Tennis, Musetti show: l'esplosione messicana del talento puro in stile Federer

Musetti
di Piero Valesio
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Venerdì 19 Marzo 2021, 07:30

E se fosse toccato a noi? Da anni ci si interroga più o meno a bassa voce: quale Paese avrà l’onore e l’onere di tenere a battesimo uno che giochi più o meno come quello svizzero, avete presente? Sì, lui. Perché è chiaro che a un talento come quello importa zero dei confini: trova casa dove gli pare. Basti ricordare che lo sciatore più entusiasmante della storia, Alberto Tomba, nacque in pianura, a Bologna: e imparò a sciare sulla collina di San Luca che non è esattamente il K2.
Se un tale unto del Signore fosse davvero nato da noi dunque? Caricare sulle spalle di Lorenzo Musetti sarebbe un reato. Però, però. Il buon Lorenzo ha concentrato su di sé le luci della ribalta grazie a quanto sta combinando ad Acapulco dove, dopo aver vinto tre match nelle qualificazioni, ha battuto prima Schwartzman (9 al mondo) e poi Frances Tiafoe. Entrambi al terzo set dopo lotte durissime e allontanando così da sé alcune perplessità che avevano accompagnato il suo inizio di stagione.
Ma l’elemento che può portare qualche bonario scriteriato a porsi l’interrogativo di cui sopra è lo stile di gioco di Musetti e soprattutto chi è, da dove proviene e come vive. 
LE ORIGINI
Lorenzo non arriva al tennis muovendo da una qualche famiglia agiata: da buon carrarese il padre era operaio in una cava di marmo e il tennis ha iniziato a praticarlo contro un muro della casa della nonna. E come tutti quelli che iniziano da soli contro un muro ha sviluppato uno stile semplice. Vogliamo dire naturale? E diciamolo. Rovescio a un mano e deliziosamente anticipato (se no la palla, mentre si gioca contro il muro, scappa via). Diritto prima piatto, poi giocato con la testa della racchetta bassa in modo che la palla non passi troppo vicina al nastro. E poi tocco, mano. La rete che non è un terra misteriosa dove si nascondono mostri spaventosi.
A La Spezia Simone Tartarini, il suo mentore e coach (per molti versi con un ruolo umano sovrapponibile a quello di Vincenzo Santopadre per Matteo Berrettini) ha un’idea luminosa: non stravolgere gli istinti naturali di Lorenzo, non forzarne la crescita fisica. Non tenerlo nella bambagia ma accettare di buon grado, ad esempio, i frequenti inviti di Patrick Mouratoglou nel suo centro tutt’altro che cupo di Antibes, vicino a Montecarlo dove Lorenzo ora vive. Respirare la stessa aria di Serena male non può fare, anzi.
TOP 100
Il risultato è che Lorenzo oggi è a ridosso dei primi cento giocatori del mondo, nella notte italiana ha sfidato Grigor Dimitrov; è numero 38 della classifica Race (quella che tiene conto dei soli risultati dell’anno in corso) e soprattutto guardandolo si è autorizzati a porsi il domandone di cui sopra.
Se Sinner è certamente più avanti di lui nella crescita e nella consapevolezza di sé, Lorenzo ha confidenza con altre armi. Il suo è un tennis che sanremescamente potremmo definire leggerissimo; ma non nel senso che i suoi colpi non fanno male. Solo trasuda calma e classe prima che potenza. 
LEGGERO MA NON INEFFICACE
La leggerezza non è per forza sinonimo di inefficacia. Il suo è un tennis che arriva da lontano, pur avendo i crismi della nostra epoca. Non c’entra nulla con un Dolgopolov, un Feliciano Lopez, un Fabrice Santoro, tanto per citarne tre il cui tennis era arricchito da movenze personali che li hanno reso celebri e che non facevano parte del manuale riservato a chi pena che tutto si risolva tirando più forte degli altri.
C’entra invece qualcosa con il grande svizzero.

Qualcosa. Eleganza e talento ci sono. Potenza mascherata da leggerezza? C’è anche quella. C’è ancora tanto da lavorare per portare tutto questo a essere produttivo ad altissimi livelli e far sì che quella leggerezza non si sdilinquisca nel manierismo. Ma perché ci dobbiamo pensare oggi?

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