IL MECCANISMO
Un meccanismo ovviamente complesso in cui sensoristica ed automazione la fanno da padroni. «Ma solo in questo modo possiamo garantire un prodotto con proprietà di eccellenza, neppure sfiorato da alcun tipo di chimica e, soprattutto, che sarà toccato esclusivamente dal consumatore». Nel pacchetto comprato al supermercato in pratica, c’è solo insalata. Null’altro. «Inoltre la cosa più importante, è che in questo modo il sapore è eccezionale» al punto che, con orgoglio, Benatoff non nasconde di star lavorando a delle partnership con alcuni tra i migliori chef del Paese. «È un prodotto di altissima qualità che potrebbe addirittura non essere lavato e si mantiene sempre fresco al consumo - dice invece Gabriella Funaro, ricercatrice Enea che si occupa di vertical farm sin da Expo 2015 - L’insalata ad esempio nel momento in cui viene recisa nei campi per arrivare sul mercato, inizia a morire. Noi invece la raccogliamo con la zollettina di torba e la confezioniamo così, in modo che resti viva fino all’utilizzo».
LE PREROGATIVE
Queste prerogative però hanno un costo, legato soprattutto all’illuminazione.
Vale a dire che «il prezzo di un cespo di insalata è lo stesso di quella in busta» che troviamo nella grande distribuzione ma con caratteristiche qualitative e gusto migliori. «È anche un discorso di sensibilizzazione del consumatore - aggiunge Funaro - capire davvero cosa si mangia». La qualità in questo caso «è maggiore del bio, anche se non possiamo etichettare i prodotti come biologici perché non esiste una normativa né italiana né europea, ma stiamo vincendo lo scetticismo». Complici inquinamento e cambiamenti climatici infatti, i benefici dell’agricoltura 4.0 sono sempre più evidenti. Al di là della qualità offerta, le vertical farm non solo permettono di non sfruttare suolo e risparmiare il 97% di acqua - il che ha attratto molti fondi dai ricchi emiri mediorientali - ma anche di raddoppiare il rendimento produttivo. «Non solo, possono anche riqualificare il patrimonio dismesso delle vecchie fabbriche» dice la ricercatrice. Il sistema sviluppato da Enea infatti, si chiama Arkeofarm ed è contenuto all’interno di container che «possono essere inseriti ovunque per dare una seconda possibilità a queste strutture e all’uomo». E c’è da crederci se, quasi mutuando la visione di Bill Gates che negli anni ’80 voleva portare un computer in ogni casa, ad investirci ci sono i grandi nomi della tecnologia. Non a caso il patron di Amazon Jeff Bezos e il presidente di Alphabet (Google) Eric Schmidt, sono dietro al progetto di smart farming più grande in assoluto (la startup Plenty) con il sogno di portare «una fattoria verticale in ogni città del mondo».
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