dal nostro inviato
TOKYO Il frutto di una finale persa o un alloro che ti consegna alla storia. L’argento conquistato a Tokyo da Daniele Garozzo è la classica medaglia… dalle due facce. Lui, al momento, la vede nel primo modo, «ma so che tra qualche giorno sarà un argento splendente». Le statistiche del fioretto invece la collocano dalla parte opposta. Guadagnarsi la finale individuale alle Olimpiadi per due edizioni di seguito – il siciliano di Acireale fu oro a Rio cinque anni fa – era un’impresa che non riusciva dai tempi del mito Nedo Nadi, che la realizzò nel 1912 e nel 1920, prima e dopo la Guerra Mondiale che cancellò i Giochi di Berlino 1916. Le lacrime di Daniele al termine dell’assalto perso contro l’avversario di Hong Kong, Cheung Ka Long, fanno il paio con quelle di domenica della sua fidanzata Alice Volpi che, sempre nel fioretto, la medaglia l’aveva solo sperata, prima di perdere la finale per il terzo posto contro la russa Korobeynikova.
CINQUE ANNI FA
DUE DESTINI
Il destino suo e quello di Alice sono adesso intrecciati una volta di più. Perché l’unico modo per lasciarsi alle spalle la delusione di aver chiuso i rispettivi tornei con una sconfitta è quello di rifarsi con la prova di squadra.
Giovedì tocca alla Volpi, domenica sarà la volta di Garozzo. «Speriamo di andare a medaglia, sarebbe il miglior modo per non pensare più a quello che è successo ma il mondo della scherma però è cambiato, non è più quello di una quindicina di anni fa, si è globalizzato. Vincere sempre non è scontato». Ne sa qualcosa la scherma italiana tutta che chiude questo giro di prove individuali con due argenti che forse sono un po’ meno di quanto ci si potesse aspettare alla vigilia, visti i nomi ai nastri di partenza. Ciononostante, con quella di Garozzo diventano 127 le medaglie portate all’Italia da questo sport. Nessun’altra disciplina ha contribuito nello stesso modo.
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