Lucilla Boari, dalla polemica "cicciottelle" al bronzo nell'arco: «Svegliatemi, non ci credo»

Lucilla Boari, dalla polemica "cicciottelle" al bronzo nell'arco: «Svegliatemi, non ci credo»
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Venerdì 30 Luglio 2021, 14:26 - Ultimo aggiornamento: 17:08

Una sola medaglia al nono giorno di Giochi Olimpici a Tokyo 2020, e arriva da dove meno te l'aspetti, come sempre. Non dalla scherma, né dalle arti marziali. É il tiro con l'arco a regalarci la soddisfazione di impreziosire ulteriormente il medagliere azzurro, non con un oro, per carità, ma comunque con un bronzo al sapor di record italiano. 

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Lucilla Boari, l'arciera dei record

Sì perché nessuna italiana prima di Lucilla Boari si era spinta sino alle semifinali nella disciplina di competenza. La mano ha tremato contro la russa Elena Osipova, che nel penultimo atto della competizione l'ha annichilita con un pesante 6 a 0, che poteva scuoterla più nella mente che nelle carni.

Ma così non è stato, perché in semifinale la tiratrice classe '97 ha fatto raccolta di tutte le energie psico-motorie e le ha messe al servizio di un arco che le ha dato la gioia di strappare un 6 a 1 al color di bronzo, contro l'americana Brown.

 

Da qui l'esplosione di quell'incredibile felicità che l'ha portata a dire che questo «è un bronzo che vale oro», ma che l'ha riportata soprattutto a 5 anni prima, in terra brasiliana, Rio de Janeiro, quando una più timida e impaurita 19enne perse anche la finalina con la squadra femminile, che è passato alla storia, purtroppo, con l'infelice epiteto di team "cicciottelle", come tristemente titolò un noto giornale italiano. Allora la storia fece molto scalpore, e nonostante le parole di scusa, il danno ormai era fatto. 

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Ma la Boari se l'è legata al dito e ne ha fatto motivo di rivalsa, perché la più grande sfida del gigante nello sport è quella di trasformare in energia positiva tutta l'ondata di critiche che t'arriva quando le cose non vanno poi così tanto bene e le medaglie non si appendono al collo facilmente. Se poi l'offesa è estetica allora tanto peggio. Da qui la menzione, anche troppo sotto le righe di una ragazza che non ha dimenticato, e che oggi si va a riprendere titoloni che non saranno sì tanto amari come cinque anni or sono. «Aspetto un nuovo titolo di giornale», fredda e lapidaria, quasi a non volere dare importanza a quanto accadde quella volta. Come se fosse stato un semplice sbaglio, una freccia mandata fuori bersarglio da un tiratore maldestro. Capita a tutti.

Poi qualche espressione di gioia, dimentica dei rancori e focalizzata sul vivere il momento, uno di quelli che non ti capitano spesso: «È una medaglia storica. Svegliatemi se è un sogno, non ci credo ancora, magari tra qualche ora realizzo cosa ho fatto. Pensate che la notte scorsa non ho dormito dal desiderio che avevo del podio». Un po' di genuina e primordiale emozione, quella che si merita una ragazza della sua età. Del resto di strada ce n'è ancora tanta da fare. 

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