Rugby, rivoluzione in campo: Rosignano può schierare 22 stranieri fra i 22 giocatori della lista-gara, il presidente: «La vittoria della solidarietà»

Il club di rugby Le tre rose di Rosignano Monferrato
di Paolo Ricci Bitti
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Martedì 5 Gennaio 2016, 02:39 - Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 14:41

Prima di salpare verso l’Italia, il ragazzino ivoriano Sana venne costretto ad assistere all’esecuzione del padre e allo stupro della sorella durante la guerra civile che cinque anni fa costò la vita ad almeno 3mila persone in pochi mesi. La famiglia di Alì, che adesso di anni ne ha 18, sempre nel 2010 restò rimasta impigliata nei massacri fra Sudan e Sud Sudan.

Nello stesso periodo in Piemonte veniva coniato per un nuovo club di rugby un lungo motto che cita una “barca che naviga verso l’infinito”: nessuno di quei pur profetici pionieri si sarebbe tuttavia immaginato che all’orizzonte - delle colline del Monferrato, poi - sarebbe spuntato pochi anni dopo un barcone, poi un altro e un altro ancora. E adesso nel ”Tre Rose” di Rosignano giocano e si allenano quasi trenta passeggeri dei barconi che attraversano il Mediterraneo per portare a Lampedusa chi spera di lasciarsi alle spalle il dolore e la disperazione.
 



La novità - diciamo pure clamorosa e senza precedenti e per di più a due passi dal Dio Po - è che adesso il club può riempire l’intero foglio-partita con 22 nomi e cognomi di ragazzi che arrivano dalla Costa d’Avorio, dal Senegal, dal Sudan, dalla Nigeria, dalla Guinea, dal Mali, dalla Costa d’Avorio e schierarli nel campionato di serie C2. Non certo per vincerlo, potete immaginarlo, ma per far divertire per un pomeriggio chi passa il resto del suo tempo in attesa del rinoscimento dell'asilo: un’attesa non proprio venata di allegria.

E che cosa c’è allora di meglio del rugby e di tutti i suoi scenari di amicizia, di terzi tempi, di grigliate, di trasferte, di squadra senza divisioni se non quella tra avanti e trequarti?

La rivoluzione ha bisogno di visionari come il presidente Paolo Pensa, 53 anni, ex carabinieri e adesso impegnato nel sociale, e dell’allenatore Luca Patrucco, informatico. E ha bisogno di una federazione che sappia andare oltre le frontiere della burocrazia come ha fatto la Federugby aprendo la strada - magari - a altre associazioni.

Nelle serie minori come la C2, che poi è la serie Z del rugby, il regolamento permette di schierare solo un giocatore di formazione straniera sui 22 della lista-gara, ma quando sulle scrivanie federali è arrivato il caso del Rosignano Monferrato hanno fatto un salto sulla sedia. Il piccolo club del piccolo paese chiedeva di tesserare e far giocare per ogni match oltre venti atleti di ”formazione straniera”. Capiamoci: molto ”straniera” e nulla o quasi ”formazione” perché quei ragazzi (tutti tranne uno) non avevano mai preso in mano una palla ovale prima di sbarcare in Piemonte. 
Eskiu, Mourid, Zewal, Ibrahim, Youssuf, Moussa, Akpe, Mamadou, Frank, Shaibu, Oumar, Babaoucar, Fofana non hanno avuto bisogno di ”provini” per dimostrare che tutt’al più avevano tirato due calci a un pallone rotondo su spiazzi polverosi se qualche volta avevano avuto il tempo di impersonare un ruolo per nulla scontato in molte parti dell’Africa: il bambino.   

«Abbiamo fondato il club a Rosignano, che ha meno di 2mila abitanti  - racconta il presidente, che si è ”ammalato di rugby” da adulto senza averlo mai giocato - per divertirci e lo spirito è quello tutt’ora, poi al nostro piccolo gruppo di giocatori del luogo si è aggiunto qualche immigrato richiedente asilo seguito dalla cooperativa Senape di Mirella Ruo. Servono anche un paio d’anni. Un po’ alla volta l’entusiasmo si è diffuso agli altri ragazzi poco più che maggiorenni e così, all’inizio di questa stagione, ci siamo trovati quasi trenta richiedenti asilo agli allenamenti. Ma poi se ti alleni durante la settimana ti viene anche voglia di giocare la domenica, no?».

Eccome se ti viene. «La notizia, la bellissima notizia del via libera - continua Pensa - è arrivata dalle sede della Fir, dove io non sono nemmeno mai stato, proprio alla fine del 2015. Abbiamo fatto un capodanno magnifico: d’ora poi potremo far giocare anche 22 di quei ragazzi ogni domenica. Mi creda: la felicità dei loro occhi dovrebbe essere trasmessa in tv, sul web, da ogni parte, perchè è altamente contagiosa. Nonché condivisa, fin dall’inizio, dagli altri ragazzi di Rosignano e dintorni in lizza per essere schierati dall’allenatore Patrucco. E lo stesso vale per gli altri club che partecipano al nostro campionato. Ci sono arrivati tanti complimenti».

Il consiglio della Fir ha concesso una deroga rivoluzionaria quanto la decisione del Rosignano di accogliere tutti quei richiedenti asilo: nella motivazione firmata dal presidente Alfredo Gavazzi riecheggiano parole come solidarietà, impegno civile, sostegno, passione, promozione del rugby e infine meta, quella dell’integrazione prima ancora di quella che si marca schiacciando l’ovale sotto i pali ad acca.
 
La buttiamo là: visto che il simbolo delle ”Tre Rose” di Rosignano Monferrato è appunto composto da tre rose, perché non invitare il club al match del Sei Nazioni con l’Inghilterra all’Olimpico? La rosa carminia dei Lancaster sarebbe in buona compagnia. 

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