Massari, il mental coach di Berrettini: «Matteo non scende più all'inferno, ora sa accettarsi»

Massari, il mental coach di Berrettini: «Matteo non scende più all'inferno, ora sa accettarsi»
di Vincenzo Martucci
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Mercoledì 29 Dicembre 2021, 00:34

Matteo Berrettini è appena sbarcato in Australia. Il suo preparatore mentale, Stefano Massari, ci parla delle nuove sfide del numero 7 del mondo azzurro. 
Come sta il suo cliente/amico?
«È abbastanza tranquillo e fiducioso, ma ha passato giorni stressanti: in Florida, dove si è allenato, proteggersi dal Covid non è stato facile. È anche giusto così: non può e non vuole vivere in una gabbia dorata».
L’incitamento a Matteo di coach Vincenzo Santopadre è “Scialla”, falla facile.
«Fa parte più della storia di Vincenzo che di quella di Matteo, che è un essere complesso, con una intelligenza particolare: un ragazzo con quel livello di densità avrà sempre a che fare con tanti pensieri e tensioni. Però, certo, deve imparare a conviverci».
Contro Aliassime, a Wimbledon, sembrava avesse imparato, invece a Torino…
«Alle Atp Finals la tensione ha influito. Matteo sta imparando sempre più a gestirla. Agli US Open aveva reagito bene, senza parlarsi addosso nei momenti di difficoltà. Contro Zverev a Torino, stava cercando di rimanere focalizzato: non brontolava, non era così severo con se stesso. Deve vivere così i match».
La negatività che a volte produce si traduce in irrigidimento muscolare e contribuisce a nuovi infortuni.
«Ho una grande considerazione di Matteo: è una persona adulta, sa quello che gli succede, a volte se ne accorge in tempo, altre no. Sa anche che cosa dovrebbe fare, con quali pensieri e quali atteggiamenti aiutarsi per superare quei momenti. Deve solo decidere se vuole cercare di uscirne, o restarci dentro».
Novak Djokovic ci si immerge apposta.
«Penso anch’io che ne sia consapevole. È talmente allenato a certe situazioni che sa quando far scattare quella voce rabbiosa e quello stato d’animo: usa le emozioni, le gestisce».
Berrettini ci si ritrova, e soffre.
«In passato Matteo, per stare bene, era quasi costretto a passare attraverso le Forche Caudine, come se dovesse per forza soffrire per poi recuperare il controllo. Ora ha accorciato il percorso, non deve più arrivare all’inferno e quindi può sprecare meno energie. Sta imparando ad accettarsi a godersi di più se stesso, a concedersi delle pause per rigenerarsi».
Non aiuterebbe usare di più l’istinto?
«Può dargli una grossa mano quando la situazione generale, di fisico e di gioco, è buona. Allora può lasciarsi andare, pensare di meno, e arrivare al famoso “Scialla!” di coach Santopadre. Al Queen’s e a Wimbledon c’è riuscito».
Che libro si porta in Australia l’introspettivo Berrettini?
«Acab” di Carlo Bonini. Un misto tra narrativa e giornalismo: racconta storie scomode, difficili, che è opportuno conoscere».
A quale hobby si sta dedicando Matteo? 
«Nei lunghi viaggi, scrive un diario della coscienza, dell’anima: riflessioni vibranti, pensieri di approfondimento, emozioni che divengono sentimenti. È dotato anche nella scrittura».
Berrettini somiglia tanto a Juan Martin Del Potro.
«È vero, un corpo possente, forte e insieme fragile. La capacità di perseverare, di gestire le difficoltà e di uscirne fuori anche migliori. Questo dà grande consapevolezza di sé».
 

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