Rugby, Sei Nazioni: Italia limita i danni contro la corazzata Inghilterra 5-34. Urla nel silenzio nell'Olimpico deserto. Highlights

Rugby, non è qui la festa del Sei Nazioni: oggi Italia-Inghilterra senza tifosi allo Stadio Olimpico Diretta
di Paolo Ricci Bitti
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Sabato 31 Ottobre 2020, 01:25 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 09:16

Urla nel silenzio dello stadio deserto sotto la luna piena: com’è strano, anzi, diciamo pure triste, tristissimo questo rugby del Sei Nazioni nell’era Covid, senza la cornice dorata del pubblico che non era mai mancata in 127 edizioni dal 1883.

Fa paura quel vuoto attorno ai giocatori che cantano gli inni, che si riconoscono dalle voci mentre chiamano gli schemi, che gridano in faccia agli avversrai quello che pensano di loro, come è avvenuto nelle tre “discussioni” (che solo i male informati chiamerebbero "risse") intavolate dagli azzurri prendendo per il bavero le loro altezze inglesi. E' in quelle discussione che si cementa la spirito di squadra, è con quello guardare negli occhi i giganti che si ribadisce con orgoglio che la vittoria all'Olimpico non è  in offerta speciale, ma che va sudata.

Italia-Inghilterra nel deserto dell'Olimpico (Foto Cfp)

Ecco, se proprio si vuole trovare qualcosa per non dimenticare troppo in fretta questo match di non-rugby senza fedeli, mettiamo sul tavolo non il quinto cucchiaio di legno consecutivo (nessuna vittoria in 10 edizioni su 21), ma il carattere mostrato da Bigi e compagni davanti ai vicecampioni del mondo scesi a Roma con la missione di subissare gli azzurri di punti per conservare la possibilità di vincere il Torneo in attesa di Francia-Irlanda (com'è poi avvenuto).

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 Gli allibratori profetizzavano almeno 40 punti di scarto, i più ottimisti dei fedeli costretti a casa almeno 50, tanto è marcata la differenza tecnica e di esperienza tra le due squadre.

Invece è finita 5-34, ovvero una meta a cinque, ma con un dipanarsi del punteggio che a lungo è stato persino lusinghiero per l’Italia che non è finita in ginocchio come si temeva.

L'inno senza essere abbracciati (Foto Cfp)

Anzi, ci sarebbe stato da mettere la firma sul 5-10 con cui si è arrivati al the dopo l’avvio da incubo con il centurione Youngs già in meta al 4’. Invece, a muso duro, con un Lazzaroni esplosivo e una prima linea granitica, l’Inghilterra ha rimediato in tutto il primo tempo solo un piazzato di Farrell, mentre gi azzurri hanno accorciato già al 17’ con una elegante e impetuosa galoppata in meta di Polledri, il migliore dell’Italia, servito da Canna lesto ad artigliare un pallone mal trasmesso dagli inglesi. Mal trasmesso perché ieri gli azzurri hanno difeso con ritrovata efficacia. E con Mori (altra bella promessa come Garbisi) che per un capello ha mancato la meta del sorpasso. Inglesi insomma irretiti dalla verve degli avversari che pensavano assai più fiacchi.

Negli spogliatoi, all'intervallo, Eddie Jones ha preso per le orecchie i suoi assi e ha ricordato loro la differenza dei premi tra la vittoria del torneo e il terzo posto: da 5,5 milioni di sterline a 2,8 milioni. E che in questi tempi di pandemia e di partite a porte chiuse la federugby inglese sarà costretta a licenziare una cinquantina di dipendenti, ergo che giocassero come spettava loro e chiudessero la pratica travolgendo di punti l'Italia.

La meta di Polledri (Foto Cfp)

Detto e fatto? Macché, anche le 4 mete segnate nella ripresa.  Sì, Youngs è volato di nuovo fra i pali dopo appena 58 secondi, ma poi la diga azzurra ha tenuto incassando solo 3 mete in 40 minuti, resistendo anche alle ultime cariche dei bianchi, guidati da un Itoje reale, anche in zona Cesarini quando l'ossigeno era proprio finito.

Resta quindi solo un’altra sconfitta, la 27a di fila nel Torneo? Certo, ma questa volta il pronostico tombale è stato in buona parte smentita tanto che il ct Smith si è detto «deluso per non avere vinto questo match». Ora il sudafricano non è proprio il tipo da iperboli, conosce bene i valori dei suoi ragazzi e quelli degli inglesi, ma quella sua frase insegna che ha finalmente visto progressi nel gruppo che gli è stato affidato da un giorno all'altro in gennaio e che ha rivisto in campo dopo 7 mesi di allenamenti bloccati. 

 Si puà allora può mandare in archivio questa disgraziata edizione del Sei Nazioni con almeno qualche scintilla, tipo Garbisi, Mori, Lazzaroni, per accendere il fuoco nell'imminente novità del Torneo Autunnale.

SPOGLIATOI

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Il Tabellino

Italia v Inghilterra 5-34 (p.t. 5-10)
Marcatori: p.t. 4’ m. Youngs tr. Farrell (0-7); 12’ cp. Farrell (0-10); 17’ m. Polledri (5-10); s.t. 1’ m. Youngs tr. Farrell (5-17); 11’ m. George tr. Farrell (5-24); 27’ m. Curry (5-29); 31’ m. Slade (5-34);
Italia: Minozzi (6’ st. Palazzani); Padovani (22’ pt. Mori), Morisi, Canna, Bellini; Garbisi, Violi; Polledri, Steyn, Negri (32’ st. Mbandà); Cannone (21’ st. Sisi), Lazzaroni (36’ st. Meyrr); Zilocchi (21’ st. Ceccarelli), Bigi (cap, 21’ st. Lucchesi), Fischetti (2’-12’ st. e 21’ st. Ferrari)
All. Smith
Inghilterra: Furbank; Watson (13’ st. Thorley), Joseph (28’ st. Lawrence), Slade, May; Farrell (cap), Youngs; Vunipola B., Underhill (35’-40’ pt. e 13’ st. Earl), Curry (32’ st. Robson); Hill (28’ st. Ewels), Itoje; Sinckler (23’ st. Stuart), George (1’ st. Dunn), Vunipola M. (18’ st. Genge)
All. Jones
Arb. Pascal Gauzere (Francia)
Cartellini: 22’ pt. giallo Hill (Inghilterra); 38’ pt. giallo Polledri (Italia)
Player of the match: Youngs (Inghilterra)
Note: gara giocata a porte chiuse. Centesimo cap per Ben Youngs (Inghilterra).  
Calciatori: Farrell (Inghilterra) 4/7; Garbisi (Italia) 0/1

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L'ATTESA

All'Olimpico al tramonto e lugubre per la totale assenza dei tifosi l'Italia del ct Smth prova a limitare i danni contro l'Inghilterra che ha ancora la possibilità di vincere il Torneo a patto di segnare il maggior numero di punti di possibile. Un epitaffio per gli azzurri che mai hanno battuto gli inglese in 26 partite, lo stesso numero di match che l'Italia perde di seguito nel Sei Nazioni. Qui a Roma l'ultima gioia risale addirittura al 2013 contro l'Irlanda. Che festa quel giorno. Ma la festa all'Olimpico e in quella meraviglia del Foro Italico, quando c'è il Sei Nazioni è garantita a prescindere dal risultato degli azzurri, mentre oggi, con gli inni che riecheggiano del deserto, festa non sarà in ogni caso. Ancora una volta i giocatori schierati a centro campo vengono assurdamente tenuti a distanza l'uno dall'altro, come se poi italiani e inglesi si sfidassero a ping pong.

LA VIGILIA

Potrebbe andare peggio solo se piovesse, anzi no, magari poter ribaltare le previsioni meteo e aprire le cateratte del cielo sull’Olimpico che accoglie oggi alle 17.45 (diretta DMaxInghilterra e Italia, ultimo atto del Sei Nazioni stoppato della pandemia del Covid, poi azzeratrice anche della presenza dei tifosi nello stadione, come non era mai accaduto dal preistorico concepimento del rugby e nel ventennale matrimonio fra il Torneo e la Capitale. E senza i fedeli, e proprio al Foro Italico, a due passi dal Vaticano, che Messa sarà? Diciamo pure funebre, perché altri riti, ad esempio quello della vittoria, sono vietati agli azzurri qui a Roma persino dal 2013, una vita felice fa, ignari del coronavirus e delle 26 sconfitte di fila che dal 2015 avrebbero segnato l’erto cammino degli apprendisti italiani. 

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Ecco, magari diluviasse così da rallentare almeno un po’ le folate nemiche, da far sgusciare qualche pallone dagli artigli dei bianchi del tignoso Eddie Jones, che a Roma lancia sì 4 esordienti, ma scortati da 10 vicecampioni del mondo. Un gruppo formidabile cementato da un’unica meta che poi, in verità, di mete l’Inghilterra ne dovrà segnare millanta per sperare ancora di vincere il Torneo grazie alla differenza punti che sarà stabilita dal match Francia-Irlanda che si gioca dopo, in serata.

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Ergo, Itoje e compagni non alzeranno mai il piede dal gas, ergo paiono pure pochi i 40 punti di scarto che oggi gli allibratori pietosi ci assegnano facendo finta di scordare che i 15 titolari inglesi ammassano 635 presenze (caps), mentre l’attuale Italia linea verde si ferma a 237, ché non fanno media i 5 cucchiai di legno di seguito con quello che oggi mettiamo in cucina. Il capitano Luca Bigi parla appunto di «resilienza» e il ct Franco Smith di «molto lavoro da fare», con il desiderio che qualche scintilla arrivi dal rientrante Minozzi a estremo.

Epperò Inghilterra, si sa, non l’abbiamo mai battuta in 26 partite, ma ora si manifestano tutti i crismi per ritoccare al peggio il record negativo casalingo, quel 12-59 del 2000, pur meglio del devastante 80-23 dell’anno dopo. Per due volte a Roma abbiamo sparagnato rimediando solo 4 miracolosi punti: 19-23 nel 2008 con il ct più catenacciaro mai avuto, Mallett, e 15-19 nel 2012, ma oggi non c’è alcuna speranza che nevichi, e parecchio, come in quel commovente giorno in cui dalla tormenta artica sbucarono all’Olimpico 56mila fedeli.

A marzo solo di inglesi ne erano attesi 18mila, il tutto esaurito era già scritto, con 20 milioni di euro di indotto per Roma e con gli scribi che non avrebbero mentito a narrare di nuovo la festa del rugby al Foro Italico nel villaggio del Terzo tempo e nel centro di Roma, allegria itinerante diventata in appena 9 anni la più ambita del Torneo che da 137 frequenta le capitali di Regno Unito, Irlanda e Francia. Il rugby, alla fine, qualunque fosse il risultato, vinceva sempre, ma oggi, a porte chiuse, con gli inni persi nel deserto, di festa non si potrà proprio parlare. 

 

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