Travaglia, una favola che può ispirare anche Sinner: viaggio nel derby di Melbourne

Travaglia, una favola che può ispirare anche Sinner: viaggio nel derby di Melbourne
di Piero Valesio
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Domenica 7 Febbraio 2021, 00:30

Francesca Jones è inglese. Aveva dieci anni quando Stefano Travaglia, Steto per gli amici, visse uno di quei momenti della vita che ti arrivano addosso come un tram guidato da un macchinista distratto. Un tranquillo pomeriggio diventa la porta degli inferi. La storia è nota. Anno 2011: Travaglia era a casa sua, cascò delle scale e il suo braccio spaccò una finestra di vetro. Peccato che uno spunzone di quel vetro rotto gli squarciò polso e avambraccio, lesionandogli nervo e tendine. Per mesi tre dita della mano destra non diedero quasi segni di vita. A tutto poteva pensare dieci anni fa Travaglia tranne che tornare a essere un tennista professionista e men che meno di arrivare a giocare una finale di un 250 Atp. Invece è successo: ed è da questo evento che la britannica Jones, affetta da una malformazione genetica che la fa stare al mondo con quattro dita per mano (un pollice e tre dita), tre dita attaccate al piede destro e quattro nel sinistro, forse trarrà ulteriore energia per giocare, clamorosamente, nel tabellone principale dell’ Open australiano. Se qualcuno dovesse raccontarglielo, ovvio. 


FASCIO DI LUCE
Travaglia merita oggi un fascio di luce più forte rispetto agli altri azzurri che stanno furoreggiando in questi primi giorni della stagione. Perché riveste il ruolo di punto di contatto fra ciò che è stato prima nel tennis italiano e il futuro prossimo che sta diventando presente. Il fatto che sia arrivato in finale al torneo di Melbourne pre-Open contro Jannik Sinner è un messaggio chiaro per tutti i suoi colleghi, non solo per l’ottima Jones. Non puoi mai sapere che succede nella vita, figuriamoci nel tennis che della vita è un diabolico paradigma. Quindi cari Sinner, Musetti e giovine compagnia seminate tanto quando le condizioni lo permettono. Perché poi magari non caschi dalle scale e ti devono ricucire un braccio in stile Terminator: ma arriva sempre un momento in cui le certezze vanno a farsi benedire e devi ricominciare.

È oggettivamente difficile che nella tarda mattinata di domani Jannick Sinner quando affronterà la testa di serie numero 11, il canadese Shapovalov, nel primo turno degli AO penserà alle discese ardite e alle risalite che la vita gli proporrà. Però sta camminando sulla strada di quella consapevolezza. Ne è riprova il fatto che il nostro si esprima così: «Mi sono allenato due settimane con Nadal: non potrò mai ringraziarlo abbastanza: per un ragazzo di 19 anni che c’è di meglio che lavorare con uno che ha vinto 20 titoli dello Slam? Per me è più importante allenarmi e imparare che giocare partite». Capito? Tutti vogliono Jannik, tutti nutrono in lui la speranza espressa di vederlo sul tetto del mondo ma lui pensa a imparare. Merito dei suoi genitori, di Massimo Sartori, di Riccardo Piatti e di tutti quelli che di lui e della sua crescita (non solo tennistica) si stanno occupando da anni a Bordighera: ma merito anche della sua testa che è capace di guardare avanti e capire che assorbire sapienza tennistica da Rafa (oltre che abituarsi ai letali rimbalzi del suoi colpi) può essere l’esperienza che davvero ti fa arrivare lontano. Vincerà domattina contro Shapo? Perderà? Tutto sommato poco importa. Perché siamo all’inizio. E la parabola tennistica di Steto Travaglia ci dice che conta più mettere fieno in cascina che raccogliere tutto il possibile. Oggi almeno. Per la cronaca: Travaglia esordirà contro Frances Tiafoe domattina alle sette italiane. Partita da vedere. E, sempre la cronaca, la Jones giocherà probabilmente domani contro Shelby Rogers. Forse il match che vale più di tutti, al di là del tifo nazionale. Per lei, certo; ma non solo.
 

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