta eleganza: una sorta di manifesto programmatico delle prossime attività spaziali dell'Umanità. Poi però nell'intervallo per un caffé e un tramezzino la sorpresa riservata, spontaneamente, a un gruppetto di suiveurs nella piccola sala stampa al primo piano degli uffici dell'Esa: lo stesso astroLuca squaderna volentieri (da un bel libretto e persino dalla Galleria del suo smartphone) la lunga Genesi che ha portato, di versione in versione (molte versioni) al risultato finale con l'aiuto determinante dell'olandese Karen Oldenburg, giovane e immaginifica graphic designer dell'Agenzia spaziale europea, anch'ella ieri a Frascati e gratificata in mattinata da un applauso "chiamato" da Parmitano. 
 

 


Si scopre così che l'astronauta catanese dotato di astuccio matite, pennarelli, forbici e coccoina probabilmente presi in prestito dalle figlie Sara e Maia ("Ma non mi definirei mai un artista", chiosa) aveva inizialmente proposto un logo con un guanto da astronauta che alla fine si è perso nelle profondità siderale delle versioni, sostituito da un casco da tuta per le passeggiate spaziali che incornicia il tutto.

E che nel progetto è stata per un certo periodo infilata - raffinata citazione - anche la prima vista della Terra dall'orbita lunare, ovvero la celeberrima foto Earthrise (Terra crescente) scattata esattamente 50 anni fa da William Anders, dell'equipaggio dell'Apollo 8, emozionato di quell'alba del suo pianeta da dietro la Luna. 

E anche che in una fase intermedia Karen aveva insistito, con qualche ragione, sull'inserimento del profilo di un viso di un astronauta che somigliava parecchio al "nostro". Ipotesi suggestiva e di buon effetto bocciata però dal catanese che non ha voluto "personalizzare" il logo dedicato alla coralità proverbiale di una missione spaziale. E poi la forma della patch (tonda classica, a tronco di di cono come la capsula della Sojuz, con la visiera del casco interna o con la visiera esterna). Insomma, quanto lavoro non beyond, ma dietro a quel logo. E chissà se piacerà al robot Cimon dotato di intelligenza artificiale che accompagnerà la missione di astroLuca dal luglio dell'anno prossimo.

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