Giacomo Agostini: «Vincere con una moto italiana è un sogno, Bagnaia era il pilota giusto per questa Ducati»

Ago è il più titolato della storia del motomondiale: «Se una marca tricolore batte i colossi dobbiamo essere fieri. Il secondo titolo sarà più difficile, ma Pecco può farcela».

Giacomo Agostini: «Vincere con una moto italiana è un sogno, Bagnaia era il pilota giusto per questa Ducati»
di Sergio Arcobelli
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Lunedì 7 Novembre 2022, 15:58 - Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 13:11

Da Ago a Pecco, cinquant'anni dopo un altro trionfo tutto italiano. Giacomo Agostini, leggenda del motomondiale, ha conquistato sette mondiali di fila nella 500 con la MV Agusta tra il 1966 e il 1972. Da allora, nessun italiano era riuscito a vincere su moto italiana. Ieri, Francesco Bagnaia, in virtù del suo successo con la Ducati Desmosedici, ha riempito questo buco durato mezzo secolo.

Giacomo, era ora. Quanto è importante questo successo per l'Italia?
«Importantissimo. Perché oltre a vincere un pilota italiano a vincere è anche la tecnologia italiana.

Dobbiamo essere orgogliosi di questo, perché così facendo noi portiamo in alto l'onore dell'Italia nel mondo. Non è così scontato correre e vincere con moto italiana, ci hanno provato in passato ma alla fine sono trascorsi cinquant'anni prima di rivedere un altro titolo».

L'Italia batte i giapponesi. Cosa ne pensa?
«Nella MotoGP c'è la Honda, c'è la Yamaha, c'è la Suzuki, che adesso purtroppo lascia. Se una marca italiana batte i colossi, dobbiamo essere fieri. Aggiungo che c'è anche l'Aprilia che sta andando molto bene».

Che vittoria è stata quella di Bagnaia?
«Particolare perché l'ha ottenuta dopo un inizio difficile e il -91 in classifica. Forse, l'abbiamo messo tutti un po' troppo sotto pressione, invece dovevamo lasciarlo tranquillo, lasciare a lui fare quello che sa fare. Perché all'inizio si diceva: "ah, deve vincere, ci riuscirà". Ha sentito il peso sulle spalle ma poi è stato bravo. Perché dopo lo svantaggio che aveva, è stato in grado psicologicamente di rimontare finché è andato in testa al campionato».

Cosa succede in questi momenti: è il pilota che guarda in se stesso o si affida alla squadra?
«Si affida alla squadra, che ti dà tutto quello che può darti. Ma poi alla fine quello che conta è il pilota, la sua testa e come reagisce. Il pilota è ancora tanto importante, per fortuna, nelle due ruote. Non è facile quando devi lottare per un titolo mondiale. La tensione sale. Bisogna anche avere un po' di esperienza, capire, riuscire a controllare questa tensione che non è facile. Però un grande campione deve riuscire a superare anche questo. Lui c'è riuscito. Mi congratulo con lui, ha vinto il titolo bene e con forza. Mi auguro che possa continuare così».

Quant'è difficile ripetersi?
«Dico sempre: il primo titolo è molto difficile, ma il secondo è più difficile, perché hai questa grande responsabilità di doverti riconfermare. Bagnaia è un ragazzo molto in gamba, un ragazzo molto posato, penso che possa farcela».

Bagnaia è riuscito dove altri non sono riusciti, cosa significa?
«Significa che la moto è evoluta tanto rispetto ai tempi di Capirossi, di Dovizioso, e il merito è anche del grande lavoro fatto dagli ingegneri Ducati. Quando c'è la moto ci vuole il pilota giusto. Pecco si è sposato con la Ducati e lo si vede da come guida bene, ha preso confidenza, ora più esperienza. Sta guidando molto molto bene».

Ha realizzato il sogno che aveva da bambino: vincere sulla Ducati.
«È bello che lo abbia fatto, come è bello il sogno di voler vincere con moto italiana. Ma bisogna anche sperare che quella marca italiana ti dia la moto giusta. Va bene il sogno, ma se non ho la moto che voglio».

L'anno prossimo ci sarà Bastianini al box: un avversario tosto?
«È già successo prima di avere due grandi piloti nella stessa squadra. Penso che Ducati riuscirà a gestire questa situazione. Certo, quando ci sono due galli nello stesso pollaio è sempre difficile, specialmente se i due piloti sono veloci allo stesso modo. Capiterà che una volta vince uno e una volta l'altro, dopo un sorpasso all'ultima curva. Ovviamente, in quei casi, non è che dici: "prego, passa tu, grazie, passo io". Bisogna essere aggressivi, spero però che non venga meno il rispetto tra i due. E che ci divertano. In fondo, il pubblico vuole vedere lo spettacolo. E lo spettacolo lo fanno in 2-3 piloti».

È nata una nuova era italiana, senza Valentino?
«Ho sempre detto che dopo un Papa se ne fa un altro. Il mondo va avanti. Quando si ferma un grande campione c'è un attimino di assestamento. Ho smesso anch'io, ma sono arrivati altri campioni. Sarà così anche per il futuro».
 

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