Italia, l'estate d'oro tra calcio e Olimpiadi: come uno sbarco sulla Luna

Italia, è record di medaglie a Tokyo 2020. Superata Roma 1960
di Alessandro Catapano
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Venerdì 6 Agosto 2021, 16:08 - Ultimo aggiornamento: 18:06

I bambini di oggi, i nostri figli, nipoti, fratelli, la racconteranno a chi ci sarà dopo di loro, ai bambini di domani, che ascolteranno racconti di albe luminose e risvegli dolcissimi, di colazioni col caffè per aria e pranzi con la bocca piena e il naso incollato alla tv, o all'ipad, o allo smartphone, in streaming, che sarà un metodo di visione superato da chissà cosa altro.

Un'estate di successi e di medaglie azzurre

I racconti di un'estate indimenticabile, mai vista prima, una specie di nuovo sbarco sulla Luna, anzi su Marte.

Sì, un'estate da e di marziani, i nostri campioni olimpici, che non smettevano più di vincere, e noi non smettevamo più di commuoverci. E ci era già successo, un mese prima, di esultare e di abbracciarci, di scendere in strada e sventolare il tricolore, di sentirci nuovamente una comunità. Tutti intorno a quell'abbraccio, tra il Mancio e Vialli. Tutti intorno a quella Nazionale, che ci aveva riportato sul tetto d'Europa. Ah, il calcio.

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Ma doveva ancora venire il meglio. Poi, era arrivata l'Olimpiade. Ah, l'Olimpiade. Così lontana, in Giappone. Così blindata e fredda, senza spettatori. Così pazza, dopo il maledetto Covid. E invece, mai provate emozioni così, mai scattata una tale immedesimazione in questi splendidi ragazzi, tutti ragazzi della porta accanto, il poliziotto, il finanziere, l'ingegnere, il tecnico informatico, la dottoressa in marketing, la linguista orientale.

 

Eroi come noi

Persone normalissime, come noi. Anzi, eravamo noi, che vincevamo una medaglia dopo l'altra. E prima erano solo bronzi, e poi arrivarono gli ori, i record, e rinacque l'atletica, la favolosa atletica, e finalmente il ricordo della rimonta di Pietro e del salto di Sara divennero meno nostalgici, e i nostri occhi si riempirono dell'abbraccio di Marcell e Gimbo, e dei baffetti di Massimo, e del fiore di Antonella, re e regina della marcia. La nostra gloriosa marcia. E poi tornammo in pista, a guardare la staffetta 4x100, con occhio pigro, "tanto dove andiamo, al massimo un bronzetto", e popi arrivò il rettilineo finale, e Pietro Paolo si reincarnò in Filippo, e mentre rimontava Tortu avevamo negli occhi Pietro a Mosca, e la voce di Franco Bragagna somigliava a quella di Paolo Rosi, "rimonta, rimonta, rimonta...". E gli inglesi di nuovo battuti. E noi abbracciati e increduli, e con le lacrime che scendevano giù. E insomma, non si faceva in tempo a esultare per una medaglia che ne arrivava un'altra, e poi dalla strada si passava al tatami, e da Sapporo si tornava a Tokyo, a esultare per quel gigante del karate (il karate?) che tirava certe papagne...

Eccoci qui, dunque. Testimoni di un'estate indimenticabile, in cui l'Italia scoprì di essere diventata una superpotenza dello sport mondiale, e in cui gli italiani si riscoprirono popolo, e tanto, tanto orgogliosi di esserlo. Spettatori dell'olimpiade migliore della nostra vita. E stringiamoci forte, come canta Renato Zero.

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