MotoGp, Valencia spara Mir in orbita

MotoGp, Valencia spara Mir in orbita
di Flavio Atzori
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Lunedì 16 Novembre 2020, 09:30

Tutto quello che doveva accadere, è accaduto. Franco Morbidelli conquista la vittoria nel gran premio della comunità valenciana, Joan Mir diventa campione del mondo con la Suzuki. È servito un settimo posto per incoronare questo ragazzo campione del mondo. Un titolo in barba alle leggi di Murphy, nel mondiale in cui ogni protagonista ne è stato invece vittima, sprecando occasioni su occasioni. Lui, che ha un cognome degno di una stazione spaziale, è riuscito a conquistar le stelle con le armi più affilate di questa strana stagione: costanza e freddezza, audacia e velocità. Ha vinto, una sola volta, nel momento giusto, quando serviva sferrare il colpo del ko per i suoi avversari. Ha vinto a Valencia, sopravanzando il proprio compagno di squadra, quel Rins che, ad inizio anno, sembrava il caposquadra nelle gerarchie del box. E invece no. Una vittoria, e praticamente zero errori: tanto è bastato, al contrario di Quartararo e Morbidelli, entrambi a quota tre centri, sopraffatti da una pressione troppo grande il primo, e dalla sfortuna di incidenti terribili e da rotture improvvise il secondo. Il mondiale torna ad Hamamatsu, a casa Suzuki, a 20 anni dall’ultimo titolo conquistato da Kenny Roberts jr. Un alloro centrato nel centenario della Casa e nell’anniversario dei 60 anni nelle corse.
PREDESTINATO
Joan, il giovane fenomeno che sembrava poter avere un cammino da predestinato, è diventato il riferimento della classe regina, dopo appena due anni. Eppure, il suo primo anno aveva lasciato qualche dubbio, con quello stile fin troppo irruento, e con quel polso destro fin troppo aggressivo. Bisognava affinare quella scintilla, imparare a guidare la Suzuki come fosse un violino. Lo sapeva lui, lo sapeva Davide Brivio, che di campionati con Valentino Rossi ne aveva vinti in passato. Aveva puntato su questo ragazzetto così freddo, preciso, veloce capace di dominare nel 2017 un campionato in Moto3. Poi una stagione buona - non ottima - in Moto2, e quella scommessa con il salto in classe regina. Quest’anno, dopo un inizio di stagione in sordina, ha iniziato a scalare la vetta. Il primo podio in Austria gli hanno fatto cambiare luce negli occhi.
NELLA STORIA
Così, mentre la luce dei riflettori si alternava su Quartararo prima, su Dovizioso poi, su Morbidelli prima e su Rins poi, Joan accumulava punti e scalava la classifica mondiale.

A Misano, quel podio conquistato ai danni di Rossi, con una rimonta splendida, gli aveva dato la consapevolezza di poter puntare a qualcosa di grande. Ad Aragon, la pressione iniziava a riversarsi su di lui. Pubblico e addetti chiedevano la vittoria; lui conquistava podi, con un pizzico di amaro in bocca. «Passetto dopo passetto» gli diceva proprio quel Brivio che ieri piangeva commosso per quell’impresa raggiunta. Ieri, mentre Morbidelli metteva in mostra tutta la sua classe in un duello finale bello quanto pulito contro Miller, Joan gestiva in settima piazza la sua gara. Una precisione glaciale, scioltasi sotto la bandiera a scacchi, con quell’uno sulla tabella a celebrare il nuovo campione del mondo. Lacrime, di tristezza per Franco, che credeva di diventare più forte della sfortuna. Lacrime, di gioia per Joan, giovane principe diventato re. «Ho lottato tutta la vita per raggiungere questo sogno», racconta il nuovo campione. «Sapevo che se avessi vinto il titolo con questa moto avrebbe avuto un valore maggiore. Sheene, Schwantz, Uncini sono leggende e far parte della storia Suzuki insieme a loro è il motivo per cui sono venuto qui». Un campionato che passerà agli annali, non fosse altro per il periodo storico che il mondo sta vivendo: «La dedica? A tutte le persone che hanno sofferto e stanno soffrendo per il coronavirus».

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