Pietrangeli: «Berrettini usi servizio e diritto per "punire" Hurkacz»

Pietrangeli: «Berrettini usi servizio e diritto per "punire" Hurkacz»
di Piero Valesio
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Venerdì 9 Luglio 2021, 07:30

Oggi quando in Italia saranno le 14.30 Matteo Berrettini entrerà sul centrale di Wimbledon per giocare la prima delle due semifinali dei Championships affrontando Hubert Hurkacz. Un italiano in semifinale: un evento che non si verificava da 61 anni. Da quando Nicola Pietrangeli, allora fresco vincitore di Parigi, si arrese a Rod Laver. Nella seconda semifinale Novak Djokovic affronterà Denis Shapovalov.
Pietrangeli, c’è Berrettini in semifinale a Wimbledon.
«E che, non lo so? Sono felicissimo per lui. Gran bravo ragazzo, ottima famiglia».
Nel 1960 c’era lei al suo posto.
«Contro Rod Laver. Di quella partita ricordo soprattutto un nastro. Ero avanti due set a uno, arrivo a palla break: la mia palla picchia sul nastro e poi torna indietro. Poi ha vinto lui al quinto».
Avete mai ricordato insieme quel match?
«Certo. Poi a Wimbledon ci siamo incontrati anche un’altra volta otto anni dopo. Ma io ero già quasi un ex. Scesi in campo e gli dissi: oh, tira piano…».
A proposito di tirare piano: che deve fare Matteo contro Hurkacz?
«Continuare a essere ciò che è. Ovvero: utilizzare al meglio il suo servizio che è un’arma impropria. E poi il resto verrà da sé anche perché pure il suo dritto fa male. Per lui gli altri colpi sono complementari. E poi il suo avversario dovrà pagare una colpa gravissima».
Quale?
«Non si può dare 6-0 a Federer sul Centrale di Wimbledon. Non si può. Un game doveva concederglielo, così come si concede l’onore delle armi. Io l’avrei fatto ma appartengo ad un’altra epoca: ai miei tempi ci si comportava così. Ora invece tutto è cambiato. Ho letto un’intervista a Nadal tempo fa: aveva lasciato un game su tre set ad uno che è noto per essere suo amico. L’intervistatore ha osservato: meno male che era un tuo amico. E lui: in campo io di amici non ne ho. Ecco».
Ma come ha fatto Berrettini a diventare Berrettini?
«Tanto lavoro e un coach, Vincenzo Santopadre, che secondo me è stato bravo nel far restare Matteo con i piedi per terra. Ne ho visti tanti che appena vincono qualche partita progettano di comprarsi una Ferrari, oppure la comprano proprio. Berrettini costruisce ogni giorno la sua fortuna e se poi guadagna tanto buon per lui. Anche io avrei guadagnato di più se quella palla contro Laver fosse andata al di là della rete invece di tornare indietro. Ma nella vita non bisogna mai guardarsi troppo alle spalle. Fa male. Certo un po’ più di memoria da parte di tutti non farebbe male».
Chissà in quanti le hanno chiesto cosa si prova in un passaggio storico così.
«Una marea di persone. Ma non tutti sanno bene con chi stanno parlando, io ho vinto in carriera qualcosa come quarantaquattro tornei. Quarantaquattro! Ma a volte di fronte c’è qualcuno che mi guarda e non si rende conto di cosa sono stati la mia carriera e la mia vita. Mica ero un ragazzo di belle speranze, 61 anni fa. Ero già affermato. Quando mi rendo conto di avere di fronte qualcuno che non sa di cosa parla gli domando: scusi lei sa chi era Jaroslav Drobny (campione nato nella allora Cechia, vincitore di Wimbledon nel ’54 ndr)? Se la risposta è no gli consiglio di studiare. Una volta non era così».
E come era?
«Ricordo una sera a cena con Fred Perry. Persona piacevolissima ma quando parlava, io che ero già Pietrangeli, ascoltavo e imparavo. Ora quell’atteggiamento si è un po’ perso».
Sinner non andrà alle Olimpiadi.
«Brutto gesto. Ci ha perso sia lui sia quelli che l’hanno consigliato in tal senso».
Pietrangeli, è in partenza per Londra?
«Assolutamente no”.
Perché? Lei è o non è “l’ambasciatore del tennis italiano nel mondo?
«Nessuno mi ha invitato.

E nessuno mi ha detto di andarci. Diciamo che forse proprio io avrei dovuto esserci, in questi giorni a Wimbledon. Forse».

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