Nazionale femminile e Under 20, Giordana e Pietro in azzurro con almeno due vittorie nel mirino

Giordana Duca e Pietro Drudi
di Christian Marchetti
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Sabato 16 Febbraio 2019, 21:55
A differenza della nazionale maggiore, la squadra femminile e quella dell'Under 20 partono con obbiettivi ambiziosi in fatto di vittorie.

Ecco le interviste a Giordana Duca e Pietro Drudi, ovvero da Roma all'azzurro.

Giordana Duca: «Grinta e risate: così vinciamo»

La mattina il lavoro da segretaria in un’agenzia immobiliare, palestra in pausa pranzo, poi ancora ufficio. Allenamento con il suo club, la Capitolina, la sera; sedute supplementari di atletica in settimana. Alle 23.30, il ritorno in tanti piccoli pezzetti in quel di Frascati. «Anche se non siamo professioniste, dobbiamo allenarci da pro’. E tra raduni e partite negli ultimi tempi avrò cambiato più lavori che magliette». A 26 anni, la seconda linea Giordana Duca incarna perfettamente la giocatrice dell’Italia femminile, squadra 7a al mondo (i maschi sono 15i...) e 4a nel Sei Nazioni 2018. E che dopo il trionfo a Glasgow di venerdì scorso (7-28), continua a sognare traguardi storici.
E’ la sorella più piccola di due rugbisti – Davide (Floirac, Fédérale 2 francese) e Gianmarco (Lazio, Top 12). 
«Ho iniziato tardino, a 17 anni. Prima danza e nuoto. Un allenatore a Frascati, Alessandro Molinari, considerando la mia altezza (184 cm, ndr) mi propose di provare». 
Da lì, quello sport che diventa una malattia da cui non si guarisce.
«Giusto. Ma, per l’alto livello, in Italia devi allenarti il triplo per colmare il gap con il professionismo».
Comunque sia, lei gioca in Nazionale da un anno esatto e si è già tolta la soddisfazione di arrivare quarta al Sei Nazioni, vincere al Principality Stadium di Cardiff contro il Galles (prima Nazionale azzurra a farlo) e sconfiggere il Sudafrica e tre volte la Scozia alla quale ha segnato anche la prima meta in 8 partite. Un conto aperto con la Scozia?
«A quanto pare (ride). Effettivamente sono tanti i motivi di soddisfazione».
Dove può arrivare l’Italdonne di Andrea Di Giandomenico?
«Giocare tre match in casa sarà un punto a nostro favore. La realtà è che il nostro è un gruppo solido. Lo si vede da come le veterane hanno accolto le nuove, me compresa».
Chi più di tutte?
«La capitana fino allo scorso anno, Sara Barattin, per esempio. E Manu (Manuela Furlan) adesso. Ma c’è soprattutto Melissa Bettoni, grande amica e punto di riferimento. Poi Valentina Ruzza: essendo mia compagna di reparto, mi confronto spesso con lei che ha un fratello in nazionale».
A proposito dei colleghi maschi, provocazione: perché siete più forti di loro?
(Ride, ma torna subito seria). «Non lo so proprio. Loro lavorano più di noi e devono concentrarsi su molti aspetti. Noi abbiamo anche un sacco di cattiveria femminile».
Se ne deduce che alla Nazionale di O’Shea serva quel tipo di cattiveria.
(Ride). «Chissà, magari gli farebbe comodo. Dai, si scherza».
Il lato bello e quello brutto del rugby femminile?
«L’aspetto bello è appunto quello spirito di comunità. I maligni pensano che in un gruppo di donne aumenti il chiacchiericcio, il pettegolezzo. E invece da noi non è affatto così, anzi. L’aspetto brutto, mi ripeto, è che da noi non si sia ancora arrivati a concepire il professionismo».
Litiga in ufficio a causa dello sport?
«Affatto, i miei superiori di adesso sono comprensivi, mi vengono incontro. Ed è una cosa che mi fa stare tranquilla. In futuro, siccome ho studiato Scienze motorie a Grenoble, potrei tornare in Francia».
Niente, dal rugby non si guarisce proprio.

La scheda
SCIENZE MOTORIE
E DUE FRATELLI RUGBYSTI
Giordana “Giordy” Duca è nata a Frascati 26 anni fa, è alta 1,84 metri e pesa 83 chili. Gioca per l’Unione rugby capitolina, Ha 8 caps e lavora come segretaria.




Matteo Drudi: «In ogni mischia la mia vittoria»

Mica si è placata la fame. E loro, i ragazzi del ct romano Fabio Roselli, non vogliono certo fermarsi dopo aver sbranato i coetanei della Scozia: 32-22 in quel di Galashiels; 30 punti e rotti rifilati ai propri avversari proprio come Irlanda (35-27 contro l’Inghilterra!) e Francia (32-10 al Galles segnando la meta finale in 14). La fame è dell’Italia Under 20, che domani aspetta a Mantova quel Galles contro cui negli ultimi due anni la rappresentativa giovanile azzurra si è giocata il settimo posto ai Mondiali di categoria, ottenendo poi un’ottava piazza comunque storica. Questa è un’altra Under 20, immutata però la luce negli occhi e la voglia di stupire. La fame è anche quella di Matteo Drudi, classe 2000, 180 cm per 106 kg, nato a Roma e residente a Tivoli. Parole poche e decise. Bianco o nero. 
Lei studia da pilone sinistro all’Accademia Federale di Remedello (Brescia), oltre che da Tecnico Informatico.
«La vita in Accademia mi piace, però è dura conciliare sport ad alto livello e scuola. E faccio fatica proprio in Informatica». 
I primi rudimenti appresi nel Tivoli. 
«Da ragazzino giocavo in porta nel Villanova Calcio. Un giorno saltai gli allenamenti, mi misi davanti alla tv e vidi lo spot di Italia-All Blacks. Scattò qualcosa. Nel calcio dovevo essere veloce, nel rugby invece bisogna essere grossi come me per la prima linea. M’innamorai». 
Amore trasmesso poi al fratello Andrea, 15 anni e pilone destro a Frascati .
«I nostri genitori (Fabrizio e Antonella, ndr) sono contenti perché facciamo ciò che ci piace». 
Tivoli, Capitolina e Frascati, prima di essere notato dai tecnici federali. La settimana scorsa il debutto al Sei Nazioni.
«Dopo un viaggio di 12 ore e con tutta la pressione addosso. Per festeggiare abbiamo bevuto una birra: era l’una ed eravamo davvero cotti».
Anche contro i baby Dragoni ci sarà pressione. 
«Verrà a vederci tanta gente, molti altri ci seguiranno da casa. Sarebbe una grossa delusione se riportassimo una sconfitta. Noi siamo l’Italia, non siamo una semplice squadra, vestiamo la maglia con orgoglio e ci confrontiamo con un’altra nazionale. Anzi, penso che un’Under 20 vincente rappresenti anche un piccolo riscatto per la Nazionale Maggiore reduce da una striscia così lunga di sconfitte». 
La squadra è del tutto rinnovata.
«Ce la stiamo mettendo tutta. Vogliamo vincere a tutti i costi in questo torneo, anche se Inghilterra e Francia sembrano davvero di un altro pianeta. Gli obiettivi principali sono le due partite interne contro Galles e Irlanda. Contro francesi, sempre in casa, e inglesi dovremo poi cercare di imporre il nostro gioco. Qui trovo la continuità del lavoro che svolgo in Accademia agli ordini di Andrea Moretti. Siamo un gruppo nato da poco, ma tanto affiatato».
E per quanto riguarda l’Italia di O’Shea?
«Forse dovrebbe puntare a un ricambio più massiccio». 
Matteo si sta offrendo volontario? 
(sorride) «Troppo presto per la prima linea, ho ancora tanto da lavorare».
Ma sognava proprio di giocare in prima linea, l’inferno in Terra?» 
«Esattamente quello, giocare in quella prima linea». 
Più che un sogno, una missione.

La scheda
INFORMATICA AL LICEO
FRATELLO IN PRIMA LINEA
Matteo Drudi è nato a Roma 18 anni fa, gioca pilone sinistro ed un allievo dell’accademia federale a Remedello (Brescia). Ha iniziato a giocare a Tivoli, poi alla Capitolina.
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