Rio 2016, il sogno realizzato di Lupo: «Da Fregene a Copacabana con Totti nel cuore»

Daniele Lupo
di Gianluca Cordella
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Giovedì 18 Agosto 2016, 09:26 - Ultimo aggiornamento: 16:09
dal nostro inviato
RIO DE JANEIRO Da Fregene a Copacabana. Non è che sia proprio la stessa cosa, anche perché qui ci si gioca un oro alle Olimpiadi. Eppure Daniele Lupo, come tutti i ragazzini, sulle spiagge brasiliane sognava di venirci per giocare a calcio, il primo amore sportivo della sua vita. «Da bambino mi allenavo all'Acqua Acetosa, al Giulio Onesti, con la squadra della scuola calcio federale. E seguivo la Roma che a casa mia è una tradizione di famiglia. Tutti tifosi: mio nonno, mio padre, mio fratello. Come tanti della mia generazione sono cresciuto con il mito di Francesco Totti».
E il beach volley?
«Era più che altro un divertimento. Giocavo l'estate a Fregene. Con papà e nonno giocavamo 3 contro 3».
Perché ha lasciato il calcio?

 
«Sono cresciuto troppo. E poi pur essendo bravo con i piedi non mi andava di correre».
E la Roma?
«È rimasta una passione. Quando posso vado allo stadio, ma con gli impegni del beach è sempre più difficile».
Il beach è stata una scelta giusta: è in gara per un oro...
«Se m'avessero fatto firmare per una medaglia qualsiasi alla vigilia lo avrei fatto subito. Ora possiamo addirittura giocarci il titolo È dall'inizio che ho buone sensazioni, stiamo giocando benissimo».
Nicolai ha detto che in semifinale avete vinto grazie a lei.
«Paolo è mio fratello, sono cinque anni che viviamo praticamente insieme. Nel nostro sport si vince solo in due. Abbiamo sofferto e gioito, ma sempre insieme».
Lo speaker dell'Arena la chiamava Maestro. È lei il vero brasiliano del beach?
«Detto da loro, in casa loro, fa piacere. Io però preferisco essere italiano. Amo il nostro Paese, sportivamente parlando abbiamo tanti talenti anche noi e nulla da invidiare a nessuno».
Che sfida sarà con Alison/Bruno?
«Una grande partita. Sono campioni del mondo ma per battere noi dovranno giocare alla grande. Sappiamo cos'è un'Olimpiade e cosa dobbiamo fare per vincere. Bello sapere che avremo grande attenzione anche dai media. È un aspetto importante delle Olimpiadi».
Si dice che i due padroni di casa siano molto antipatici...
«Non è vero. Caratterialmente mi ci trovo abbastanza bene».
Dove avete vinto la semifinale con i russi?
«A metà del secondo set, quando abbiamo cominciato a mettergli pressione in maniera costante».
Facciamo un passo indietro. Cosa avete in più rispetto a quattro anni fa?
«Abbiamo imparato a vincere le partite importanti, a essere più cinici. Io personalmente negli anni ho capito sempre meglio come dare il meglio di me».
Anche per via di esperienze molto dure, come la scoperta del tumore di un anno fa.
«È stato un momento molto difficile, che fortunatamente è alle spalle. Il passato è passato».
Meglio il presente. A proposito: alla vigilia della finale ci si allena per l'oro o si guarda la Roma in Champions?
«No, no, che allenamento. Devo guardare la Roma. Anzi devo parlare con Malagò per organizzarci...».