PASIONARIA DELLA RACCHETTA
Di lei si è detto tutto e il contrario di tutto. Nessuno potrà mai toglierle un primato: è stata la prima tennista italiana a conquistare un titolo femminile dello Slam al Roland Garros nel 2010. Ed è l'azzurra a vantare la miglior classifica nell'era open: n.4. Il suo 2015 non è stato granché: solo due quarti ad Anversa e Istanbul. Poi tante sconfitte che l'hanno spinta fuori delle top 100 per la prima volta dopo 15 anni. Neppure la splendida maratona nella sua Parigi contro la Kuznetsova (10-8 al terzo set), remake dell'indimenticabile sfida del 2011 a Melbourne, quando sconfisse la russa 16-14 al terzo dopo 4 ore e 44 minuti e 6 match point annullati (l'incontro più lungo della storia del tennis femminile), le ha evitato di chiudere la stagione al n.114 del ranking. Per raggiungere il n.104, ultima posizione utile per entrare di diritto nel tabellone principale degli Australian Open, ha provato a giocare a metà novembre un torneo minore a Limoges. Avrebbe dovuto vincere, si è fermata in semifinale. Francesca, però, vuole farcela a tutti i costi: il 18 gennaio vuole essere a Melbourne e giocare il 62esimo Slam di fila.
UN PRIMATO DA INSEGUIRE
L'obiettivo è raggiungere la giapponese Ai Sugiyama e poi superarla al Roland Garros in primavera: lì è nato il suo mito, lì il cerchio si chiuderebbe. Tra i giocatori in attività solo Roger Federer è più avanti a quota 64. «Non so quanti farebbero le mie stesse scelte - dice - affrontare un torneo da 100mila dollari, mettersi lo zainetto in spalla e giocare le qualificazioni di uno Slam davanti a dieci persone... Tocchi il cielo, ma vivi anche questo». Sa che c'è un solo modo per riuscire nell'impresa: vincere i tre durissimi turni di qualificazione del primo major del 2016 battendo rivali assatanate, che spesso hanno la metà dei suoi anni e che senza alcun timore reverenziale le rubacchiano anche qualche punto, come è accaduto di recente a Limoges contro la 19enne americana Chirico.
IL SEGRETO
E' dentro di lei, è quel sacro fuoco che si chiama motivazione. «Non è un numero o la classifica che fanno la differenza, la differenza la faccio io nel momento in cui mi emoziono. Realizzato un sogno devi essere capace di trovarne un altro». Per farlo ha scelto il Brasile: laggiù, con 35 gradi all'ombra, la Schiavone lotta per ritrovare se stessa, per rinascere. «Quando entro nei campi più importanti ancora godo, per questo vado avanti. Le emozioni, i punti spettacolari, il pubblico che ti applaude… A 5 anni dalla mia vittoria al Roland Garros ho capito che queste cose mi danno gioia. Sono sensazioni meravigliose, di cui prima non mi accorgevo». Ora le resta da scrivere un'ultima pagina, forse la più bella.
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