Morto Luca Ronconi, una vita per la sperimentazione

Morto Luca Ronconi, una vita per la sperimentazione
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Sabato 21 Febbraio 2015, 21:57 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 09:29

Addio a Luca Ronconi. Il regista è morto questa sera al Policlinico di Milano dove era ricoverato da alcuni giorni. Nato l'8 marzo 1933 in Tunisia, avrebbe compiuto fra pochi giorni 82 anni.

Il nome di Ronconi è sinonimo di teatro. Solo di Giorgio Strehler e di Luigi Squarzina si può dire lo stesso, ma con una differenza: Ronconi oltre che un supremo interprete è stato un formidabile sperimentatore e basterebbe ricordare il torrente di invenzioni «dell'Orlando furioso» per convincersene.

La vita di Ronconi può essere raccontata elencando i cento e più spettacoli, i tanti attori incontrati in palcoscenico, gli allievi. Dapprima e per pochi anni Ronconi si pensava attore; infatti si diploma al corso di recitazione dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica di Roma nel 1953. Esordisce subito dopo in «Tre quarti di luna» di Luigi Squarzina, diretto dallo stesso Squarzina e da Vittorio Gassman. In seguito recita con altri registi importanti, come Michelangelo Antonioni. A trenta anni, la sua carriera sembrava avviata verso un abile mestiere sostenuto da una buona tecnica e da una gradevole presenza scenica.

Ma ecco che, quasi per caso inizia a lavorare come regista nel 1963, con la compagnia di Corrado Pani e Gianmaria Volontè, e negli anni successivi si fa notare come esponente dell'avanguardia

teatrale, fino ad arrivare alla fama nel 1969 con «l'Orlando furioso» di Ariosto, nella versione di Edoardo Sanguineti con scenografia di Uberto Bertacca. Nato come fatto sperimentale nella chiesa di San Nicolò al Festival di Spoleto, lo spettacolo gli regalerà fama nazionale e all'estero.

Tra i suoi lavori più celebri ci sono anche l'Orestea di Eschilo (1972), Il pappagallo verde di Schnitzler (1978), Ignorabimus di Holz (1986), Mirra di Alfieri (1988), Strano interludio di ÒNeill (1989), Gli ultimi giorni dell'umanità di Kraus (1990), Re Lear (1994).

Dal 1975 (Valchiria di Wagner) è stato anche regista lirico (Orfeo e Euridice di Gluck, Fetonte di Jommelli, Lo zar Saltan di Rimskij-Korsakov; Viaggio a Reims di Rossini; L'Europa riconosciuta di Salieri; Falstaff di Verdi; Turandot di Puccini).

Nel 1977 ha avviato il Laboratorio sperimentale di Prato, poi alla fine degli anni '80 divena direttore del Teatro Stabile di Torino. Dal 1994 al '98 è direttore artistico del Teatro di Roma, poi nel 1999 passa al Piccolo Teatro di Milano, dove ha messo in scena, tra l'altro, La vita è sogno (2000), allestimento del dramma di C. de la Barca, e Peccato che fosse puttana (2003) di J. Ford.

In occasione delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 ha ideato e diretto, in collab. con W. Le Moli, il Progetto Domani, composto di cinque spettacoli che, attraverso il teatro, hanno esplorato temi universali della storia, della politica e della guerra (Troilo e Cressida; Trilogia della guerra; Lo specchio del diavolo; Il silenzio dei comunisti; Biblioetica). Del 2007 è invece il Progetto Odissea doppio ritorno, dittico comprendente Itaca di B. Strauss e L'antro delle ninfe da Omero a Porfirio, mentre negli anni successivi ha firmato le regie di La compagnia degli uomini (2010) di E. Bond, La modestia (2011) di R. Spregelburd, Sei personaggi in cerca d'autore (2012) di L. Pirandello, Pornografia di W. Gombrowicz (2013), Danza macabra di A. Strindberg (2014), queste ultime quattro rappresentate al Festival dei Due Mondi di Spoleto.

Lehman Trilogy è stato l'ultimo spettacolo firmato da Ronconi, in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano dal 29 gennaio scorso al prossimo 15 marzo. La saga della famiglia Lehman, dall'arrivo in America al crack finanziario del 2008, era stata divisa in due parti autonome: Tre Fratelli e Padri e figli. Ma a dispetto di una durata complessiva di quattro ore e mezza, Lehman Trilogy non è un kolossal teatrale, come avevano voluto precisare lo stesso Ronconi. Piuttosto - secondo la definizione del regista - si tratta di una ballata epica che parte dall'11 settembre 1844 con l'arrivo in Alabama dalla Baviera di Henry Lehman. «Nei Lehman si verifica un meticciato culturale delle forme di arricchimento - aveva spiegato il regista - e forse nell'abbandono delle radici sta la loro predestinazione al fallimento».

Lehman Trilogy era stato un ritorno all'argomento economico dopo La compagnia degli uomini, per Ronconi, che aveva avuto un ultimo pensiero per il suo pubblico: «Mi piace pensare allo spettatore -

aveva detto il regista - come lettore, presto ritornerà l'esigenza di un teatro di parola».

«Domani sulla facciata del Teatro alla Scala la bandiera sarà esposta a mezz'asta». È quanto annuncia lo stesso teatro milanese in un comunicato diffuso nella tarda serata di sabato, rivolgendo «un pensiero affettuoso agli amici del Piccolo Teatro in questo momento di lutto». «Luca Ronconi è stato una delle figure principali del teatro europeo. Alla Scala - ricorda la nota - ha realizzato 25 titoli d'opera dal 1974 al 2009 con tutti i musicisti più significativi, da Claudio Abbado, Riccardo Muti e Riccardo Chailly a maestri come Pretre, Ozawa, Sinopoli, contribuendo in maniera determinante alla formazione dell'identità stessa del Teatro».

«Ci ha lasciato Luca Ronconi. Per più di cinquant'anni un Grande del teatro che ha innovato con coraggio e passione», ha scritto su twitter Dario Franceschini ministro dei Beni culturali. Il teatro «perde oggi un suo grande protagonista», ha poi aggiunto Franceschini. «È un triste giorno per il teatro italiano - dice il ministro - la scomparsa di Ronconi ci priva di un artista riconosciuto in tutto il mondo, che ha saputo portare sulla scena, con fantasia e rigore, i grandi classici teatrali, della lirica e della letteratura italiana. Con lui se ne va un intellettuale lucido, che ha saputo interpretare al meglio il proprio talento e non ha mai smesso di sperimentare ed innovare. Il teatro perde oggi un suo grande protagonista».