Granbassi: «Scherma, aspettiamo il grande acuto. Montano e Pellegrini modelli per lo sport»

Granbassi: "Scherma, aspettiamo il grande acuto. Montano e Pellegrini modelli per lo sport"
di Marino Petrelli
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Giovedì 29 Luglio 2021, 15:39 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 03:24

Il bronzo delle ragazze del fioretto porta a cinque le medaglie conquistate dalla scherma italiana alle Olimpiadi di Tokyo. Un bilancio dunque è ancora provvisorio, ma «colpisce soprattutto il non vedere atlete nel fioretto femminile sul podio individuale, cosa che non accadeva dal 1988, quando il podio fu completamente occupato dalle atlete tedesche». È il pensiero di Margherita Granbassi, due bronzi olimpici nel fioretto e ora commentatrice su Discovery. Che aggiunge: «Valentina Vezzali e Giovanni Trillini hanno rappresentato per anni l’eccellenza del fioretto azzurro al femminile e l’impresa di Londra 2012, oro Di Francisca, argento Errigo, bronzo Vezzali, resterà forse unica. Quest’anno tutte e tre le atlete erano da podio. Il tabellone non avrebbe consentito di portarne tre sul podio, però un po’ di amaro in bocca rimane».

 

 - Da cosa dipende questa situazione?
 Da qualche anno la scherma è diventata uno sport globale e sono diventati competitivi molti paesi un po’ a sorpresa: abbiamo visto nel fioretto maschile per la prima volta una medaglia di Hong Kong, un oro mai vinto prima per un’atleta americana. Quello che rilevo nel fioretto femminile è stato un abbassamento del livello, perchè le avversarie non sono più quelle di una volta: non c’è più la Romania, che è stata avversaria storica dell’Italia; non c’è più la squadra della Polonia, che andava spesso a podio; si è abbassato molto il livello della squadra ungherese. Le uniche che possono competere con l’Italia, secondo me, sono le russe.
 
 - Da commentatrice, l’altro giorno si è lasciata andare alle lacrime in diretta durante la finale per il bronzo della squadra femminile di spada. Ci racconta questo momento così particolare? 
 I Giochi con me hanno storia particolare: li guardavo in TV da bambina, poi i miei genitori mi hanno regalato la possibilità di andare a vederli ad Atlanta, nel 2008 è arrivata una medaglia sia individuale che a squadre. Sono le mie prime in cabina di commento queste, e devo dire che le emozioni sono tantissime, sembra di essere ancora in pedana. Ci si emoziona così tanto perché si capisce cosa c’è dietro a una medaglia: non è solo quel momento, ma è quello che succede nei quattro (in questo caso cinque, ndr) anni che hanno preceduto quel momento, che tutti sognano ma è per pochi. La gara è stata entusiasmante, conosco molto bene Rossella Fiamingo e Mara Navarria, che è anche mia conterranea, quindi ci tenevo davvero tanto.

Se la meritavano. 

 

 
 - Aldo Montano è stato determinante per l’argento a squadre nella sciabola maschile. Quanto conta un elemento della sua esperienza in una squadra? 
Aldo pensa che sia stato determinante come esempio per questi ragazzi. È un campione unico, ha fatto cinque edizioni dei Giochi. Soprattutto per un ragazzo che ha patito tanti problemi fisici in carriera, in particolare muscolari. Ha vinto cinque medaglie in cinque edizione dei Giochi. Aldo ha due figli, Olimpia e Mario, e ovviamente ci auspichiamo che il dna si confermi e che scelgano di continuare su questa strada. Al di là delle stoccate, la squadra si allena insieme tutto l’anno e Aldo è un leader e modello per tutti quanti, una persona che riesce a dare sicurezza. Non ha brillato nella finale per l’oro, ma la Corea si è dimostrata imbattibile, nettamente superiore. 
 
 - Fuori dalla scherma, cosa pensa dell’”ultimo ballo” di Federica Pellegrini, di nuovo in finale nei suoi 200 stile libero ai Giochi? Ha condiviso con lei qualche momento in passato?
Sono contenta di averla vista sorridente, si merita la celebrazione che sta ricevendo. È stata una campionessa incredibile, forse ha un po’ un credito con le Olimpiadi. E’ una ragazza che ha dato tantissimo allo sport, unica anche nel saper gestire certe situazioni e saper riemergere anche da momenti di grande difficoltà, oltre al fatto che è stata molto brava a gestire la sua immagine, restando vincente nonostante i riflettori. Ricordo in particolare prima delle Olimpiadi di Pechino, avevamo fatto insieme degli shooting, mi è capitato di incontrarla ma non l’ho conosciuta in maniera approfondita. Devo dire che è una di quelle atlete, come Valentina Vezzali, che ti trasmette tante emozioni dovunque vada: hanno la capacità di farti venire la pelle d’oca qualunque cosa facciano, sia che vincano sia che perdano. 
 
 - Come si stai trovando in questa esperienza al commento per discovery+ e nella conduzione dello speciale “Azzurri - La notte dei campioni” sul canale NOVE?
Avere questa opportunità è bellissimo, davvero emozionante. In questi anni sono stata lontana dalle pedane, un po’ per paura di quell’effetto malinconia che poteva esserci. Questa è la prima Olimpiade da commentatrice. Un commento deve essere soprattuto rivolto alle persone che la scherma non la conoscono, per cui quello che spero è di riuscire a far capire con un linguaggio semplice uno sport che mi rendo conto essere complesso. Sono stata molto contenta che mi sia stata affidata la conduzione di Azzurri - La notte dei campioni, questo approfondimento sul NOVE. Devo dire che un pochino l’emozione è simile a quella che si prova in pedana: quando si accende la lucina della telecamera, e parte il countdown, un pochino mi sale l’ansia. Mi pare che la trasmissione stia andando bene ed è bello poter parlare di tutti gli sport ed avere tanti ospiti che sono loro stessi dei campioni e si trovano come me a raccontare le imprese degli azzurri. Mi piace vedere la commozione di Pino Maddaloni, di Rossano Galtarossa. Bisogna essere allenati anche per questo: in particolare quando sono iniziate le gare a squadra abbiamo iniziato a fare le telecronache di notte, e quando concludo vado a informarmi su quello che è successo agli azzurri nelle altre discipline per preparare la trasmissione che va in onda sul NOVE. Devo resettare quello che è successo prima e concentrarmi sulla trasmissione. Un'esperienza, faticosa, ma entusiasmante. 

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