Berrettini riscrive la storia: primo italiano in finale a Wimbledon

Berrettini riscrive la storia: primo italiano in finale a Wimbledon
di Piero Valesio
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Sabato 10 Luglio 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 11 Luglio, 14:34

Nella notte di Capodanno dell’anno domini 1894, a Roma, il conte Gino De Martino aveva una scommessa da vincere: lanciarsi nel Tevere a bordo di una bicicletta. Gli stupefatti astanti lo videro posizionare una passerella di legno dalla riva e lanciarsi nelle acque con la stessa eleganza con cui eseguiva il dritto sui campi da tennis, compresi quelli nei pressi di Porta Pia. Nel 1911, giusto centodieci anni fa, il conte fu il primo italiano a giocare a Wimbledon: le cronache riferiscono che fu eliminato al primo turno e che a fine anno si ritirò. Centodieci anni dopo Matteo Berrettini, su quella stessa erba, ha conquistato l’accesso alla finale di tennis più importante del pianeta, primo nostro connazionale a riuscirci. E se si scrutano con attenzione le foto in bianco e nero che ritraggono il conte non si può fare a meno di cogliere una certa somiglianza, fra i due. Di certo il conte non serviva a 220 chilometri l’ora ma il loro è un legame non solo temporale che unisce i due poli del tennis italiano. E conferisce ancora maggior splendore all’impresa di Matteo: come tutte le grandi storie la sua non è frutto di estemporaneità ma di una storia lunga un secolo. Finalista a Londra. Nella stessa giornata in cui la Nazionale di Mancini disputerà, poche ore dopo la finale degli Europei contro l’Inghilterra. C’è da domandarsi se le rispettive diplomazie non stiano riflettendo sull’opportunità che il Presidente Mattarella, che ha già assicurato la sua presenza in tribuna a Wembley, sieda anche nel Royal Box di Wimbledon alle 15 di domani, al fianco di William, Kate, patrona del club, e di Edward, duca di Kent. Sarebbe stupendo. 
SPETTACOLO
Perché non si tratterà soltanto di una, per quanto importante, partita di tennis: ma della prova che mettendo assieme passione e lavoro, metodo e coscienza di sé si può arrivare in alto. E in tempi di post (speriamo) pandemia cosa ci può essere di più simbolico, di più entusiasmante per l’intero sistema-paese? E non è forse lo stesso messaggio profondo di cui si sta facendo tramite il gruppo assemblato da Mancini? Dice Matteo: «Io in finale a Wimbledon? Non lo sognavo nemmeno, mi pareva troppo perfino sognare.

Sto vivendo un’emozione fantastica e in più sono anche il primo italiano ad arrivare fino a qui…pazzesco. Specie perché, dopo essermi fatto male in Australia, ho rivisto alcuni dei miei vecchi fantasmi. Certo non mi aspettavo di vincere così tante partite di fila: ma dopo il Queen’s ho incontrato Becker (che nell’85 vinse sia il Queen’s sia Wimbledon ndr) e mi ha spiegato come arrivare in fondo: fai questo, non fare quell’altro… Allora mi sono detto: perché non provarci? E penso di essermi meritato quanto mi sta succedendo». Matteo, che si è conquistato il diritto di essere tutto questo superando in quattro set il polacco Hurkacz, è oggi un effettivo top player per il quale Wimbledon può diventare il giardino di casa. Perché su questa superficie sa esprimere non solo 100 aces (tanti ne ha realizzati nel torneo fino ad oggi) ma anche quelle improvvise accelerazioni alternati a tocchi di mano, dritti devastanti intervallati da rovesci ben direzionati che possono far vedere i più classici sorci verdi a chiunque. Compreso Nole Djokovic che domani sarà l’avversario di Matteo dopo aver strapazzato Shapovalov. La tanto immaginata rivincita del problematico match nei quarti di Parigi è arrivata. Nole giocherà la trentesima finale Slam, settima ai Championships; vuole eguagliare Nadal e Federer a 20 titoli major. Nole insegue il sogno di diventare lo Steffi Graf dei maschietti (vincere i quattro tornei Slam e l’oro olimpico nello stesso anno solare). Però Matteo è l’uomo della Storia. Della sua, ma anche della nostra. E si sa: la Storia dà torto e dà ragione. Decide lei.

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