Rugby, le azzurre al Mondiale. Bettoni: «Ancora troppi stereotipi. Non è uno sport di nicchia»

La tallonatrice italiana: "Voglio chiudere la carriera in bellezza. Sto per voltare pagina". Oggi la partenza per la nuova Zelanda, esordio il 9 ottobre contro gli USA

Rugby, le azzurre al Mondiale. Bettoni: «Ancora troppi stereotipi. Non è uno sport di nicchia»
di Giacomo Rossetti
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Mercoledì 21 Settembre 2022, 13:25 - Ultimo aggiornamento: 13:38

"Wahine kaha": questo è il termine maori per dire 'donne forti'. Forti come le giocatrici della Nazionale italiana di rugby femminile, che oggi salgono sull'aereo per la Nuova Zelanda, che dei Maori è appunto la terra: il Mondiale, il punto più alto della carriera di una giocatrice, inizia dall'altra parte del mondo il prossimo 8 ottobre. L'Italia esordirà il 9 a Wangarei, contro gli USA. «Vedersela con le squadre più forti del mondo è il modo migliore per crescere ancora di più. È passato un anno intero dalle qualificazioni, non vediamo l'ora», racconta Melissa Bettoni, 31 anni, tallonatrice indomita e punto di forza della Nazionale allenata dal Ct Andrea Di Giandomenico. L'aspetto in cui le ragazze in maglia azzurra non sono seconde a nessuno è la coesione del gruppo: «Ragioniamo come una persona sola: è questa la nostra forza. Sono in Nazionale da tanti anni, e lo spirito di squadra non è mai mancato», spiega lei.


Un girone alla portata

Il girone delle azzurre non è impossibile, e la consapevolezza di ciò è motivo di grande entusiasmo per il gruppo. «Le canadesi le abbiamo affrontate questa estate, perdendo con un po' di rammarico: l'impressione è che siano battibili», racconta Melissa. Gli Stati Uniti hanno «una grande forza fisica» ma nelle ultime uscite non hanno mostrato un gioco brillante. Restano le giapponesi, «che vanno tenute d'occhio, perché oltre a essere parecchio disciplinate hanno lavorato tanto». L'Italia dovrà essere all'altezza delle proprie migliori prestazioni, e chissà che non riesca a incrociare una big: «Affrontare l'Inghilterra vorrebbe dire esser arrivate lontane sorride Bettoni il mio sfizio personale sarebbe la Nuova Zelanda, non ci ho mai giocato contro.

Ma pure la Francia avrebbe un gusto speciale: un po' ci temono».

Vivere di Rugby 

Di sola palla ovale, ahimè, non si campa se sei una donna: «Non solo devi avere un lavoro, ma devi riuscire a combinarlo con gli allenamenti e rimanere performante. Serve grande organizzazione», sospira Melissa. Il rugby femminile si sta professionalizzando' sempre di più, soprattutto in Inghilterra e in Francia, «ma anche in Italia la Federazione ha fatto un gran lavoro: la difficoltà è che qui c'è un grande problema culturale con gli sport considerati di nicchia, a cui non si dà la giusta importanza». Eppure le cose si stanno muovendo, visto che tra tv e social media il rugby femminile è in crescita. Ovviamente qualche stereotipo è duro a morire: «Qualcuno dice che il nostro è uno sport per soli uomini, altri che ti rende mascolina per fortuna lo sento ripetere sempre di meno».


Ultimo ballo

Il colpo di fulmine di Melissa per il suo sport avviene a 17 anni, grazie al progetto scolastico del liceo di una sua amica, nella squadra allora chiamata Sesia Rugby. La giovane originaria di Varallo, piccolo paesino del Vercellese «dove un tempo si faceva solo sci» - dopo i primi passi in Coppa Italia se ne va nella Capitale, dove fa esperienza di mischie e placcaggi al Red & Blue Rugby Roma. Lì arriva l'esplosione e la svolta della carriera: «Prima il Grenoble, poi lo Stade Rennais, per cui gioco da otto anni. Il club mi ha aiutato a divenire educatrice sportiva, dandomi un ruolo nello sviluppo del settore giovanile societario». Un lavoro extra campo, sempre perché anche in Francia (per quanto più avanti di noi) chi nasce femmina non può ancora dedicarsi solo al rugby. Per Bettoni, che nel poco tempo libero adora fare trekking oppure percorrere chilometri in canoa, il torneo neozelandese rappresenterà uno spartiacque nella propria vita: «Dopo il Mondiale, smetto con il rugby: non sarà semplice, ma è arrivato il momento di voltare pagina. Voglio chiudere in bellezza».
 

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