Da undici anni è l'assistente allenatore del neozelandese Warren Gatland che ha portato il Galles in vetta al ranking mondiale: per una stagione Howley (2012/2013) è stato anche l'allenatore titolare perché Gatland doveva occuparsi del tour dei Lions, ma di fatto la panchina dell'Italia rappresenta una promozione notevole per il tecnico che è nato a Bridgend (Pen-y-bont ar Ogwr, in gallese, che ci tengono). Non è stato il primo tecnico ad essere stato contattato dalla Fir (che darà ufficialità all'ingaggio solo dopo il Mondiale) e i nomi riecheggiati prima di lui luccicavano di più (tipo Eddie Jones, attuale tecnico dell'Inghilterra), ma è con lui che è stato trovato un accordo.
E' un tipo di poche parole, uno che pensa alla sostanza, all'oggi e il suo nome ricorda parecchie delle bastonate che il rugby gallese ha inflitto agli azzurri a cominciare dal 21-60 a Treviso nel 1999: era la grande nazionale, quella, di Georges Coste, alle ultime battute di un'irripetibile epopea.
Howley troverà ad aiutarlo Giampiero De Carli, allenatore della mischia, unico superstite dallo staff attuale perché se ne andrà anche il tecnico dei trequarti, l'inglese Mike Catt, campione del mondo nel 2003 e Membro dell'Impero britannico, onorificenza appuntata sul suo petto dalla Regina Elisabetta: in Italia non ha riscosso molto consenso, ma. guradacaso, salirà di grado andando a fare lo stesso lavoro per l'Irlanda. Poi Howley avrà a fianco anche il sudafricano Franco Smith, già giocatore e allenatore pluriscudettato del Treviso.
Resta il rammarico per la caduta del progetto di Conor O'Shea che non ha raccolto abbastanza risultati sul campo (tre 6 nazioni senza una vittoria) a parte il picco stratosferico del successo sul Sudafrica, ma che con pazienza stava cercando di mettere a regime tutte le componenti del rugby italiano, il più debole nel Sei Nazioni e il più forte rispetto a tutto a tutto quello che c'è dietro.
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