Match a tempo, addio ai “15” e card abilità: ecco la new age della racchetta

Match a tempo, addio ai “15” e card abilità: ecco la new age della racchetta
di Piero Valesio
3 Minuti di Lettura
Martedì 25 Maggio 2021, 07:30

Nel suo romanzo “Terra!” Stefano Benni immaginò un videogioco. Di quelli che nei bar stazionavano dove oggi ci sono le slot machine. Era una sorta di Space Invaders dove il giocatore doveva distruggere dei meteoriti. Se però il malcapitato non riusciva a distruggere il più pericoloso si apriva una botola sopra di lui e dei massi veri gli piombavano addosso ponendo fine alla sua vita di giocatore e alla sua vita, punto.
Cosa c’entra Benni con UTS, al secolo “Ultimate Tennis Showdown”, il torneo creato da Patrick Mouratoglou che si concluderà oggi in Costa Azzurra? UTS è l’equivalente della botola che si apriva sulla testa del giocatore: è la rottura del confine, talvolta labile, fra finzione e realtà. Anzi: UTS è il punto in cui il videogioco diventa LA realtà. Funziona così. Ci sono otto top player (Bublik, Schwarzman, Fognini, Dimitrov, Medvedev, Moutet, Fritz e Garin) nominati solo con soprannomi in salsa wrestling: The Chessmaster, The Tornado, Fogna (senza l’articolo). Ogni partita è strutturata in quattro blocchi di otto minuti l’uno; vince chi, alla scadenza del tempo, ha più punti. Addio quindici-trenta-quaranta: i punti sono uno-due-tre. S’impone chi conquista più blocchi. Se si è pari se ne gioca un quinto dove il primo che conquista due punti di fila vince il match. E a quel punto i lettori di Benni si aspettano che sotto i piedi del perdente si apra una botola che lo inghiotte. Niente riscaldamento, niente pause: i due entrano e pronti-via giocano servendo due volte a testa. Per capirci qualcosa bisogna tenere gli occhi fissi sulla grafica; e che di conseguenza si segua poco cosa succede in campo appare, agli amanti del mood dei tempi, marginale.
Ma la vera frattura col passato arriva dalle cards.

A ogni inizio di quarto ogni giocatore ne dispone di due o tre a testa. Decide un algoritmo (e te pareva). 

CARD ABILITÀ
Cosa c’azzeccano le cards col tennis? E che cavolo, vivete nel Mesozoico se non lo capite. Esempi sparsi: se il giocatore “A” butta sul tavolo la carta “Serve and volley”, il giocatore “B” deve scendere a rete seguendo il servizio (dimenticavo: la seconda di servizio è abolita, morta come la pietà). Se non lo fa perde il punto (e dal cielo un lampo lo arrostisce). Oppure c’è la cards “Vinci in tre colpi max”. Se l’avversario di colpi ne esegue quattro, perde il punto e scegliete voi quale sarà la sua pena capitale. Pensate voi che magra fine avrebbero Ferrero e Berasategui, tanto per citarne due.
Dopo cinque minuti di UTS uno spettatore più avvezzo ai tempi di Nadal che si sprimaccia il naso e si stacca la mutanda dal sedere prima di servire, dovrebbe essere autorizzato a chiedere l’intervento dei sanitari con subitanea iniezione di Lexotan. Il businessman Mouratoglou, che si pone ormai come il guru della new age del tennis (sai quanto ride di Atp che discute della musica ai cambi campo) sostiene che i ragazzi mentalmente ricettivi solo a impulsi che non richiedano una concentrazione superiore ai cinque secondi, saranno i primi a comprendere il valore di uno show del genere. Ai più agèe verrà da parafrasare lo slogan con cui Daniele Luttazzi introduceva il suo telegiornale satirico in “Mai dire gol”: «Questa partita di tennis va in scena in forma ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali». Di qualcuno, almeno.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA