Ultrà, la sentenza: la 'ndrangheta dietro il bagarinaggio biglietti della Juve

Ultrà, la sentenza: la 'ndrangheta dietro il bagarinaggio biglietti della Juve
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Venerdì 12 Ottobre 2018, 18:08 - Ultimo aggiornamento: 20:19
Quelli del campo. Negli ambienti della 'ndrangheta Saverio e Rocco Dominello, padre e figlio, erano chiamati così. Dove «campo è da intendersi come campo di calcio». Il campo della Juventus. È quanto si legge nelle motivazioni, depositate oggi, della sentenza del processo d'appello Alto Piemonte, celebrato a Torino e terminato lo scorso luglio con 14 condanne. I due Dominello, secondo le accuse, sono esponenti della cosca Pesce-Bellocco di Rosarno. 'Alto Piemontè riguarda le attività criminose di alcune bande disseminate nel Nord-Ovest. Il campionario dei reati è vasto: dall'associazione di stampo mafioso alle armi e alle richieste di «pizzo». Un capitolo è però dedicato al pianeta calcio. Rocco Dominello (condannato a cinque anni) fra il 2013 e il 2014 riuscì a monopolizzare il florido business del bagarinaggio dei biglietti per le partite della Juventus. È per questo che due pezzi da novanta della 'ndrangheta torinese, i fratelli Crea, quando parlano dei Dominello (in una conversazione in carcere intercettata nel 2015) li definiscono «quelli del campo». Per i giudici non ci sono dubbi, visto che la chiacchierata riguardava una divisa della Juventus «che doveva essere regalata a un appartenente alla famiglia Bellocco».

La sentenza della Corte d'appello ripercorre la storia dei rapporti tra boss, tifoseria organizzata e dirigenza bianconera, sposando quasi integralmente la ricostruzione dei pubblici ministeri. Compreso il passaggio in cui Rocco Dominello chiede al dg Beppe Marotta (mai indagato) di organizzare un provino per il giovane figlio di Umberto Bellocco. Con tanto di intercettazione in cui si sente un uomo, che ha appena mandato a Torino un curriculum del ragazzo, assicurare lo stesso Bellocco: «La richiesta che gli hanno fatto è che devono prenderlo e basta.
Ok? Quindi devono prenderlo» (ma non risulta che il giovane sia poi entrato in squadra). Era da «almeno dieci anni» (secondo il pg Marcello Tatangelo) che la 'ndrangheta aveva allungato le mani sulla spartizione dei biglietti, ma a vincere la partita nel 2012, fu Rocco Dominello, che approfittò di un «vuoto di potere» generato da un'ondata di arresti e, sfruttando l'amicizia con un ex capo ultras, Fabio Germani (condannato a quattro anni, cinque mesi e dieci giorni), si impose sui gruppi organizzati e prese il controllo di tutto. Le carte processuali dipingono una Juventus intimidita, quasi succube. Il capo della biglietteria, Stefano Merulla, nel 2014 si sfoga con Germani: «(Dominello) l'hai portato tu, non io. Io non so che mestiere faccia, ma ho la percezione che abbia una influenza abbastanza forte all'interno della curva». Era il «metodo mafioso»: un metodo che, dicono i giudici, non era nemmeno necessario manifestare apertamente. «La società - è scritto - era ben disposta a fornire ai gruppi ultras cospicue quote di biglietti e abbonamenti perché li rivendessero, ottenendo in contropartita l'impegno a non porre in essere azioni violente per spartirsi l'affare. Dominello garantiva l'equilibrio grazie alla sua 'influenzà. La forza di intimidazione del sodalizio, tangibile per i dirigenti della Juventus, era spesa, silenziosamente, ma con indubbia capacità persuasiva, verso le migliaia di facinorosi dello stadio».
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