Due su due. Due finali importanti e due titoli, il 24 luglio contro Carlos Alcaraz, attuale numero 1 del mondo, sulla terra di Amburgo, e 3 mesi dopo contro il capo-squadra del dream team di Davis, Matteo Berrettini, nell'inedita sfida tutta italiana per assegnare il torneo sul cemento di Napoli. Ad appena 20 anni Lorenzo Musetti è più Magnifico che mai, col suo gioco champagne che, da due mesi in qua, poggia su basi sempre più solide (servizio, risposta e colpi da fondo), senza costringerlo a rischi eccessivi col magico rovescio a una mano, esaltando la sua straordinaria creatività. Una dote abbagliante che l'avvicina, come prospetto a Roger Federer, per la facilità con cui il carrarino perfeziona esecuzioni molto difficili ed inventa con eleganza un tennis unico. Siglando il sesto successo stagionale dell'Italia maschile, nella settima finale di sempre tutta italiana.
SOGNO
Dopo due semifinali consecutive, a Sofia e Firenze, Musetti ha vissuto un'altra super-settimana, perdendo una sola volta il servizio (contro Kecmanovic) e mostrando una maturità impressionante per chi a metà giugno era numero 71 del mondo e, oggi, da neo 23, derubrica in fretta l'impresa: «All'inizio eravamo tutti e due tesi, è sempre difficile giocare contro un amico, qualcuno come Matteo col quale mi sono allenato anche qui a Napoli che è un modello anche come persona, fuori dal campo, per noi più giovani della grande squadra di Davis.
Onore anche allo sfortunato Berrettini, sempre assillato dai problemi fisici, che getta nella contesa tutta l'anima, l'esperienza e la malizia per mandare fuori giri la Formula 1 che coach Tartarini ha messo a punto. Così, nel primo set resiste a 4 palle break, corre e ansima, pur col quel piede sinistro che sfrega sul cemento facendolo dannare sempre più, ed arriva al tie-break. Ma, perso quello per le gran risposte di Matteo, alza bandiera bianca, sconsolato e frustrato come tanti altri avversari di Musetti di questi tempi, e cede 6-2. «Sul 4-2 ho sentito una fitta e il piede mi fa proprio male, vediamo se posso giocare a Basilea, sennò giocherò Parigi, sennò vediamo. Ho avuto momenti durante la stagione che volevo mollare il tennis ma ho vinto lo sconforto e ho reagito. Perciò in semifinale non mi sono ritirato e ho voluto giocare la finale, che Lorenzo ha vinto con pieno merito: la partita era già avviata. Gli infortuni sono dettagli della carriera che volevo, di quello che amo fare. Devo andare avanti e non mollare. Perché ancora una volta ho dimostrato, con le 4 finali stagionali, che appartengo a questo livello. Eppoi Napoli col suo calore unico meritava una finale tutta italiana con un livello tecnico alto». Esempi del Rinascimento italiano.