Rugby, Sei Nazioni, Italia ko anche in Scozia: è sparita la difesa

Rugby, Sei Nazioni, Italia ko anche in Scozia: è sparita la difesa
di Paolo Ricci Bitti
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Sabato 9 Febbraio 2019, 03:30
dal nostro inviato
EDIMBURGO Abbacchiata e stipata nelle seggioline in fondo alla cabina del 737 della Ryanair (e no, nessun doppio posto persino per David Sisi, 1 metro e 96 per 118 chili), la nazionale è rientrata da Edimburgo a Roma in vista del match contro il Galles sabato alle 17.45 all'Olimpico. Galles indemoniato dopo aver battuto (con bonus) la Francia e Parigi e quindi in corsa per la vittoria finale del Sei Nazioni: i Dragoni non perdono da 10 partite, mentre gli azzurri, dopo il ko 33-20 a Murrayfield, rischiano di dover scavare ancora dopo aver toccato il fondo delle 18 sconfitte di fila, nuovo record del Torneo nato nel 1883.
CLUB PRIVATO
Torneo di enorme e puntuale successo allestito in proprio - un club privato, insomma - dalle indubbiamente sei nazioni più forti d'Europa fra le quali l'Italia è però, altrettanto graniticamente, la più debole, quella che incassa il dramma di 5,2 mete a partita nel Championship da quando è allenata da Conor O'Shea. Il ct irlandese è al suo terzo Sei Nazioni e non ha ancora vinto un match, ma al tempo stesso è l'artefice del salvifico progetto a lunga scadenza di riorganizzazione dell'intero rugby italiano che ha cominciato finalmente a intascare dividendi con le franchigie Benetton Treviso e Zebre Parma e con la nazionale Under 20, anche ieri vittoriosa con autorità contro gli scozzesi a Gala 22-32. Ecco, gli azzurri continuano allora a perdere dal 2015 nel Sei Nazioni senza che ci si debba sorprendere troppo: rammaricare sì, ma sorprendere no, perché non c'è stato uno solo di questi 18 match in cui il pronostico fosse favorevole agli azzurri. Per di più questa volta, nella settimana prima del confronto fra la 7a e la 14a squadra al mondo, la nazionale è stata squassata da un virus intestinale che ha squagliato l'intera linea dei trequarti. Da quei crampi lancinanti allo stomaco se n'era salvato solo uno, il mediano di mischia Tebaldi, che si è bloccato per un malanno alla schiena durante il riscaldamento pre-match costringendo O'Shea a schierare il volenteroso Palazzani, il quarto nella gerarchia azzurra in questo delicato ruolo da regista. Né il ct né il capitano Parisse hanno cercato alibi in questo virus maligno per giustificare la delusione di Murrayfield, ma un margine di dubbio, almeno fino alla verifica gallese di sabato, resta, insieme alla conferma che valgono il giusto le tre mete segnate in zona Cesarini dagli azzurri quando gli scozzesi avevano già alzato il piede dal gas dominando 33-3.
SCUOLE DIVERSE
Il problema, infatti, non è che gli azzurri marchino poche mete, è che ne prendono troppe dopo che per anni avevano centrato sulla difesa e sul gioco di rimessa le proprie strategie. Depotenziata dalle nuove regole la mischia, gran marchio di fabbrica dei migliori Sei Nazioni azzurri (2007 e 2013, due vittorie a torneo), i ct azzurri hanno cercato di fronteggiare la situazione con tuttavia un parco-giocatori assai limitato e con soluzioni legate alla loro scuola di provenienza, purtroppo mai la stessa: con il francese Berbizier (fino al 2007) si era arrivati a una media di 3.2 mete subìte, con il sudafricano Mallet (fino al 2011) a 3, con il francese Brunel a 2 nei suoi primi due anni (onda lunga del catenacciaro Mallett) per poi sbragare a 4,6 nella seconda parte del mandato fino al 2016. Infine il picco delle 5,2 con O'Shea. Cinque mete incassate a match proprio come sabato a Edimburgo: e quando mai l'Italia segnerà almeno 6 mete per vincere un match? Nel rugby, in realtà, bisogna sempre attaccare, non si può fare melina ed è vero che di rischi bisogna correrne se si vuole sovvertire il pronostico, ma almeno due mete di sabato si potevano evitare rinunciando a contrattaccare da sotto i proprì pali e non calciando il pallone in bocca al quel diavolo di Hogg. Certo che O'Shea queste cose le sa e fa bene a difendere i suoi giocatori che ci mettono sempre l'anima ma che vanificano con errori anche banali il piano di gioco. E anche il capitano Parisse, pur grande placcatore, ama di sicuro vincere segnando una meta in più invece che prendendone una in meno. Per adesso, però, con questa giovane squadra priva anche di scardinatori come Minozzi e Polledri, magari un po' più di pragmatismo d'antan si potrebbe pure sperimentare in attesa che la filiera finalmente ben avviata di Under 20 e franchigie produca più frutti.
 
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