Rugby, una borsa di studio della Fir per ricordare il pilone letterato Gabriele Remaggi

Gabriele Remaggi
di Paolo Ricci Bitti
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Giovedì 7 Gennaio 2021, 10:46 - Ultimo aggiornamento: 11:00

La mattina fredda di un sabato di febbraio, subito dopo l'alba trovammo quel pilone laureato in Letteratura italiana addormentato nell'auto nel parcheggio dell'Unione Rugby Capitolina in via Flaminia a Roma: pur di giocare nella squadra “old” dei giornalisti italiani contro i colleghi francesi, aveva viaggiato da solo da Genova per tutta la notte. Gabriele Remaggi il giorno prima ci aveva detto che quel fine settimana proprio non avrebbe potuto raggiungerci per quella partita perché doveva “coprire” il Genoa al Marassi, ma poi non aveva resistito e si era messo al volante.

Quelle lunghe ore gelide alla guida di un'utilitaria non furono tuttavia il sacrificio più grande di quell'andata e ritorno lampo: dopo il match, il viso segnato dai lividi, i riccioli biondi ancora bagnati dalla doccia, “Lele” allargò le braccia e ci salutò saltando il terzo tempo e relative birre perché doveva subito tornare a Genova. Un'eresia che – per quella volta - gli fu perdonata.

Gabriele Remaggi era un un pilone destro – la pietra angolare della mischia, la casa in cui nasce il rugby - che ha passato troppo presto la palla, ma che non è possibile dimenticare. Rugbysta e giornalista, è morto a Genova nel 2015 quando aveva 48 anni ed ora la Federazione italiana rugby ha accolto al volo la proposta di un gruppo di amici e colleghi e compagni di squadra di istituire una borsa di studio in sua memoria. Verrà assegnata alla giocatrice o al giocatore che nella stagione raggiunge il risultato migliore combinando insieme i voti scolastici e le prestazioni sul campo.

Miglior modo di ricordarlo non c'è: Gabriele Remaggi metteva passione in tutto ciò che faceva. E la trasmetteva. Tanta quanta la sua mole da pilone destro. Si allenava, giocava, scriveva sui giornali, raccontava alla radio e alla tv, teneva in piedi la squadra di cui portava la maglia e anche le altre. E studiava. E' sua la prima tesi in Italia sul linguaggio nel rugby che in quegli anni, mancando ancora il Sei Nazioni, era ancora per pochi fedeli. Ma convinse il professore di Letteratura che il tema meritava, era vasto, radicato nella storia, l'etimologia avrebbe permesso di viaggiare con gli atleti della Grecia Antica e i legionari di Cesare in Gallia e in Britannia, con gli ufficiali dell'Impero della Regina Vittoria su cui non tramontava mai il sole e con gli studenti italiani che nei primi anni del secolo scorso cominciarono a segnare mete con una palla ovale portata, forse, da qualche marinaio inglese nel porto della sua Genova.

A rileggerla dopo trent'anni, ora che tanti scenari sono diventati più noti e diffusi, quella tesi appare ancora più affascinante, pionieristica e persino profetica.

Remaggi, dopo la laurea, continuava a giocare, a lavorare nei giornali, a sostenere il rugby a Genova e dintorni: lui e i suoi sorrisi e la sua allegria contagiosa c'erano sempre, che ci fosse da allenare l'under 10 perché il tecnico si era ammalato o da preparare le vettovaglie per la trasferta o il terzo tempo. E poi seguiva anche la nazionale che cominciava a farsi spazio e - sopra a ogni cosa - rafforzava ogni istante l'amore per Cristiana e poi per le loro due bimbe che troneggiavano felici sulle sue spalle larghe e comode come culle.

Prima di andarsene troppo presto Remaggi ci ha lasciato anche la biografia di Marco Bollesan, da leggere in una notte, di corsa come la vita del rugbysta italiano più conosciuto prima che il rugby fosse conosciuto. La vita di Bollesan è effettivamente un trascinante romanzo d'avventura e non c'era da aggiungere nulla: ovvero il compito più difficile per il biografo, come sa bene chi prova a scrivere. Un'altra meta segnata da “Lele” che d'ora in poi sarà ricordato anche dalle ragazze e dai ragazzi che giocheranno e studieranno grazie alla borsa di studio in suo nome.

La nota della Federazione italiana rugby

Una borsa di studio dedicata alla memoria di Gabriele Remaggi, rugbista, giornalista e scrittore prematuramente scomparso nel 2015, è stata istituita dal Consiglio Federale della FIR nella riunione del 29 dicembre.  

La borsa di studio è stata deliberata dall’organo di governo del rugby italiano accogliendo con favore la richiesta di alcune tra le firme più conosciute del panorama rugbistico italiano che, con Remaggi, avevano condiviso la passione per la narrazione del Gioco. 

Un Comitato Scientifico di prossima costituzione, composto da rappresentanti di FIR e dei media nazionali, avrà il compito, dal 2021 e per gli anni a venire, di identificare uno tra atlete e atleti più meritevoli che abbiano dimostrato di eccellere sia a livello sportivo che accademico.

Alla borsa di studio contribuiranno sia la Federazione Italiana Rugby che le donazioni volontarie dei giornalisti italiani aderenti all’iniziativa.

Gabriele Remaggi 

Genovese, pilone destro del CUS Genova negli Anni Novanta e Duemila e giornalista professionista, ha lavorato per numerose testate tra cui Repubblica, Gazzetta dello Sport, La Stampa, Il Secolo XIX, il Corriere Mercantile. SkySport e televisioni locali del capoluogo ligure. 

Legatissimo al rugby anche dopo il ritiro agonistico, aveva continuato a collaborare con il Cus Genova come addetto stampa, ruolo ricoperto sino alla sua improvvisa scomparsa a soli 48 anni nel 2015, ed aveva scritto a quattro mani con Marco Bollesan la biografia del capitano e ct azzurro, “Una meta dopo l’altra”, pubblicato nel 2012 per Limina.

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